Tipo testo: B
La Svizzera ha dato un grande contributo alla pedagogia moderna (Pestalozzi ecc.), per la tradizione ginevrina di Rousseau; in realtà questa pedagogia è una forma confusa di filosofia connessa a una serie di regole empiriche. Non si è tenuto conto che le idee di Rousseau sono una reazione violenta alla scuola e ai metodi pedagogici dei Gesuiti e in quanto tale rappresentano un progresso: ma si è poi formata una specie di chiesa che ha paralizzato gli studi pedagogici e ha dato luogo a delle curiose involuzioni (nelle dottrine di Gentile e del Lombardo-Radice). La «spontaneità» è una di queste involuzioni: si immagina quasi che nel bambino il cervello sia come un gomitolo che il maestro aiuta a sgomitolare. In realtà ogni generazione educa la nuova generazione, cioè la forma, e l’educazione è una lotta contro gli istinti legati alle funzioni biologiche elementari, una lotta contro la natura, per dominarla e creare l’uomo «attuale» alla sua epoca. Non si tiene conto che il bambino da quando incomincia a «vedere e a toccare», forse da pochi giorni dopo la nascita, accumula sensazioni e immagini, che si moltiplicano e diventano complesse con l’apprendimento del linguaggio. La «spontaneità» se analizzata diventa sempre più problematica. Inoltre la «scuola», cioè l’attività educativa diretta, è solo una frazione della vita dell’alunno, che entra in contatto sia con la società umana sia con la societas rerum e si forma criteri da queste fonti «extrascolastiche» molto più importanti di quanto comunemente si creda. La scuola unica, intellettuale e manuale, ha anche questo vantaggio, che pone contemporaneamente il bambino a contatto con la storia umana e con la storia delle «cose» sotto il controllo del maestro.
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