Tipo testo: B
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Si potrebbe schizzare un quadro della «grammatica normativa» che opera spontaneamente in ogni società data, in quanto questa tende a unificarsi sia come territorio, sia come cultura, cioè in quanto vi esiste un ceto dirigente la cui funzione sia riconosciuta e seguita.
Grammatiche storiche oltre che normative. – Ma è evidente che uno scrittore di grammatica normativa non può ignorare la storia della lingua di cui vuole proporre una «fase esemplare» come la «sola» degna di diventare, «organicamente» e «totalitariamente», la lingua «comune» di una nazione, in lotta e concorrenza con altre «fasi» e tipi o schemi che esistono già (collegati a sviluppi tradizionali o a tentativi inorganici e incoerenti delle forze che, come si è visto, operano continuamente sulle «grammatiche» spontanee e immanenti nel linguaggio). La grammatica storica non può non essere «comparativa»: espressione che, analizzata a fondo, indica la intima coscienza che il fatto linguistico, come ogni altro fatto storico, non può avere confini nazionali strettamente definiti, ma che la storia è sempre «storia mondiale» e che le storie particolari vivono solo nel quadro della storia mondiale. La grammatica normativa ha altri fini, anche se non si può immaginare la lingua nazionale fuori del quadro delle altre lingue, che influiscono per vie
La grammatica normativa scritta è presuppone quindi sempre una «scelta», un indirizzo culturale, è cioè sempre un atto di politica culturale-nazionale. Potrà discutersi sul modo migliore di presentare la «scelta» e l’«indirizzo» per farli accettare volentieri, cioè potrà discutersi dei mezzi più opportuni per ottenere
Quistioni: di che natura è questo atto politico, e se debba sollevare opposizioni di «principio», una collaborazione di fatto, opposizioni nei particolari, ecc. Se si parte dal presupposto di centralizzare ciò che esiste già allo stato diffuso, disseminato, ma inorganico e incoerente, pare evidente che non è razionale una opposizione di principio, ma anzi una collaborazione di fatto e un accoglimento volenteroso di tutto ciò che possa servire a creare una lingua comune nazionale, la cui non esistenza determina attriti specialmente nelle masse popolari, in cui sono più tenaci di quanto non si creda i particolarismi locali e i fenomeni di psicologia ristretta e provinciale; si tratta insomma di un incremento della lotta contro l’analfabetismo ecc. L’opposizione di «fatto» esiste già nella resistenza delle masse a spogliarsi di abitudini e psicologie particolaristiche. Resistenza stupida determinata dai fautori fanatici delle lingue internazionali. È chiaro che in questo ordine di problemi non può essere discussa la quistione della lotta nazionale di una cultura egemone contro altre nazionalità o residui di nazionalità.
Il Panzini non si pone neanche lontanamente questo problema e perciò le sue pubblicazioni grammaticali sono incerte, contraddittorie, oscillanti. Non si pone per esempio il problema di quale oggi sia, dal basso, il centro di irradiazione delle innovazioni linguistiche; che pure non ha poca
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