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Trascrizione

APPUNTI E RIFERIMENTI

DI CARATTERE STORICO-CRITICO

§ Antonio Labriola. Per costruire un compiuto saggio su Antonio Labriola occorre tener presenti, oltre gli scritti suoi, che sono scarsi e spesso soltanto allusivi o estremamente sintetici, anche gli elementi e i frammenti di conversazione riferiti dai suoi amici ed allievi (il Labriola ha lasciato memoria di eccezionale «conversatore»). Nei libri di B. Croce, sparsamente, si possono raccogliere parecchi di tali elementi e frammenti. Così nelle Conversazioni Critiche (Serie Seconda), pp. 60-61: «Come fareste a educare moralmente un papuano?» domandò uno di noi scolari, tanti anni fa al prof. Labriola, in una delle sue lezioni di Pedagogia, obiettando contro l’efficacia della Pedagogia. «Provvisoriamente (rispose con vichiana ed hegeliana asprezza l’herbartiano professore), provvisoriamente lo farei schiavo; e questa sarebbe la pedagogia del caso, salvo a vedere se pei suoi nipoti e pronipoti si potrà cominciare ad adoperare qualcosa della pedagogia nostra». Questa risposta del Labriola è da avvicinare alla intervista da lui data sulla quistione coloniale (Libia) verso il 1903 e riportata nel volume degli Scritti vari di filosofia e politica. È da avvicinare anche al modo di pensare del Gentile per ciò che riguarda l’insegnamento religioso nelle scuole primarie. Pare si tratti di un pseudo-storicismo, di un meccanicismo abbastanza empirico e molto vicino al più volgare evoluzionismo. Si potrebbe ricordare ciò che dice Bertrando Spaventa a proposito di quelli che vorrebbero tenere sempre gli uomini in culla (cioè nel momento dell’autorità, che pure educa alla libertà i popoli immaturi) e pensano tutta la vita (degli altri) come una culla. Mi pare che storicamente il problema sia da porre in altro modo: se, cioè, una nazione o un gruppo sociale che è giunto a un grado superiore di civiltà non possa (e quindi debba) «accelerare» il processo di educazione dei popoli e dei gruppi sociali più arretrati, universalizzando e traducendo in modo adeguato la sua nuova esperienza. Così quando gli Inglesi arruolano reclute tra popoli primitivi, che non hanno mai visto un fucile moderno, non istruiscono queste reclute all’impiego dell’arco, del boomerang, della cerbottana, ma proprio le istruiscono al maneggio del fucile, sebbene le norme di istruzione siano necessariamente adattate alla «mentalità» di quel determinato popolo primitivo. Il modo di pensare implicito nella risposta del Labriola non pare pertanto dialettico e progressivo, ma piuttosto meccanico e retrivo, come quello «pedagogico-religioso» del Gentile che non è altro che una derivazione del concetto che la «religione è buona per il popolo» (popolo = fanciullo = fase primitiva del pensiero cui corrisponde la religione ecc.) cioè la rinunzia (tendenziosa) a educare il popolo. Nella intervista sulla quistione coloniale il meccanicismo implicito nel pensiero del Labriola appare anche più evidente. Infatti: può darsi benissimo che sia «necessario ridurre i papuani alla schiavitù» per educarli, ma non è necessario meno che qualcuno affermi che ciò non è necessario che contingentemente, perché esistono determinate condizioni, che cioè questa è una necessità «storica» e non assoluta: è necessario anzi che ci sia una lotta in proposito, e questa lotta è proprio la condizione per cui i nipoti o pronipoti del papuano saranno liberati dalla schiavitù e saranno educati con la Pedagogia moderna. Che ci sia chi affermi recisamente che la schiavitù dei papuani non è che una necessità del momento e si ribelli contro tale necessità è anch’esso un fatto filosofico-storico: 1) perché contribuirà a ridurre al tempo necessario il periodo di schiavitù; 2) perché indurrà gli stessi papuani a riflettere su se stessi, ad autoeducarsi, in quanto sentiranno di essere appoggiati da uomini di civiltà superiore; 3) perché solo questa resistenza mostra che si è realmente in un periodo superiore di civiltà e di pensiero ecc. Lo storicismo del Labriola e del Gentile è di un genere molto scadente: è lo storicismo dei giuristi per i quali il knut non è un knut quando è un knut «storico». Si tratta d’altronde di un modo di pensare molto nebuloso e confuso. Che nelle scuole elementari sia necessaria una esposizione «dogmatica» delle nozioni scientifiche o sia necessaria una «mitologia» non significa che il dogma debba essere quello religioso e la mitologia quella determinata mitologia. Che un popolo o un gruppo sociale arretrato abbia bisogno di una disciplina esteriore coercitiva, per essere educato civilmente, non significa che debba essere ridotto in schiavitù, a meno che non si pensi che ogni coercizione statale è schiavitù. C’è una coercizione di tipo militare anche per il lavoro, che si può applicare anche alla classe dominante, e che non è «schiavitù», ma l’espressione adeguata della Pedagogia moderna rivolta ad educare un elemento immaturo (che è bensì immaturo, ma è tale vicino ad elementi già maturi, mentre la schiavitù organicamente è l’espressione di condizioni universalmente immature). Lo Spaventa, che si metteva dal punto di vista della borghesia liberale contro i «sofismi» storicistici delle classi retrive, esprimeva, in forma sarcastica, una concezione ben più progressiva e dialettica che non il Labriola e il Gentile.