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Trascrizione

§ Definizione del concetto di storia etico-politica. Si osserva che la storia etico-politica è una ipostasi arbitraria e meccanica del momento dell’egemonia, della direzione politica, del consenso, nella vita e nello svolgimento dell’attività dello Stato e della società civile. Questa impostazione che il Croce ha fatto del problema storiografico riproduce la sua impostazione del problema estetico; il momento etico-politico è nella storia ciò che il momento della «forma» è nell’arte; è la «liricità» della storia, la «catarsi» della storia. Ma le cose non sono così semplici nella storia come nell’arte. Nell’arte la produzione di «liricità» è individuata perfettamente in un mondo culturale personalizzato, nel quale si può ammettere l’identificazione di contenuto e forma e la così detta dialettica dei distinti nell’unità dello spirito (si tratta solo di tradurre in linguaggio storicistico il linguaggio speculativo, nel trovare cioè se questo linguaggio speculativo ha un valore strumentale concreto che sia superiore ai precedenti valori strumentali). Ma nella storia e nella produzione della storia la rappresentazione «individualizzata» degli Stati e delle Nazioni è una mera metafora. Le «distinzioni» che in tali rappresentazioni occorre fare non sono e non possono essere presentate «speculativamente» sotto pena di cadere in una nuova forma di rettorica e in una nuova specie di «sociologia», che per essere «speculativa» non sarebbe meno un’astratta e meccanica sociologia: esse esistono come distinzioni di gruppi «verticali» e come stratificazioni «orizzontali», cioè come una coesistenza e giustapposizione di civiltà e culture diverse, connesse dalla coercizione statale e organizzate culturalmente in una «coscienza morale», contradditoria e nello stesso tempo «sincretistica». A questo punto occorre una critica della concezione crociana del momento politico come momento della «passione» (inconcepibilità di una «passione» permanente e sistematica), la sua negazione dei «partiti politici» (che sono appunto la manifestazione concreta della inconcepibile permanenza passionale, la prova della contraddizione intima del concetto «politica-passione») e quindi l’inesplicabilità degli eserciti permanenti e dell’esistenza organizzata della burocrazia militare e civile, e la necessità per il Croce e per la filosofia crociana di essere la matrice dell’«attualismo» gentiliano. Infatti solo in una filosofia ultra speculativa come quella attualistica, queste contraddizioni e insufficienze della filosofia crociana trovano una composizione formale e verbale, ma nello stesso tempo l’attualismo mostra in modo più evidente il carattere poco concreto della filosofia, del Croce, così come il «solipsismo» documenta l’intima debolezza della concezione soggettiva-speculativa della realtà. Che la storia etico-politica sia la storia del momento dell’egemonia si può vedere da tutta una serie di scritti teorici del Croce (e non solo da quelli contenuti nel volume Etica e politica); di questi scritti occorrerà fare un’analisi concreta. Si può vedere anche e specialmente da alcuni accenni sparsi sul concetto di Stato. Per esempio in qualche luogo il Croce ha affermato che non sempre occorre ricercare lo «Stato» là dove lo indicherebbero le istituzioni ufficiali, perché talvolta esso potrebbe trovarsi invece nei partiti rivoluzionari: l’affermazione non è paradossale secondo la concezione Stato – egemonia – coscienza morale, perché può infatti accadere che la direzione politica e morale del paese in un determinato frangente non sia esercitata dal governo legale ma da una organizzazione «privata» e anche da un partito rivoluzionario. Ma non è difficile mostrare quanto sia arbitraria la generalizzazione che fa il Croce di questa osservazione di senso comune.

Il problema più importante da discutere in questo paragrafo è questo: se la filosofia della praxis escluda la storia etico-politica, cioè non riconosca la realtà di un momento dell’egemonia, non dia importanza alla direzione culturale e morale e giudichi realmente come «apparenze» i fatti di superstruttura. Si può dire che non solo la filosofia della praxis non esclude la storia etico-politica, ma che anzi la fase più recente di sviluppo di essa consiste appunto nella rivendicazione del momento dell’egemonia come essenziale nella sua concezione statale e nella «valorizzazione» del fatto culturale, dell’attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici. Il Croce ha il torto grave di non applicare alla critica della filosofia della praxis i criteri metodologici che applica allo studio di correnti filosofiche molto meno importanti e significative. Se questi criteri impiegasse potrebbe trovare che il giudizio contenuto nel termine «apparenze» per le superstrutture è niente altro che il giudizio della «storicità» di esse espresso in polemica con concezioni dogmatiche popolari e quindi con un linguaggio «metaforico» adatto al pubblico cui è destinato. La filosofia della praxis criticherà quindi come indebita e arbitraria la riduzione della storia a sola storia etico-politica, ma non escluderà questa. L’opposizione tra il crocismo e la filosofia della praxis è da ricercare nel carattere speculativo del crocismo.

Rapporti delle teorie crociane sulla storia etico-politica o storia «religiosa» con le teorie storiografiche di Fustel de Coulanges quali sono contenute nel libro sulla Città Antica. È da notare che la Città Antica è stata pubblicata dal Laterza proprio negli anni scorsi (forse nel 1928) più di 40 anni dopo che fu scritta (Fustel de Coulanges è morto nel 1889), e subito dopo che una traduzione ne era stata offerta dall’editore Vallecchi. È da pensare che l’attenzione del Croce sia stata attirata dal libro francese mentre elaborava le sue teorie e preparava i suoi libri. È da ricordare che nel Contributo alla critica di me stesso, nelle ultime righe (1915), il Croce annunzia di voler scrivere la Storia d’Europa. Sono le riflessioni sulla guerra che l’hanno orientato verso questi problemi storiografici e di scienza politica.