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Trascrizione

§ Luigi Castellazzo, il processo di Mantova e gli altri processi sotto l’Austria. Per mostrare un tratto caratteristico della vita italiana nella seconda metà del secolo scorso (ma più esattamente dopo il 1876 cioè dopo l’avvento della sinistra al potere) è interessante esaminare la campagna fatta dai moderati (con Alessandro Luzio alla testa) contro Luigi Castellazzo per il suo atteggiamento e le sue confessioni al processo di Mantova che portò all’impiccagione di don Tazzoli, di Carlo Poma, di Tito Speri, di Montanari e del Frattini. La campagna era puramente politica, perché le accuse fatte al Castellazzo non furono fatte ad altri che nei processi si comportarono come o anche peggio del Castellazzo: ma il Castellazzo era repubblicano, massone e aveva persino avuto delle simpatie per la Comune di Parigi. Il Castellazzo si comportò peggio di Giorgio Pallavicino al processo Confalonieri? Va bene che il processo di Mantova finì con esecuzioni capitali, mentre ciò non avvenne per il Confalonieri e compagni, ma queste esecuzioni furono dovute alle confessioni del Castellazzo o non furono la fulminea risposta per l’insurrezione del 3 febbraio 1853? E non contribuì la vigliaccheria dei nobili milanesi che strisciarono ai piedi di Francesco Giuseppe alla vigilia dell’esecuzione? Vedere come il Luzio se la cava personalmente con questi quesiti. Certo i moderati cercarono di attenuare la responsabilità di questi nobili in forma sconcia (cfr. i libri del Bonfadini). Vedere come il Luzio se la cava nella quistione dei Costituti Confalonieri e nella quistione dell’atteggiamento del Confalonieri dopo la sua liberazione. Sulla quistione Castellazzo cfr. Luzio: I martiri di Belfiore nelle diverse edizioni (la 4a è del 1924); I processi politici di Milano e di Mantova restituiti dall’Austria, Milano, Cogliati, 1919 (questo libretto deve parlare dei Costituti Confalonieri che il sen. Salata aveva «scoperto» negli archivi viennesi); La Massoneria e il Risorgimento Italiano, 2 voll., Bocca (pare che questa opera sia giunta alla 4a edizione in pochissimo tempo, ciò che sarebbe veramente maraviglioso); cfr. P. L. Rambaldi, Luci ed ombre nei processi di Mantova, «Archivio Storico Italiano», v. XLIII, pp. 257-331; e Giuseppe Fatini, Le elezioni di Grosseto e la Massoneria, «Nuova Antologia» del 16 dicembre 1928 (parla dell’elezione a deputato del Castellazzo nel settembre 1883 e della campagna che si scatenò: il Carducci sosteneva il Castellazzo e parla della campagna contro di lui come di un «accanimento fariseo moderato»). Cosa si proponevano e si propongono gli storici e i pubblicisti moderati con questo loro indefesso, accortissimo e molto bene organizzato (talvolta pare che ci sia un centro direttivo per questo lavoro, una massoneria moderata, tanto è grande lo spirito di sistema) lavoro di propaganda? «Dimostrare» che l’unità italiana è stata opera precipua dei moderati, cioè della dinastia, e legittimare storicamente il monopolio del potere: attraverso questa «dimostrazione» disgregare ideologicamente la democrazia, assorbirne gli elementi individualmente e educare le nuove generazioni intorno a loro, con le loro parole d’ordine, coi loro programmi. Nella loro propaganda essi sono senza scrupoli, mentre il Partito d’azione è pieno di scrupoli patriottici, nazionali ecc. I moderati non riconoscono una forza collettiva agente nel Risorgimento all’infuori della dinastia e dei moderati: riconoscono solo individualità singole, che vengono esaltate per catturarle o diffamate per spezzare il vincolo collettivo. In realtà il Partito d’azione non seppe contrapporre nulla di efficace a questa propaganda: lamentazioni o sfoghi così apertamente settarii che non potevano impressionare l’uomo della strada, cioè convincere le nuove generazioni. Così il Partito d’azione fu disgregato e la democrazia borghese non riuscì ad avere mai una base nazionale. In un certo periodo, tutte le forze della democrazia si allearono e la Massoneria divenne il perno di questa alleanza: è questo un periodo ben determinato nella storia della Massoneria che finì con lo svilupparsi delle forze operaie. La Massoneria divenne il bersaglio dei moderati, che evidentemente speravano di conquistare così una parte delle forze cattoliche specialmente giovanili: in realtà i moderati valorizzarono le forze cattoliche controllate dal Vaticano e la formazione dello Stato italiano e della coscienza laica nazionale ne subì fieri contraccolpi come si vide in seguito. (Studiare bene questa serie di osservazioni).