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Trascrizione

§ L’Etiopia d’oggi (articolo della «Rivista d’Italia» firmato tre stelle). L’Etiopia è il solo Stato indigeno indipendente in un’Africa ormai tutta europea (eccetto oltre la Liberia). Menelik è stato il fondatore della moderna unità etiopica: i nazionalisti abissini si richiamano a Menelik, il «grande e buono imperatore». Degli elementi che hanno contribuito ad assicurare l’indipendenza dell’Etiopia due sono evidenti: la struttura geografica del paese e la gelosia fra le potenze. La struttura geografica fa dell’Etiopia un immenso campo trincerato naturale, espugnabile solo con forze smisurate e sacrifizi non proporzionati alle scarse risorse economiche che il paese può offrire all’eventuale conquistatore. Lo Scioa, che ha creato l’unità abissina, è a sua volta una fortezza nel campo trincerato e tutto lo guarda e lo domina. Nell’ultimo trentennio è stato creato un esercito imperiale, distinto dai piccoli eserciti dei ras e ad essi superiore tecnicamente; la creazione dell’esercito nazionale è dovuta a Menelik. Già prima della morte di Menelik (1913) la Corte, dato lo sfacelo intellettuale del vecchio imperatore, aveva proclamato (14 aprile 1910) imperatore Ligg jasu, figlio di una figlia di Menelik, e di ras Mikael. Alla morte di Menelik (11 dicembre 1913) le lotte si scatenarono: Zeoditú, altra figlia di Menelik, e ras Tafari, figlio di ras Makonnen, si coalizzarono e riuscirono ad avere un imponente numero di partigiani. Tafari aveva con sé i giovani. Ras Mikael, tutore di Ligg jasu minorenne, fu incapace di imporsi alle fazioni e di assicurare l’ordine pubblico come risultò in occasione dell’assalto del 17 maggio 1916 alla Legazione d’Italia. La guerra europea salvò l’Abissinia da un intervento straniero e dette la possibilità all’Abissinia di superare la crisi da sé. Zeoditú e Tafari si unirono per detronizzare Ligg jasu e dividersi il potere, Zeoditú come imperatrice nominale, l’altro quale erede al trono e reggente (27 settembre 1916). Tafari, appoggiato dai capi militari, ha saputo con energia e scaltrezza ridurre all’obbedienza il paese. Ma il condominio con Zeoditú offrì spesso il destro a intrighi di palazzo non sempre innocui. (Alla fine del 26 o principio del 27) sparirono quasi contemporaneamente il ministro della guerra, fitaurari Hapte Gheorghes e il capo della Chiesa, abuna Mattheos.

La morte dell’abuna ha scatenato la quistione della chiesa nazionale. La chiesa etiopica riconosceva la suprema autorità del patriarca copto di Alessandria che nominava all’alto ufficio di abuna un egiziano (Mattheos era egiziano). Il nazionalismo etiopico vuole un abuna abissino. L’abuna ha in Abissima una grandissima importanza (più che l’arcivescovo-primate delle Gallie in Francia) e il fatto che sia straniero presenta dei pericoli, nonostante che la sua autorità sia corretta e in un certo senso controllata dall’echegheh indigeno dal quale dipendono direttamente i numerosi ordini monastici. La parte presa da Mattheos nel colpo di Stato del 27 settembre 1912 a favore di Tafari ha mostrato ciò che potrebbe avvenire. (Quando l’articolo veniva pubblicato il patriarca d’Alessandria resisteva ancora alla pretesa abissina: vedere il seguito della quistione). (L’Abissinia ha una capitale religiosa: Aksum). Tafari ha cercato di imprimere un ritmo nuovo alla politica estera abissina. Menelik aveva cercato di limitare la schiavitù e di introdurre l’istruzione obbligatoria, avviando lo Stato verso forme moderne, ma si teneva in un’attitudine di dissidente isolamento. Tafari invece ha cercato di partecipare alla vita europea e si è fatto ammettere nella Lega delle Nazioni, impegnandosi formalmente a estirpare nel più breve termine possibile la schiavitù. E infatti emanò un bando che imponeva la graduale liberazione degli schiavi, ma finora senza risultato. Gli schiavisti molto forti. (D’altronde l’Etiopia ancora feudale).

Convenzione di Londra del 13 dicembre 1906 fra Italia, Francia, Inghilterra, con cui i tre confinanti si impegnarono: a rispettare lo statu quo politico e territoriale dell’Etiopia; a mantenere, in caso di contese o mutamenti interni, la più stretta neutralità, astenendosi da ogni intervento negli affari interni del paese; qualora lo statu quo fosse turbato, a cercare di mantenere l’integrità dell’Etiopia, tutelando in ogni caso i rispettivi interessi: per l’Inghilterra il bacino del Nilo e la regolarizzazione delle acque di quel fiume e dei suoi affluenti; per l’Italia l’hinterland dei suoi possedimenti dell’Eritrea e della Somalia e l’unione territoriale tra essi ad ovest di Addis Abeba; per la Francia l’hinterland di Gibuti e la zona necessaria per la costruzione e il traffico della ferrovia Gibuti – Addis Abeba. Le tre potenze si impegnavano di aiutarsi scambievolmente per la protezione dei loro rispettivi interessi.

