Metadati

Trascrizione

§ Risorgimento. Il trasformismo. Il trasformismo come una delle forme storiche di ciò che è stato già notato sulla «rivoluzione-restaurazione» o «rivoluzione passiva» a proposito del processo di formazione dello Stato moderno in Italia. Il trasformismo come «documento storico reale» della reale natura dei partiti che si presentavano come estremisti nel periodo dell’azione militante (Partito d’Azione). Due periodi di trasformismo: 1) dal 60 al 900 trasformismo «molecolare», cioè le singole personalità politiche elaborate dai partiti democratici d’opposizione si incorporano singolarmente nella «classe politica» conservatrice-moderata (caratterizzata dall’avversione a ogni intervento delle masse popolari nella vita statale, a ogni riforma organica che sostituisse un’«egemonia» al crudo «dominio» dittatoriale); 2) dal 900 in poi trasformismo di interi gruppi di estrema che passano al campo moderato (il primo avvenimento è la formazione del Partito nazionalista coi gruppi ex-sindacalisti e anarchici, che culmina nella guerra libica in un primo tempo e nell’interventismo in un secondo tempo). Tra i due periodi è da porre il periodo intermedio – 90-900 – in cui una massa di intellettuali passa nei partiti di sinistra, così detti socialistici, ma in realtà puramente democratici. Guglielmo Ferrero nel suo opuscolo Reazione (Torino, Roux edit., 1895) così rappresenta il movimento degli intellettuali italiani degli anni novanta (il brano lo riporto dagli Elementi di scienza politica di G. Mosca, IIa ed., 1923): «C’è sempre un certo numero di individui che hanno bisogno di appassionarsi per qualche cosa di non immediato, di non personale e di lontano; a cui la cerchia dei propri affari, della scienza, dell’arte, non basta per esaurire tutta l’attività dello spirito. Che rimaneva a costoro in Italia se non l’idea socialista? Veniva da lontano, ciò che seduce sempre; era abbastanza complessa ed abbastanza vaga, almeno in certe sue parti, per soddisfare ai bisogni morali così differenti dei molti proseliti; da un lato portava uno spirito vasto di fratellanza e di internazionalismo, che corrisponde ad un reale bisogno moderno; dall’altro era improntata a un metodo scientifico che rassicurava gli spiriti educati alle scuole sperimentali. Dato ciò, nessuna meraviglia che un gran numero di giovani si sia inscritto in un partito dove almeno, se c’era pericolo di incontrare qualche umile uscito dal carcere o qualche modesto repris de justice, non si poteva incontrare nessun panamista, nessun speculatore della politica, nessun appaltatore di patriottismo, nessun membro di quella banda di avventurieri senza coscienza e senza pudore, che, dopo aver fatto l’Italia, l’hanno divorata. La più superficiale osservazione vi mostra subito che in Italia non esistono quasi in nessun posto le condizioni economiche e sociali per la formazione di un vero e grande partito socialista; inoltre un partito socialista dovrebbe trovare logicamente il nerbo delle sue reclute nelle classi operaie, non nella borghesia, come era accaduto in Italia. Ora se un partito socialista si sviluppava in Italia in condizioni sì sfavorevoli e in un modo così illogico, si è perché rispondeva più che altro a un bisogno morale di un certo numero di giovani, nauseati di tanta corruzione, bassezza e viltà; e che si sarebbero dati al diavolo pur di sfuggire ai vecchi partiti imputriditi sino nelle midolla delle ossa».

Un punto da vedere è la funzione che ha svolto il Senato in Italia come terreno per il trasformismo «molecolare». Il Ferrari, nonostante il suo repubblicanesimo federalista ecc., entra nel Senato e così tanti altri fino al 1914: ricordare le affermazioni comiche del senatore Pullè entrato nel Senato con Gerolamo Gatti e altri bissolatiani.