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Trascrizione

§ Ettore Ciccotti. Il suo volume Confronti storici (Biblioteca della «Nuova Rivista Storica», n. 10, Società editr. Dante Alighieri, 1929, pp. XXXIX-262) è stato recensito favorevolmente da Guido De Ruggiero nella «Critica» del gennaio 1930 e invece con molte cautele e in fondo sfavorevolmente da Mario de Bernardi nella «Riforma Sociale» (che non ho presente in questo momento). Del libro del Ciccotti ho letto un capitolo (che forse è l’introduzione generale al volume) pubblicato nella «Rivista d’Italia» del 15 giugno e del 15 luglio 1927: Elementi di «verità» e di «certezza» nella tradizione storica romana. Il Ciccotti esamina e combatte una serie di deformazioni professionali della storiografia romana e molte sue osservazioni sono giuste negativamente; è nella parte positiva che incominciano i dubbi e sono necessarie le cautele. L’errore teorico del Ciccotti mi pare consista nell’errata interpretazione del principio vichiano del «certo» e del «vero»: la storia non può essere che «certezza» o almeno ricerca di «certezza». La conversione del «certo» nel «vero» dà luogo a una costruzione filosofica della storia eterna, ma non alla costruzione della storia «effettuale»: ma la storia non può che essere «effettuale»: la sua «certezza» deve essere prima di tutto «certezza» dei documenti storici (anche se la storia non si esaurisce tutta nei documenti storici). La parte sofistica della metodologia del Ciccotti appare evidente in un caso: egli dice che la storia è dramma; ma ciò non vuol dire che ogni rappresentazione drammatica di un dato periodo storico sia quella «effettuale», anche se viva, artisticamente perfetta ecc. Il sofisma del Ciccotti porta a dare un valore eccessivo alla «belletristica» storica per reazione alla erudizione pedantesca e petulante.

In un esame della attività teorica del Ciccotti bisogna tener conto di questo libro. «Materialismo storico» del Ciccotti molto superficiale: quello del Ferrero e del Barbagallo. Una sociologia molto positivistica; una interpretazione positivistica del Vico. La metodologia del Ciccotti dà luogo appunto alle storie tipo Ferrero e alle «esagerazioni» del Barbagallo: finisce col perdere il concetto di distinzione e della concretezza «individua» e col trovare che «tutto il mondo è paese» e «più tutto cambia e più si rassomiglia».