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Trascrizione

§ La marina mercantile italiana. Estratti dall’articolo La nostra marina transatlantica di L. Fontana Russo, nella «Nuova Antologia» del 16 aprile 1927.

Le perdite complessive della marina mercantile italiana per sottomarini e sequestri durante la guerra salirono a 872.341 tonn. lorde (238 piroscafi per 769.450 tonn. e 395 velieri per 10.891), cioè il 49% dell’intera flotta, mentre le perdite inglesi furono del 41% e le francesi del 46% («ciò nonostante la più tarda entrata in guerra, e la ritardata dichiarazione di guerra alla Germania»; A. G.: come spiegare questa percentuale così alta?) Inoltre altri 9 piroscafi per 57.440 tonn. affondarono per disgraziati accidenti dovuti allo speciale regime imposto alla navigazione (incagli per sfuggire ad attacchi di sommergibili, collisioni nella navigazione in convoglio ecc.) («quanto fu la percentuale di questi casi nelle altre marine», A. G.; la risposta interessa per giudicare nostra organizzazione e capacità dei comandi; inoltre interessante sapere l’età di questi piroscafi, per vedere come era esposta la vita dei nostri marinai). Il danno finanziario (navi e carico) fu di L. 2.202.733.047, così ripartito: naviglio da pesca L. 4.391.706; velieri L. 59.792.591; piroscafi di bandiera nazionale L. 1.595.467.786; piroscafi di bandiera estera noleggiati dall’Italia (216 piroscafi affondati, 2 danneggiati: L. 543.080.964). (Evidentemente questi piroscafi esteri non sono calcolati nel tonnellaggio precedente e anche in questo caso sarebbe interessante sapete se essi furono affondati essendo guidati da personale italiano: inoltre se le altre nazioni subirono perdite dello stesso genere).

Il totale dei carichi perduti fu di 1.271.252 tonn. I rifornimenti italiani durante la guerra furono: 49 mil. di tonn. da Gibilterra e 2 milioni dal Mediterraneo e da Suez. Le perdite subite durante la guerra furono riparate subito. Il naviglio mondiale perduto durante la guerra fu di 12.804.902 tonn. (piroscafi e velieri), cioè il 27% del tonnellaggio complessivo. Nel 1913 la marina mondiale era di 43.079.000 tonn.; nel 1919 era di 48 milioni, nel 21 di 58.841.000, nel 26 di 62.671.000. I cantieri, dal 13 al 19, dopo aver colmato le perdite, accrebbero di 4 milioni il tonnellaggio. Le navi impostate furono continuate dopo l’armistizio: così si spiega che, nel 19, le navi varate raggiunsero i 7 milioni di tonnellate («ciò spiega la crisi dei noli del dopoguerra, in cui coincise un naviglio anormale con una caduta del commercio»).

Italia. Il 31 dicembre 1914 il nostro naviglio (piroscafi superiori a 250 tonn. lorde) era di 644 piroscafi per tonn. D. W. C. 1.958.838; le perdite al 31 dicembre 1921 furono: piroscafi 354, per tonn. 1.270.348. Della vecchia flotta rimanevano 290 piroscafi, per tonn. 688.496. Fino al 31 dicembre 1921 furono costruiti 122 piroscafi per tonn. D. W. C. 698.979 e comprati all’estero 143 per 845.049, furono ricuperati dalla Regia Marina 60 per 131.725 e incorporati dalla Venezia Giulia 210 per 763.945, cioè l’aumento complessivo fu di 535 per 2.437.698, portando la flotta complessiva a 856 per 3.297.987. Alla fine del 1926 l’Italia aveva costruito inoltre 33 navi per 239.776 tonn. lorde. Le motonavi tendono ad aumentare in confronto dei piroscafi. Le 763.945 tonn. provenienti dalla Venezia Giulia furono il risultato di negoziati al Congresso della Pace con l’Inghilterra, la Francia e la Jugoslavia.

