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Trascrizione

§ L’enfiteusi. Il proprietario si chiama direttario, il possessore utilista. Praticamente l’enfiteusi assomiglia ad è un affitto che abbia il carattere speciale di essere perpetuo, con la cessione di ogni diritto inerente alla vera proprietà, ma col diritto di fare riacquistare il dominio del fondo, nel caso di mancato pagamento del canone (o censo o livello – prestazioni perpetue). (Teoricamente la figura del proprietario si sdoppia). Il contratto di enfiteusi è più frequente nel meridionale e nel ferrarese: nelle altre regioni è scarsamente applicato. È legato, mi pare, al bracciantato elementare, o meglio al contadino senza terra, che prende in enfiteusi dei piccoli appezzamenti per impiegarvi le giornate in cui non ha lavoro o perché di morta stagione o in rapporto alla monocultura: l’enfiteuta, così, introduce grandi migliorie e dissoda terreni impervi o enormemente sassosi; poiché è disoccupato, non calcola il lavoro presente nella speranza di un utile futuro, data la scarsità dei canoni per le terre quasi sterili. Il lavoro del contadino spesso è tale che il capitale-lavoro impiegato pagherebbe due o tre volte l’appezzamento. Tuttavia, se per qualsiasi ragione l’utilista non paga il canone, perde tutto.

Dato il carattere di prestazione perpetua, il contratto dovrebbe essere scrupolosamente osservato e lo Stato non dovrebbe intervenire mai. Invece nel 1925 fu accordato ai proprietari l’aumento di un quinto delle corrisposte dei canoni. Nel giugno del 1929 i senatori Garofalo, Libertini, Marcello, Amero d’Aste ebbero la faccia tosta di presentare un progetto di legge in cui si aumentavano ancora i canoni, nonostante la rivalutazione della lira: il progetto non fu preso in considerazione, ma rimane come segno dei tempi, come prova dell’offensiva generale dei proprietari contro contadini.