Metadati

Trascrizione

§ Giovanni Pascoli. Sulle tendenze politiche di Giovanni Pascoli (il Pascoli da giovane fu incarcerato come membro dell’Internazionale), che ebbero pubblicamente il massimo di ripercussione al tempo della guerra libica col discorso La grande proletaria si è mossa e che sono da connettere con le dottrine di Enrico Corradini, in cui il concetto di «proletario» dalle classi è trasportato alle nazioni (quistione della «proprietà nazionale» legata con l’emigrazione; ma si osserva che la povertà di un paese è relativa ed è l’«industria» dell’uomo – classe dirigente – che riesce a dare a una nazione una posizione nel mondo e nella divisione internazionale del lavoro; l’emigrazione è una conseguenza della incapacità della classe dirigente a dar lavoro alla popolazione e non della povertà nazionale: esempio dell’Olanda, della Danimarca, ecc.; quistioni relative si capisce), sono interessanti le Lettere inedite di Giovanni Pascoli a Luigi Mercatelli, pubblicate da G. Zuppone-Strani nella «Nuova Antologia» del 16 ottobre 1927. (Il Mercatelli era corrispondente della «Tribuna» dall’Eritrea; rientrò al giornale nel 1896; nel 97 andò in Africa con F. Martini, nel 99 fu direttore della «Tribuna» con Federico Fabbri; nel 1903 fu Console generale allo Zanzibar, nel 1904 governatore del Benadir).

In una lettera scritta da Barga il 30 ottobre 1899 il Pascoli scrive: «Io mi sento socialista, profondamente socialista, ma socialista dell’umanità, non d’una classe. E col mio socialismo, per quanto abbracci tutti i popoli, sento che non contrasta il desiderio e l’aspirazione dell’espansione coloniale. Oh! io avrei voluto che della colonizzazione italiana si fosse messo alla testa il baldo e giovane partito sociale; ma ahimè esso fu reso decrepito dai suoi teorici». (Vedere nell’opera poetica del Pascoli il riflesso di questa sua concezione e nelle Antologie scolastiche).

In una lettera da Messina, dell’8 giugno 1900, si accenna alla sua collaborazione alla «Tribuna»: «Oh! potessi io settimanalmente o bimensilmente pubblicare le mie “Conversazioni coi giovani”! Nel discorso che feci l’altrieri e che ti mando purgato dai molti idioti errori di stampa, è un cenno di ciò che io reputo la mia missione: introdurre il pensiero della patria e della nazione e della razza nel cieco e gelido socialismo di Marx».

In una lettera da Barga del 2 luglio 1900 annunzia una rubrica che vorrebbe scrivere nella «Tribuna», intitolata «Nell’avvenire», di cui presto manderà il proemio: «La rubrica conterrebbe articoli di ogni sorta, diretti a quelli che ora sono tra fanciulli e adolescenti, che contemplerebbero le quistioni presenti alla luce dell’avvenire. Il primo articolo proemiale, dopo una breve dichiarazione mia, di rinunzia formale e solenne alla “vita attiva” – cioè, vuol dire, a diventare deputato – tratterebbe quest’argomento. “I giovani, quelli almeno che sono veramente giovani, hanno in sé qualcosa d’eroico. Quelli, di qualche tempo fa, si sentivano spinti all’eroismo patriottico, quelli d’ora all’eroismo, diciamo, socialistico. Però in fondo al loro cuore è un dissidio profondo. Sentendo la difesa d’Amba Alagi, anche quelli, che avevano fatto dedizione dei loro sentimenti eroici all’idea umanitaria, provarono una scossa... Ebbene, bisogna conciliare questo dissidio che travaglia (io lo so, io lo sento) il cuore della gioventù, etc., etc.”».

Più oltre scrive: «E non parlerei mica sempre di simili questioni: parlerei d’arte e di letteratura e di scienza e di morale, cercando sempre di sradicare i pregiudizi e di porre in faccia alla moda l’Ewig e di contro all’oggi, l’ieri e il domani», senza accorgersi dell’intima contraddizione in cui egli stesso si dibatteva, dato che dell’Ewig avesse una concezione giusta.

In una lettera da Barga del 12 agosto 1900 accenna a un suo scritto, Nel carcere di Ginevra, a proposito di Luccheni, che la «Tribuna» non pubblicò e che il Pascoli pubblicò dopo; non ricordo questo scritto.

In una lettera dell’11 dicembre 1900 da Messina, firmata «Giovanni Pascoli socialista-patriota messo all’indice dai giornali politici, cioè finanzieri d’Italia», parla della sua collaborazione a un giornale locale e pare che abbia iniziato la pubblicazione pensata come rubriche permanenti della «Tribuna», ma che la «Tribuna» non volle pubblicare. (Vedere la bibliografia del Pascoli. La rubrica «Nell’ o Per l’Avvenire», in una lettera del 14 dicembre 1900, è detta essere stata iniziata nella «Tribuna» da Ojetti).

In una lettera senza data, ma che lo Zuppone-Strani dice scritta da Barga sul finire del 1902 o nella prima metà del 1903 è scritto: «Eppure il poeta ti ama là, ti vede là, ti sogna là, eppure il patriota e l’“umano” (“socialista” non mi conviene più essere chiamato e chiamarmi) si esalta nel saperti investito d’una altissima missione d’utile o onore italico e di civiltà. Ti chiamavo “negriero”, e tu vai a distruggere i negrieri» (il Pascoli chiamava scherzosamente il Mercatelli «ras», «negriero», ecc.). E più oltre: «Perché a rifuggire dal socialismo politico dei nostri giorni aiuta me non solo l’orrore al dispotismo della folla o del numero dei più, ma specialmente la necessità che io riconosco e idoleggio, d’una grande politica coloniale».