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Trascrizione

§ Il punto più importante in cui il Croce riassume le critiche, secondo lui decisive e che avrebbero rappresentato un’epoca storica, è la Storia d’Italia dal 1871 al 1915 nel capitolo in cui accenna alla fortuna della filosofia della praxis e dell’economia critica. Nella prefazione alla seconda edizione del volume Materialismo storico ed economia marxistica egli fissa in quattro le tesi principali del suo revisionismo: la prima che la filosofia della praxis debba valere come semplice canone di interpretazione, e la seconda che la teoria del valore-lavoro sia niente altro che il risultato di un paragone ellittico tra due tipi di società, egli afferma essere «state generalmente accolte», «sono divenute usuali, e si odono ormai ripetere quasi senza che si ricordi chi le ha messe pel primo in circolazione». La terza tesi, critica della legge circa la caduta del saggio del profitto («legge che, se fosse esattamente stabilita, ... importerebbe né più né meno che la fine automatica e imminente (!?) della società capitalistica») «è forse più dura ad accettare»; ma il Croce si allieta dell’adesione dell’«economista e filosofo» Ch. Andler (nelle Notes critiques de science sociale, Parigi, anno I, n. 5, 10 marzo 1900, p. 77). La quarta tesi, quella di un’economia filosofica, «è offerta più propriamente alla meditazione dei filosofi» e il Croce rimanda al suo futuro volume sulla pratica. Per i rapporti tra filosofia della praxis e lo hegelismo rimanda al suo saggio sullo Hegel.

Nella «Conclusione» al suo saggio Per la interpretazione e la critica di alcuni concetti (Materialismo storico ed economia marxistica, pp. 55-113, la conclusione è a pp. 110-113) il Croce riassume in quattro punti i risultati positivi della sua indagine: 1) Sotto il rispetto della scienza economica, la giustificazione dell’economia critica, intesa non in quanto scienza economica generale, ma in quanto economia sociologica comparativa, che tratta delle condizioni del lavoro nelle società; 2) Sotto il rispetto della scienza della storia, la liberazione della filosofia della praxis da ogni concetto aprioristico (sia esso eredità hegeliana o contagio di volgare evoluzionismo), e l’intendimento della dottrina come fecondo bensì, ma semplice canone d’interpretazione storica; 3) Sotto il rispetto pratico l’impossibilità di dedurre il programma sociale del movimento (come anche ogni altro programma sociale) da proposizioni di pura scienza, dovendosi portare il giudizio dei programmi sociali nel campo dell’osservazione empirica e delle pratiche persuasioni; 4) Sotto il rispetto etico, la negazione della intrinseca amoralità o dell’intrinseca antieticità della filosofia della praxis. (Sarà utile ricavare altri punti di discussione e di critica da tutti gli scritti del Croce sull’argomento, riassumendoli attentamente con tutti i richiami bibliografici del caso, pur mantenendo un posto speciale a questi punti che dal Croce stesso sono indicati come quelli che maggiormente hanno attratto il suo interesse e la sua riflessione più metodica e sistematica).