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Trascrizione

§ Letteratura popolare. I. Accanto alle quistioni come: «Perché la letteratura italiana non è popolare in Italia», «Esiste un teatro italiano?» ecc. è da porre l’altra: «È necessario in Italia provocare una riforma religiosa come quella protestante» – e l’altra: «Dell’impopolarità del Risorgimento, ossia dell’indifferenza popolare nel periodo delle lotte per l’indipendenza e unità nazionali» (l’apoliticismo del popolo italiano e quindi l’astatalismo e ribellismo). Un «catalogo» esatto di tutte queste quistioni che da più di un secolo (dalla Rivoluzione francese) ossessionano gli intellettuali italiani (e infatti periodicamente si ripresentano in forme più o meno nuove: quella dell’unità della lingua, del rapporto tra arte e vita, del romanzo del teatro, del romanzo d’appendice si dibattono anche oggi e così quella di una riforma intellettuale e morale – cioè di una rivoluzione popolare – che abbia la stessa funzione della riforma protestantica e anche della popolarità del Risorgimento che sarebbe finalmente stata raggiunta con la guerra del 1915 e coi rivolgimenti posteriori, onde l’impiego a regime d’inflazione dei termini di rivoluzione e rivoluzionario) può dare la traccia migliore per ricostruire il carattere fondamentale della cultura italiana e le esigenze che da essa sono indicate e rese evidenti.

II. La parola d’ordine di Giovanni Gentile: «Torniamo al De Sanctis!» cosa significa? e cosa può e dovrebbe significare? Il De Sanctis, nell’ultima fase della sua vita e della sua attività, rivolse la sua attenzione al romanzo naturalista, che fu la forma «intellettualistica» assunta nell’Europa Occidentale dal movimento di «andare al popolo», del populismo degli intellettuali nello scorcio del secolo XIX dopo l’avvento delle grandi masse operaie per lo sviluppo dell’industria moderna e il tramonto definitivo della democrazia quarantottesca. Ricordare del De Sanctis lo studio Scienza e Vita, il suo passaggio alla Sinistra parlamentare, il suo timore di una ripresa reazionaria velata sotto forme pompose ecc. Giudizio del De Sanctis: «Manca la fibra perché manca la fede. E manca la fede perché manca la cultura». Ma cosa significa «cultura» in questo caso? Significa indubbiamente una coerente e unitaria, e di diffusione nazionale, «concezione della vita e dell’uomo», cioè una «filosofia» ma diventata appunto «cultura» cioè che ha generato un’etica, un modo di vivere, una condotta civile e individuale. Ciò domandava prima di tutto una unificazione della «classe colta» e in questo senso lavorò il De Sanctis con la fondazione del «Circolo filologico» che avrebbe dovuto determinare «l’unione di tutti gli uomini colti e intelligenti» di Napoli.

III. È interessante, da questo punto di vista, questa nota di Luigi Pirandello scritta a Bonn da studente, negli anni 1889-90 (cfr. «Nuova Antologia» del 1° gennaio 1934): «Noi lamentiamo che alla nostra letteratura manchi il dramma – e sul riguardo si dicono tante cose e tante altre se ne propongono – conforti, esortazioni, additamenti, progetti – opera vana: il vero marcio non si vede e non si vuol vedere. Manca la concezione della vita e dell’uomo. E pure noi abbiamo campo da dare all’epica e al dramma. Arido stupido alessandrinismo, il nostro». Forse però questo giudizio del Pirandello non fa che riecheggiare discussioni di studenti tedeschi sulla necessità generica di una Weltanschauung ed è più superficiale di quanto non paia. Del resto Pirandello si è fatta una concezione della vita e dell’uomo ma «individuale», incapace di diffusione nazionale-popolare: come fermento critico ha avuto grande importanza culturale, come è notato altrove.