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Trascrizione

§ Traducibilità reciproca delle culture nazionali. L’osservazione fatta dal Marx nella Santa Famiglia che il linguaggio politico francese equivale al linguaggio filosofico tedesco, trova il riscontro nei versi del Carducci «decapitaro, Emmanuel Kant, Iddio – Massimiliano Robespierre, il re». A proposito di questo riavvicinamento carducciano, il Croce (Conversazioni Critiche, Serie II, p. 292) raccoglie una serie di «fonti» molto interessanti. Il Carducci attinse il motivo da Enrico Heine (terzo libro del Zur Geschichte der Religion und Philosophie in Deutschland del 1834). Ma il paragone tra Kant e Robespierre non è originale dello Heine. Il Croce ha ricercato l’origine del paragone e scrive di averne trovato un lontano accenno in una lettera del 21 luglio 1795 dello Hegel allo Schelling (Briefe von und an Hegel, Lipsia, 1887, I, 14-16), svolto poi nelle lezioni che lo stesso Hegel tenne sulla storia della filosofia e sulla filosofia della storia. Nelle prime lezioni (di storia della filosofia) Hegel dice che «la filosofia del Kant, del Fichte e dello Schelling contiene in forma di pensiero la rivoluzione, alla quale lo spirito negli ultimi tempi ha progredito in Germania»; in una grande epoca cioè della storia universale, a cui «solo due popoli hanno preso parte, i Tedeschi e i Francesi, per opposti che siano tra loro, anzi appunto perché opposti»; sicché, laddove il nuovo principio in Germania «ha fatto irruzione come spirito e concetto» in Francia invece si è esplicato «come realtà effettuale» («Vorles. über die Gesch. d. Philos., 2 ed., Berlino, 1844, III, 485). Nelle lezioni di filosofia della storia, Hegel spiega che il principio della volontà formale, della libertà astratta, secondo cui «la semplice unità dell’autocoscienza, l’Io, è la libertà assolutamente indipendente e la fonte di tutte le determinazioni universali», «rimase presso i Tedeschi una tranquilla teoria, ma i Francesi vollero eseguirlo praticamente» (Vorles. über die Philosophie der Gesch., 3 ed., Berlino, 1848, pp. 531-2). (Questo passo di Hegel mi pare sia appunto il riferimento letterale del Marx, dove nella Sacra Famiglia accenna a Proudhon contro il Bauer. Ma esso mi pare assai più importante ancora come «fonte» del pensiero espresso nelle Tesi su Feuerbach che i filosofi hanno spiegato il mondo e si tratta ora di mutarlo, cioè che la filosofia deve diventare «politica», «pratica», per continuare ad essere filosofia: la «fonte» per la teoria dell’unità di teoria e di pratica). A. Ravà nel suo libro Introduzione allo studio della filosofia di Fichte (Modena, Formiggini, 1909, pp. 6-8 n.) fa osservare al Croce che già nel 1791 il Baggesen in una lettera al Reinhold accostava le due rivoluzioni, che lo scritto del Fichte del 1792 sulla rivoluzione francese è animato da questo senso di affinità tra l’opera della filosofia e l’avvenimento politico e che nel 1794 lo Schaumann svolse particolarmente il paragone, notando che la rivoluzione politica di Francia «fa sentire dall’esterno il bisogno di una determinazione fondamentale dei diritti umani» e la riforma filosofica tedesca «mostra dall’interno i mezzi e la via per cui e sulla quale solamente questo bisogno può essere soddisfatto», anzi che lo stesso paragone dava motivo nel 1797 a una scrittura satirica contro la filosofia kantiana. Il Ravà conclude che «il paragone era nell’aria». Il paragone venne ripetuto moltissime volte nel corso dell’800 (dal Marx, per es. nella Critica della filosofia del diritto di Hegel) e «dilatato» dallo Heine. In Italia, qualche anno prima del Carducci, lo si ritrova in una lettera di Bertrando Spaventa, dal titolo Paolottismo, positivismo e razionalismo, pubblicata nella «Rivista bolognese» del maggio 1868 (ristampata negli Scritti filosofici, ed. Gentile, p. 301). Il Croce conclude facendo delle riserve sul paragone in quanto «affermazione di un rapporto logico e storico». «Perché se è vero che al Kant giusnaturalista risponde assai bene nel campo dei fatti la rivoluzione francese, è anche vero che quel Kant appartiene alla filosofia del secolo decimottavo, che precesse e informò quel moto politico; laddove il Kant che apre l’avvenire, il Kant della sintesi a priori, è il primo anello di una nuova filosofia, la quale oltrepassa la filosofia che s’incarnò nella rivoluzione francese». Si capisce questa riserva del Croce. Tutta la quistione sarebbe da rivedere, ristudiando i riferimenti dati dal Croce e dal Ravà e cercandone altri, per inquadrarli nella quistione che è oggetto della rubrica e cioè che due strutture simili hanno superstrutture equivalenti e traducibili reciprocamente. Di ciò avevano coscienza i contemporanei della rivoluzione francese e ciò è di sommo interesse.