Metadati

Trascrizione

§ Vittorio Macchioro e l’America. Vittorio Macchioro ha scritto un libro: Roma capta. Saggio intorno alla religione romana, Casa Ed. G. Principato, Messina, in cui tutta la costruzione si basa sulla «povertà fantastica del popolo romano». Nel 1930 è andato in America e ha inviato delle corrispondenze al «Mattino» di Napoli e nella prima (del 7 marzo) ecco il motivo (cfr. «Italia letteraria» del 16 marzo 1930): «L’americano non ha fantasia, non sa creare immagini. Non credo che, fuori dell’influenza europea (!), mai ci sarà un grande poeta o un grande pittore americano. La mentalità americana è essenzialmente pratica e tecnica: da ciò una particolare sensibilità per la quantità, cioè per le cifre. Come il poeta è sensibile verso le immagini, o il musicista è sensibile verso i suoni, così l’americano è sensibile verso le cifre. – Questa tendenza a concepire la vita come fatto tecnico, spiega la filosofia americana medesima. Il pragmatismo esce per l’appunto da questa mentalità che non pregia e non afferra l’astratto. James e più ancora Dewey sono i prodotti più genuini di questo inconsapevole bisogno di tecnicismo, per cui la filosofia viene scambiata con l’educazione, e un’idea astratta vale non in se stessa, ma solo in quanto si può tradurre in azione. (“La povertà fantastica del popolo romano avviò i Romani a concepire la divinità come un’energia astratta la quale si estrinseca solo nell’azione”; cfr. Roma capta). E per questo l’America è la terra tipica delle chiese e delle scuole, dove la teoreticità si innesta alla vita».

Mi pare che la tesi del Macchioro sia un berretto per tutte le teste.