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Trascrizione

§ Rapporti tra Stato e Chiesa. (Cfr. p. 15 bis). Il Direttore Generale del Fondo per il Culto, Raffaele Jacuzio, ha pubblicato un Commento della nuova legislazione in materia ecclesiastica con prefazione di Alfredo Rocco (Torino, Utet, 1932, in 8°, pp. 693, L. 60) dove raccoglie e commenta tutti gli atti sia degli organi statali italiani, che di quelli vaticaneschi per la messa in esecuzione del concordato. Accennando alla quistione dell’Azione Cattolica lo Jacuzio scrive (p. 203): «Ma poiché nel concetto di politica non rientra soltanto la tutela dell’ordinamento giuridico dello Stato ma anche tutto quanto si attiene alle provvidenze di ordine economico sociale, è ben difficile... ritenere nell’Azione Cattolica a priori esclusa ogni azione politica quando... si fanno rientrare in essa l’azione sociale ed economica e l’educazione spirituale della gioventù».

Sul concordato è anche da vedere il libro di Vincenzo Morello: Il conflitto dopo il Concordato (Bompiani, 1931) e la risposta di Egilberto Martire: Ragioni della Conciliazione (Roma, «Rassegna Romana», 1932). Sulla polemica Morello-Martire è da vedere l’articolo firmato Novus nella «Critica Fascista» del 1° febbraio 1933 (Una polemica sulla Conciliazione). Il Morello pone in rilievo quei punti del Concordato in cui lo Stato è venuto meno a se stesso, ha abdicato alla sua sovranità, non solo, ma, pare, mette anche in rilievo come in alcuni punti le concessioni fatte alla Chiesa siano più ampie di quelle fatte da altri paesi concordatari. I punti controversi sono principalmente quattro: 1) il matrimonio; per l’art. 43 del Concordato il matrimonio è disciplinato dal diritto canonico, cioè viene applicato nell’ambito statale un diritto ad esso estraneo. Per esso i cattolici, in base a un diritto estraneo allo Stato, possono avere annullato il matrimonio, a differenza dei non cattolici, mentre «l’essere o non essere cattolici dovrebbe essere irrilevante agli effetti Civili»; 2) per l’art. 5, comma 3° c’è l’interdizione da alcuni uffici pubblici per i sacerdoti apostati o irretiti da censura, cioè si applica una «pena» del Codice Penale a persone che non hanno commesso, di fronte allo Stato, nessun reato punibile; l’art. 1° del Codice vuole invece che nessun cittadino possa essere punito se non per un fatto espressamente preveduto dalla legge penale come reato; 3) per il Morello non si vede quali siano le ragioni di utilità per cui lo Stato ha fatto tabula rasa delle leggi eversive, riconoscendo agli enti ecclesiastici e ordini religiosi l’esistenza giuridica, la facoltà di possedere ed amministrare i propri beni; 4) insegnamento; esclusione recisa e totale dello Stato dalle scuole ecclesiastiche e non già solo da quelle che preparano tecnicamente i sacerdoti (cioè esclusione del controllo statale dall’insegnamento della teologia, ecc.) ma da quelle dedicate all’insegnamento generale. L’art. 39 del Concordato si riferisce infatti anche alle scuole elementari e medie tenute dal clero in molti Seminari, collegi e conventi, delle quali il clero si serve per attrarre fanciulli e giovinetti al sacerdozio e alla vita monastica, ma che in sé non sono ancora specializzate. Questi alunni dovrebbero aver diritto alla tutela dello Stato. Pare che in altri concordati si sia tenuto conto di certe garanzie verso lo Stato, per cui anche il clero non sia formato in modo contrario alle leggi e all’ordine nazionale, e precisamente imponendo che per avere molti uffici ecclesiastici è necessario un titolo di studio pubblico (quello che dà adito alle Università).