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Trascrizione

§ I nipotini di padre Bresciani, Leonida Répaci. È uscito il primo volume di un romanzo ciclico di Leonida Répaci, I fratelli Rupe (Milano, Ceschina, 1932, L. 15) che, nel suo complesso dovrebbe rappresentare lo sviluppo della vita italiana in questi trent’anni del secolo, vista dalla Calabria (in una prefazione il Répaci presenta il piano dell’opera). È da domandarsi se la Calabria abbia avuto in questo senso una funzione nazionale rappresentativa, e in generale se la provincia italiana abbia avuto una funzione progressiva, o qualunque altra, nel dirigere un qualsiasi movimento del paese, nel selezionare i dirigenti, nel rinfrescare l’ambiente chiuso e corrotto dei centri di vita nazionale. La provincia era in realtà (come dirigenti) molto più corrotta del centro e i provinciali hanno apportato una nuova corruzione: esempio i fratelli Répaci, andati da Palmi a Torino e a Milano. I fratelli Rupe, si capisce, sono i fratelli Répaci; ma, se si eccettua Mariano, dov’è il carattere rupestre di Ciccio e di Leonida: il carattere ricotta e fango è prevalente. Il Répaci non ha nessuna fantasia creatrice: ha una certa disposizione ad ampliare meccanicamente (per aggregazione, o per inflazione) dei fattarelli successi nella sua famiglia, che è assunta a «mito» della sua arte. Questo processo di gonfiamento meccanico può essere dimostrato analiticamente. Ed è poi uno strano mito quello del Répaci, privo di umanità, di dignità, di decoro, per non dire di grandezza. L’Ultimo Cireneo, con le scene del dibattersi osceno del fratello impotente, mostra di quale umanità sia provvisto Répaci (anche in questo Fratelli Rupe c’è un impotente); il quale, pare, sarebbe capace di commettere incesto, per poter scrivere un romanzo sull’incesto e dire che la sua famiglia ha conosciuto tutte le tragedie anche quella di Fedra o di Edipo.