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Trascrizione

§ Punti per un saggio sul Croce. È da confrontare a proposito della Storia d’Europa il saggio di Arrigo Cajumi Dall’Ottocento ad oggi (nella «Cultura» di aprile-giugno 1932, pp. 323-50). Il Cajumi si occupa del Croce specificamente nel I paragrafo dei VII che compongono lo studio, ma accenni al Croce (utili) sono contenuti qua e là anche negli altri sei paragrafi che riferiscono di altre pubblicazioni recenti di carattere storico-politico. Il punto di vista del Cajumi nelle sue critiche e osservazioni è difficile da riassumere in breve: è quello dei principali scrittori della «Cultura», i quali rappresentano un gruppo di intellettuali ben definito nella vita culturale italiana e degni di studio nell’attuale fase della vita nazionale. Si riallacciano al De Lollis, loro maestro, e quindi a certe tendenze della cultura francese più seria e criticamente sostanziosa, ma ciò significa poco, perché il De Lollis non elaborò un metodo critico fecondo di sviluppi e di universalizzazioni. In realtà si tratta di una forma di «erudizione», ma non nel senso più comune e tradizionale del termine. Una erudizione «umanistica», che sviluppa il «buon gusto» e la «ghiottoneria» raffinata; nei collaboratori della «Cultura» ricorrono spesso gli aggettivi «ghiotto», «gustoso». Il Cajumi, fra i redattori della «Cultura» è quello meno «universitario», nel senso, non che non ci tenga alla «tenuta» universitaria dei suoi scritti e delle sue ricerche, ma nel senso che la sua attività è stata spesso impegnata in imprese «pratiche» e politiche, dal giornalismo militante ad operazioni forse anche più pratiche (come la direzione dell’«Ambrosiano» datagli dal finanziere Gualino non certo solo per «mecenatismo»). Sul Cajumi sono scritte alcune note pro memoria in altri quaderni. Su Riccardo Gualino il Cajumi ha scritto una nota molto vivace e pungente nella «Cultura» di gennaio-marzo 1932 (Confessioni di un figlio del secolo, pp. 193-95, a proposito del libro del Gualino Frammenti di vita), insistendo appunto sul fatto che il Gualino si serviva del suo «mecenatismo» e delle imprese di cultura per meglio infinocchiare i risparmiatori italiani. Ma anche il cav. Enrico Cajumi (così il Cajumi firmava la gerenza dell’«Ambrosiano») ha raccolto qualche briciola del mecenatismo gualinesco!