Le perdite della marina di linea (piroscafi per viaggiatori) furono meno gravi che per la flotta da carico e perciò non prontamente riparate. Così, nel dopoguerra si ebbe naviglio da carico eccessivo e di linea manchevole. Disarmo e caduta di noli per quello, richiesta e rialzo di noli per questo. Avvenne così specializzazione delle compagnie: alcune si dedicarono al carico, altre alla linea, alienando la propria flotta di carico e specializzandosi («teoricamente la specializzazione è un progresso, perché porta a minor costo: ma in caso di crisi di uno o altro ramo, la specializzazione porta al fallimento, perché non esiste più il compenso reciproco»; A. G.). Alla flotta di linea si pose un problema fondamentale: navi per emigranti o navi per viaggiatori di classe? Le maggiori compagnie si decisero nel senso di dare maggior peso ai piroscafi di lusso. Crisi dell’emigrazione per restrizioni legislative. Così si ebbe sviluppo di grandi piroscafi di lusso, per i quali non c’è limitazione di spazio e di comfort dati i noli alti.

Tendenza verso il grande tonnellaggio. Per legge economica del rendimento crescente. L’aumento della lunghezza, altezza, larghezza porta ad un aumento più che proporzionale della portata utile, cioè dello spazio dedito al carico. Cresce pure, più che proporzionalmente alla spesa di costruzione e d’esercizio, il rendimento dell’armatore. La velocità invece deve essere moderata, per essere economica (non può oltrepassare per ora i 24 nodi). Altra è la questione per la marina di guerra, i cui scopi sono bellici, non di carattere economico. Le macchine marine capaci di imprimere grandi velocità sono insaziabili divoratrici di combustibile. La velocità segue la legge dei rendimenti decrescenti, all’opposto di quella che regola la portata delle navi. Venti anni fa velocità di 11 nodi, costo orario 295 lire, 13 nodi 370 lire, 21 nodi 1800 lire. Al criterio dei viaggi brevi si sostituì quello dei viaggi comodi («oggi la radio, e specialmente l’aeroplano per chi ha veramente fretta, compensano la relativa scarsa velocità delle navi di lusso; con la radio si può sempre mantenersi in comunicazione e non interrompere gli affari; con l’aeroplano si ottengono due effetti: 1°, percorrere in poche ore spazi relativamente brevi – Parigi-Londra, ecc. – con sicurezza; 2°, i transatlantici trasportano anche aeroplani e giunti a una distanza dal capolinea che dà sicurezza di traversata, permettono ai più frettolosi di abbreviare il viaggio»; A. G.). Alla velocità di 23 nodi si è giunti sia trasformando le macchine motrici, sia adottando nuovo combustibile. La turbina sostituì le macchine alternative: il motore Diesel tende a sostituire la turbina. Il combustibile liquido sostituisce il carbone. Notevole risparmio che permise una nuova velocità economica (23 nodi).

Nuove e vecchie costruzioni. Una nave nuova, che rappresenti un forte progresso, svaluta subito, automaticamente, tutte le precedenti. Il vecchio naviglio deve essere radiato, trasformato se possibile, o adibito ad altri trasporti. Le vecchie navi rendono poco o nulla (anche se in parte ammortizzate), se non sono addirittura passive. Perciò, dati i continui progressi tecnici, gli attuali transatlantici devono ammortizzare il capitale in poco meno d’un decennio. («Ed ecco perché nel valutare l’efficienza reale delle varie flotte nazionali, oltre al numero delle unità e alla somma complessiva delle tonnellate, bisogna badare all’età del naviglio; ciò spiega anche come il rendimento di flotte inferiori per tonnellaggio sia superiore a quello di flotte che statisticamente sono più elevate: oltre al fatto dei maggiori rischi – assicurazioni – e pericoli per le vite umane rappresentati dalle vecchie navi»).