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Trascrizione

§ Il linguaggio e le metafore. In alcuni punti del Saggio si afferma, così, senz’altra spiegazione, che i primi scrittori della filosofia della praxis impiegano i termini di «immanenza» e «immanente» solo in senso metaforico; pare che la pura affermazione sia in se stessa esauriente. Ma la quistione dei rapporti tra il linguaggio e le metafore non è semplice, tutt’altro. Il linguaggio, intanto, è sempre metaforico. Se forse non si può dire esattamente che ogni discorso è metaforico per rispetto alla cosa od oggetto materiale e sensibile indicati (o al concetto astratto) per non allargare troppo il concetto di metafora, si può però dire che il linguaggio attuale è metaforico per rispetto ai significati e al contenuto ideologico che le parole hanno avuto nei precedenti periodi di civiltà. Un trattato di semantica, quello di Michel Bréal per esempio, può dare un catalogo storicamente e criticamente ricostruito delle mutazioni semantiche di determinati gruppi di parole. Dal non tener conto di questo fatto, e cioè dal non avere un concetto critico e storicista del fenomeno linguistico, derivano molti errori sia nel campo della scienza che nel campo pratico: 1) Un errore di carattere estetico che oggi va sempre più correggendosi, ma che nel passato è stato dottrina dominante, è quello di ritenere «belle» in sé certe espressioni a differenza di altre in quanto sono metafore cristallizzate; i retori e i grammatici si sdilinquiscono per certe parolette, nelle quali scoprono chissà mai quali virtù ed essenzialità artistiche astratte. Si confonde la «gioia» tutta libresca del filologo che spasima per il risultato di certe sue analisi etimologiche o semantiche con il godimento propriamente artistico: recentemente si è avuto il caso patologico dello scritto Linguaggio e poesia di Giulio Bertoni. 2) Un errore pratico che ha molti seguaci è l’utopia delle lingue fisse e universali. 3) Una tendenza arbitraria al neolalismo, che nasce dalla quistione posta dal Pareto e dai pragmatisti a proposito del «linguaggio come causa di errore». Il Pareto, come i pragmatisti, in quanto credono di aver originato una nuova concezione del mondo o almeno di avere innovato una determinata scienza (e di aver quindi dato alle parole un significato o almeno una sfumatura nuova, o di aver creato nuovi concetti) si trovano dinanzi al fatto che le parole tradizionali, nell’uso comune specialmente ma anche nell’uso della classe colta e perfino nell’uso di quella sezione di specialisti che trattano la stessa scienza, continuano a mantenere il vecchio significato nonostante l’innovazione di contenuto e reagiscono. Il Pareto crea un suo «dizionario» manifestando la tendenza a creare una sua lingua «pura» o «matematica». I pragmatisti teorizzano astrattamente sul linguaggio come causa di errore (vedi libretto di G. Prezzolini). Ma è possibile togliere al linguaggio i suoi significati metaforici ed estensivi? È impossibile. Il linguaggio si trasforma col trasformarsi di tutta la civiltà, per l’affiorare di nuove classi alla coltura, per l’egemonia esercitata da una lingua nazionale sulle altre ecc., e precisamente assume metaforicamente le parole delle civiltà e culture precedenti. Nessuno oggi pensa che la parola «dis-astro» sia legata all’astrologia e si ritiene indotto in errore sulle opinioni di chi la usa; così anche un ateo può parlare di «dis-grazia» senza essere ritenuto seguace della predestinazione ecc. Il nuovo significato «metaforico» si estende con l’estendersi della nuova cultura, che d’altronde crea anche parole nuove di zecca e le assume in prestito da altre lingue con un significato preciso, cioè senza l’alone estensivo che avevano nella lingua originale. Così è probabile che per molti il termine di «immanenza» sia conosciuto e capito e usato per la prima volta solo nel nuovo significato «metaforico» che gli è stato dato dalla filosofia della praxis.