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Trascrizione

§ I nipotini di padre Bresciani. Alfredo Panzini. La traduzione delle Opere e i Giorni di Esiodo, stampata dal Panzini nel 1928 (prima nella «Nuova Antologia» poi in volumetto Treves), è esaminata nel «Marzocco» del 3 febbraio 1929 da Angiolo Orvieto (Da Esiodo al Panzini). La traduzione tecnicamente è molto imperfetta. Per ogni parola del testo il Panzini ne adopera due o tre delle sue; si tratta più di una traduzione commento che di una traduzione, alla quale manca «il colorito particolarissimo dell’originale, salvo quella certa solennità maestosa ch’egli in più luoghi è riuscito a conservare». L’Orvieto cita alcuni gravi spropositi del Panzini: invece d’«infermità che portano la vecchiezza all’uomo» il Panzini traduce «infermità che la vecchiezza porta agli uomini». Esiodo parla della «quercia che porta in vetta le ghiande e in mezzo (nel tronco) le api» e il Panzini traduce comicamente «le querce montane (!) maturano le ghiande, e quelle delle convalli (!) accolgono le api nel loro tronco», distinguendo due famiglie di querce ecc. (un alunno di liceo sarebbe stato bocciato per un tale sproposito). Per Esiodo le Muse sono «donatrici di gloria coi carmi», per Panzini «gloriose nell’arte del canto». Altri esempi porta l’Orvieto in cui appare che oltre alla conoscenza superficiale del greco, gli spropositi del Panzini siano anche dovuti al pregiudizio politico (caso tipico di Brescianesimo) come là dove muta il testo per far partecipare Esiodo alla campagna demografica.

Sarà da vedere se le riviste di filologia classica si sono occupate della traduzione del Panzini: in ogni modo l’articolo dell’Orvieto mi pare sufficiente per il mio scopo (bisogna rivederlo perché in questo momento me ne manca una parte).