L’accordo fu concepito in pieno «giro di valzer» dell’Italia con le potenze occidentali, e cioè in pieno sviluppo di quel vasto programma di intese mediterranee (l’accordo di Londra era stato conchiuso in massima il 6 luglio, tre mesi dopo Algesiras) che fu troncato un paio d’anni dopo sotto il ricatto (!) dello stato maggiore austriaco. Così alla politica di cooperazione succedette una lotta a colpi di spillo: la sola a guadagnarci fu la Francia che poté prolungare la ferrovia fino ad Addis Abeba (la diplomazia sostiene che l’accordo di Londra fu sottoposto preventivamente a Menelik e firmato solo quand’egli ebbe dato il nulla osta ai ministri delle tre potenze accreditati presso di lui, cosicché le stipulazioni dell’accordo sarebbero anche concessioni implicitamente (!) promesse dall’Abissinia qualcosa come la situazione del famoso trattato di Uccialli, ancora peggiorato).

Dopo la guerra europea, durante le trattative per i compensi coloniali fissati dal patto di Londra, l’Italia propose di ravvivare l’accordo del 1906, volendo risolvere il problema del congiungimento ferroviario tra l’Eritrea e la Somalia. Ma Londra e Parigi rifiutarono. La Francia non aveva nulla da chiedere all’Abissinia dopo la ferrovia Gibuti – Addis Abeba; l’Inghilterra credeva di ottenere tutto senza unirsi all’Italia. Ma l’Inghilterra fece poi l’accordo del 1925 (due note scambiate tra Mussolini e l’ambasciatore inglese a Roma il 14 e il 20 dicembre 1925). Per esso: l’Italia si impegna ad appoggiare l’Inghilterra nei suoi tentativi per ottenere dall’Etiopia la concessione di lavori di sbarramento al Lago Tana, nella zona che nel 1906 era riservata all’influenza italiana e la concessione di un’autostrada fra il Sudan e il Tana; l’Inghilterra ad appoggiare l’Italia per ottenere la costruzione e l’esercizio di una ferrovia tra l’Eritrea e la Somalia italiana ad ovest di Addis Abeba; l’Inghilterra riconosce all’Italia l’influenza esclusiva (!) nella zona occidentale dell’Etiopia e in tutto il territorio destinato ad essere attraversato dalla ferrovia, con l’impegno da parte dell’Italia di non compiere in quella zona, sulle sorgenti del Nilo Azzurro e del Nilo Bianco e dei loro affluenti, alcuna opera che possa sensibilmente modificare il loro afflusso nel fiume principale. La Francia sollevò gran rumore su questo accordo, presentato come una minaccia dell’indipendenza abissina. La campagna francese ebbe gravi ripercussioni sul nazionalismo etiopico. Ras Tafari ha creato due tipografie per la stampa in lingua amarica: sviluppo di letteratura nazionalista incoraggiato da Tafari: xenofobia. Il Giappone è il modello del nazionalismo abissino.

L’articolo della «Rivista d’Italia» riporta brani di articoli e opuscoli: uno studente che è stato educato in America scrive: «Impariamo fortemente, apprendiamo molto, perché non vengano gli stranieri a governarci! ... Dobbiamo studiare più che possiamo, perché, se non studiamo, la nostra patria è finita». La Francia desta meno sospetti ad Addis Abeba, perché dopo Fascioda, Gibuti ha per essa solo l’importanza di uno scalo sulla via dell’Indocina. Inoltre, la ferrovia Gibuti – Addis Abeba, che serve tutto il traffico esterno dell’Etiopia, dà alla Francia un monopolio che essa vorrebbe conservare: la Francia può quindi fare una politica di apparente disinteressamento. Ma Ras Tafari vuol far progredire l’Etiopia e quindi è favorevole ad altre ferrovie, opere idrauliche ecc.

Esiste ancora tra l’Etiopia e l’Italia una piccola quistione a proposito dei confini tra Etiopia e Somalia. Quando dopo la convenzione di Addis Abeba del 16 maggio 1908 fu definita la frontiera, la missione Citerni eseguì il tracciato sul terreno per quel che riguardava il Benadir. Si lasciò da parte la frontiera del sultanato di Obbia che non presentava urgenza data la speciale situazione di quel protettorato. Ma oggi Obbia è occupata dalle armi italiane e bisognerà fissare il tracciato del confine con l’Etiopia.