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Trascrizione

§ Una rivista tipica è stata l’«Osservatore» del Gozzi, cioè il tipo di rivista moraleggiante del Settecento (che raggiunse la perfezione in Inghilterra, dove era sorta, con lo «Spectator» dell’Addison) che ebbe un certo significato storico-culturale per diffondere la nuova concezione della vita, servendo di anello di passaggio, per il lettore medio, tra la religione e la civiltà moderna. Oggi il tipo, degenerato, si conserva specialmente nel campo cattolico, mentre nel campo della civiltà moderna, si è trasformato, incorporandosi nelle riviste umoristiche, che, a loro modo, vorrebbero essere una critica «costruttiva» del costume. Le pubblicazioni tipo «Fantasio», «Charivari», ecc., che non hanno corrispondenti in Italia (qualcosa del genere erano il primitivo «Asino» di Podrecca e il «Seme», scritto per i contadini). Per alcuni aspetti sono una derivazione della rivista moraleggiante settecentesca alcune rubriche della cronaca cittadina e della cronaca giudiziaria dei quotidiani e i così detti «piccoli elzeviri» o corsivi.

La «Frusta letteraria» del Baretti è una varietà del tipo: rivista di bibliografia universale ed enciclopedica, critica del contenuto con tendenze moralizzatrici (critica dei costumi, dei modi di vedere, dei punti di vista, prendendo lo spunto non dalla vita e dalla cronaca, ma dai libri). «Lacerba» di Papini, per la parte non artistica, rientrò in questo tipo in modo originale e avvincente per alcune qualità, ma la tendenza «satanistica» (Gesù peccatore, Viva il maiale, Contro la famiglia, ecc., di Papini; il Giornale di bordo di Soffici; gli articoli di Italo Tavolato: Elogio della prostituzione, ecc.) era sforzata e l’originalità troppo spesso era artificio.

Il tipo generale si può dire appartenga alla sfera del «senso comune» o «buon senso», perché il suo fine è di modificare l’opinione media di una certa società, criticando, suggerendo, sbeffeggiando, correggendo, svecchiando, e, in definitiva, introducendo «nuovi luoghi comuni». Se ben scritte, con brio, con un certo senso di distacco (in modo da non assumere toni da predicatore), ma tuttavia con interesse cordiale per l’opinione media, le riviste di questo tipo possono avere grande diffusione ed esercitare un influsso profondo. Non devono avere nessuna «mutria», né scientifica né moralisteggiante, non devono essere «filistee» e accademiche, né apparire fanatiche o soverchiamente partigiane: debbono porsi nel campo stesso del «senso comune», distaccandosene quel tanto che permette il sorriso canzonatorio, ma non di disprezzo o di altezzosa superiorità.

«La Pietra» e la «Compagnia della Pietra». Motto dantesco dalle rime della Pietra: «Così nel mio parlar voglio esser aspro».

Ogni strato sociale ha il suo «senso comune» e il suo «buon senso», che sono in fondo la concezione della vita e dell’uomo più diffusa. Ogni corrente filosofica lascia una sedimentazione di «senso comune»: è questo il documento della sua effettualità storica. Il senso comune non è qualcosa di irrigidito e di immobile, ma si trasforma continuamente arricchendosi di nozioni scientifiche e di opinioni filosofiche entrate nel costume. Il «senso comune» è il folclore della filosofia e sta sempre di mezzo tra il folclore vero e proprio (cioè come è comunemente inteso) e la filosofia, la scienza, l’economia degli scienziati. Il senso comune crea il futuro folclore, cioè una fase relativamente irrigidita delle conoscenze popolari di un certo tempo e luogo.