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Trascrizione

§ Esperanto filosofico e scientifico. Dal non comprendere la storicità dei linguaggi e quindi delle filosofie, delle ideologie e delle opinioni scientifiche consegue la tendenza, che è propria di tutte le forme di pensiero (anche di quelle idealistico-storicistiche) a costruire se stesse come un esperanto o volapük della filosofia e della scienza. Si può dire che si sia perpetuato (in forme sempre diverse e più o meno attenuate) lo stato d’animo dei popoli primitivi verso gli altri popoli con cui entravano in rapporto. Ogni popolo primitivo chiamava (o chiama) se stesso con una parola che significa anche «uomo» e gli altri con parole che significano «muti» o «balbettanti» (barbari), in quanto non conoscono la «lingua degli uomini» (ne è venuto il bellissimo paradosso per cui «cannibale» o mangiatore di uomini significa originalmente – etimologicamente – «uomo per eccellenza» o «uomo vero»). Per gli esperantisti della filosofia e della scienza tutto ciò che non è espresso nel loro linguaggio è delirio, è pregiudizio, è superstizione, ecc.; essi (con un processo analogo a quello che si verifica nella mentalità settaria) trasformano in giudizio morale o in diagnosi di ordine psichiatrico quello che dovrebbe essere un mero giudizio storico. Molte tracce di questa tendenza si trovano nel Saggio popolare. L’esperantismo filosofico è specialmente radicato nelle concezioni positivistiche e naturalistiche; la «sociologia» è forse il maggior prodotto di una tale mentalità. Così le tendenze alla «classificazione» astratta, al metodologismo e alla logica formale. La logica e la metodologia generale vengono concepite come esistenti in sé e per sé, come formule matematiche, astratte dal pensiero concreto e dalle concrete scienze particolari (così come si suppone che la lingua esista nel vocabolario e nelle grammatiche, la tecnica fuori del lavoro e dell’attività concreta ecc.). D’altronde non bisogna pensare che la forma di pensiero «antiesperantistico» significhi scetticismo o agnosticismo o ecclettismo. È certo che ogni forma di pensiero deve ritenere se stessa come «esatta» e «vera» e combattere le altre forme di pensiero; ma ciò «criticamente». Dunque la quistione è sulle dosi di «criticismo» e di «storicismo» che sono contenute in ogni forma di pensiero. La filosofia della prassi, riducendo la «speculatività» ai suoi limiti giusti (negando cioè che la «speculatività» come l’intendono anche gli storicisti dell’idealismo sia il carattere essenziale della filosofia) appare essere la metodologia storica più aderente alla realtà e alla verità.