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Trascrizione

§ Lorianismo. Alfredo Trombetti. Per molti aspetti può esser fatto rientrare nel lorianismo, sempre con l’avvertenza che ciò non significa un giudizio complessivo su tutta la sua opera ma un semplice giudizio di squilibrio tra la «logicità» e il contenuto concreto dei suoi studi. Il Trombetti era un formidabile poliglotta, ma non è un glottologo, o almeno il suo glottologismo non si identificava con il suo poliglottismo: la conoscenza materiale di innumerevoli lingue gli prende la mano sul metodo scientifico. Inoltre egli era un illuminato: la teoria della monogenesi del linguaggio era la prova della monogenesi dell’umanità, con Adamo ed Eva a capostipiti. Perciò i cattolici lo applaudirono ed egli diventò popolare, cioè fu «legato» alla sua teoria da un punto d’onore non scientifico ma ideologico. Negli ultimi tempi ebbe riconoscimenti ufficiali e fu esaltato dai giornali quotidiani come una gloria nazionale, specialmente per l’annunzio dato a un Congresso Internazionale di Linguistica (dell’Aja, ai primi del 28) della decifrazione dell’Etrusco. Mi pare però che l’Etrusco continui a essere indecifrato come prima e che tutto si riduca a un ennesimo tentativo fallito.

Nella «Nuova Antologia» del 16 luglio 1928, è pubblicato un articolo di Pericle Ducati, Il Primo Congresso Internazionale Etrusco 27 aprile – 3 maggio 1928 in cui si parla in modo molto strano, ma up to date, della «scoperta» del Trombetti. A p. 199 si parla di «conseguita decifrazione» dell’etrusco, «mercè soprattutto gli sforzi di un Italiano, di Alfredo Trombetti». A p. 204 la «conseguita decifrazione» è invece ridotta a «un passo gigantesco nella interpretazione dell’etrusco». La tesi del Trombetti è questa, già fissata da lui nel Convegno Nazionale Etrusco del 1926: l’etrusco è una lingua intermedia, insieme ad altri idiomi dell’Asia Minore e pre-ellenici, tra il gruppo caucasico e il gruppo arioeuropeo con maggiori affinità con quest’ultimo; perciò il lemnio, quale appare dalle due iscrizioni della stele famosa, e l’etrusco quasi s’identificano. Questa tesi rientra nel sistema generale del Trombetti che presuppone provata la monogenesi e quindi ha una base molto fragile. E ancora, presuppone certa l’origine transmarina degli Etruschi, mentre questa opinione, se è la più diffusa, non è universale: Gaetano De Sanctis e Luigi Pareti sostengono invece l’origine transalpina e non sono due studiosi da disprezzare. Al Congresso Internazionale Etrusco il Trombetti è passato alla più precisa determinazione della grammatica ed alla ermeneutica dei testi, saggio del suo libro La lingua etrusca uscito poco dopo. Ebbe grande successo. Contraddittori, non tra gli stranieri, nota il Ducati, ma tra i nazionali, pur «garbatamente e facendo onore alla eccezionale valentia del Trombetti». «Un giovane ed ormai valoroso glottologo, Giacomo Devoto, si è preoccupato del metodo, ché il rigore del metodo gli è sembrato intaccato dalle investigazioni e dai risultati del Trombetti». Qui il Ducati fa una serie di considerazioni veramente strabilianti sul metodo della glottologia e contro il Devoto, concludendo: «Guardiamo pertanto ai risultati del Trombetti e non sottilizziamo». Si è visto poi cosa voleva dire non sottilizzare. Nelle scienze in generale il metodo è la cosa più importante: in certe scienze poi, che necessariamente devono basarsi su un corredo ristretto di dati positivi, ristretto e non omogeneo, le quistioni di metodo sono ancor più importanti, se non sono addirittura tutto. Non è difficile con un po’ di fantasia costruire ipotesi su ipotesi e dare un’apparenza brillante di logicità a una dottrina: ma la critica di queste ipotesi rovescia tutto il castello di carta e trova il vuoto sotto il brillante. Ha il Trombetti trovato un nuovo metodo? Questa è la quistione. Questo nuovo metodo fa progredire la scienza più del vecchio, interpreta meglio ecc.? Niente di tutto ciò. Anche qui appare come il nazionalismo introduca deviazioni dannose nella valutazione scientifica e quindi nelle condizioni pratiche del lavoro scientifico. Il Bartoli ha trovato un nuovo metodo, ma esso non può far chiasso interpretando l’etrusco: il Trombetti invece afferma di aver decifrato l’etrusco, quindi risolto uno dei più grandi e appassionanti enigmi della storia: applausi, popolarità, aiuti economici ecc. Il Ducati ripete, approvando, ciò che gli disse al Congresso un glottologo «assai egregio»: «il Trombetti è un’eccezione: si eleva egli assai al disopra di noi e ciò che a noi non sembra lecito di tentare, a lui è possibile di compiere», e aggiunge le opinioni molto profonde del paleontologo Ugo Antonielli. Per l’Antonielli il Trombetti è un: «gigante buono che addita una diritta e sicura via». E se, come argutamente (!) aggiunge lo stesso Antonielli, il nostro italianissimo Trombetti, «per la supina sensibilità di taluni, si fosse chiamato Von Trombetting ovvero Trombetty...» Poiché la quistione si poneva così, bisogna convenire che il Devoto e gli altri oppositori furono degli eroi e che c’è qualcosa di sano nella scienza italiana. Il Ducati appoggia questa tendenza nazionalistica nella scienza, senza accorgersi delle contraddizioni in cui cade: se il Trombetti additasse una via diritta e sicura, avrebbe appunto rinnovato o sviluppato e perfezionato il metodo e allora sarebbe lecito tentare a tutti gli studiosi ciò che egli ha fatto. O l’uno o l’altro: o il Trombetti è al di sopra della scienza per sue particolari doti di intuizione o addita una via per tutti. «Caso curioso! Tra i glottologi raccolti a Firenze il Trombetti ha raccolto il plauso più incondizionato tra gli stranieri». E allora perché il Ducati riporta il «Von Trombetting»? O non indica ciò piuttosto che la glottologia italiana è più seria e progredita di quella straniera? Può capitare proprio questo bel caso al nazionalismo scientifico: di non accorgersi delle vere «glorie» nazionali e di essere proprio esso, lo schiavo, il supino servo degli stranieri!