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Trascrizione

§ Passato e presente. Azioni e obbligazioni. Quale radicale mutamento porterà nell’orientamento del piccolo e medio risparmio l’attuale depressione se si prolunga ancora per qualche tempo? Si può osservare che la caduta del mercato azionario ha determinato uno smisurato spostamento di ricchezza e un fenomeno mai visto, di espropriazione «simultanea» di vastissime masse della popolazione, specialmente in America, ma un po’ da per tutto. Il sistema introdotto dal governo italiano pare il più razionale e organico, per certi gruppi di paesi, almeno, ma quali conseguenze potrà avere?

Si osserva una differenza tra le azioni e le obbligazioni industriali, e una differenza ancora tra azioni e obbligazioni del mercato libero e obbligazioni di Stato. Il pubblico cerca di disfarsi completamente delle azioni, svalutate in misura inaudita, preferisce le azioni obbligazioni industriali alle azioni, ma preferisce le obbligazioni di Stato alle une e alle altre. Si può dire che il pubblico rompe ogni legame diretto col regime capitalistico, ma non rifiuta la fiducia allo Stato; vuole partecipare all’attività economica, ma attraverso lo Stato, che garantisca un interesse modico, ma sicuro. Lo Stato assume così una funzione di primo ordine come capitalista, come azienda che concentra il risparmio da porre a disposizione dell’industria e dell’attività privata, come investitore a medio e lungo termine. (Istituto di credito mobiliare). Ma assunta questa funzione può lo Stato disinteressarsi dell’organizzazione produttiva? Lasciarla, come prima, all’iniziativa della concorrenza privata? Se ciò avvenisse, la sfiducia che oggi colpisce l’industria, travolgerebbe lo Stato: una nuova depressione che costringesse lo Stato a svalutare le sue obbligazioni come si sono svalutate le azioni e le obbligazioni industriali sarebbe catastrofica per l’insieme dell’organizzazione politico-sociale. Lo Stato deve intervenire per controllare se i suoi investimenti sono bene amministrati. Si capisce lo sviluppo di un aspetto almeno del regime corporativo. Ma il puro controllo non sarà sufficiente. Non si tratta infatti di conservare l’apparato produttivo così come è in un momento dato. Bisogna svilupparlo parallelamente all’aumento della popolazione e dei bisogni collettivi. In questi sviluppi necessari è il pericolo maggiore dell’iniziativa privata e qui sarà maggiore l’intervento statale.

Se lo Stato si preoccupasse di iniziare un processo per cui la produzione del risparmio da funzione di una classe parassitaria diventasse funzione dello stesso organismo produttivo, questi sviluppi sarebbero progressivi, rientrerebbero in un disegno comprensivo di razionalizzazione integrale: bisognerebbe condurre una riforma agraria (abolizione della rendita terriera e incorporazione di essa nell’organismo produttivo, come risparmio collettivo di ricostruzione e neocostruzione) e una riforma industriale, per condurre tutti i redditi a necessità tecnico-industriali e non più a necessità giuridiche di diritto quiritario.

In questa situazione generale è la giustificazione storica delle tendenze corporative, che si manifestano come esaltazione dello Stato in generale, concepito in assoluto, e come diffidenza e avversione alle forme tradizionali capitalistiche. Quindi base sociale-politica dello Stato affermata e cercata nella piccola borghesia e negli intellettuali, ma in realtà struttura plutocratica e legami col capitale finanziario. Le due cose non sono contraddittorie, tutt’altro, come dimostra un paese esemplare, la Francia, dove appunto non si comprenderebbe il dominio del capitale finanziario senza la base politica di una democrazia di redditieri piccoli borghesi e di piccoli contadini. Tuttavia la Francia, per ragioni complesse, ha ancora una composizione sociale abbastanza sana, perché contribuisce a formarla la piccola e media proprietà coltivatrice. In altri paesi invece, i risparmiatori sono staccati dalla produzione e dal lavoro; il risparmio è «socialmente» caro, perché ottenuto con un livello di vita troppo basso dei lavoratori sia industriali, sia specialmente agricoli. Se la nuova struttura del credito consolidasse questa situazione, in realtà la peggiorerebbe, perché se il risparmio parassitario non corresse più neanche le alee generali del mercato normale, ci sarebbe la tendenza a un assalto della proprietà terriera parassitaria da una parte e le obbligazioni industriali dall’altra finirebbero coll’assicurare il dividendo legale a spese del lavoro in modo troppo gravoso.