Tipo testo: B
In certi movimenti culturali, che arruolano i loro elementi tra chi inizia solo allora la propria vita culturale, per il rapido estendersi del movimento stesso che conquista sempre nuovi adepti, e perché i già conquistati non hanno autoiniziativa culturale, non pare possibile uscire mai dall’abc. Questo fatto ha gravi ripercussioni nell’attività giornalistica in generale, quotidiani, settimanali, riviste, ecc.; pare che non si debba mai superare un certo livello. D’altronde, il non tener conto di questo ordine di esigenze, spiega il lavoro di Sisifo delle così dette «piccole riviste», che si rivolgono a tutti e a nessuno e a un certo punto diventano veramente del tutto inutili. L’esempio più tipico è stato quello della «Voce», che a un certo punto si scisse in «Lacerba» «La Voce» e l’«Unità»
Bisogna quindi riconoscere apertamente che le riviste di per sé sono sterili, se non diventano la forza motrice e formatrice di istituzioni culturali a tipo associativo di massa, cioè non a quadri chiusi. Ciò deve dirsi anche per le riviste di partito; non bisogna credere che il partito costituisca di per sé l’«istituzione» culturale di massa della rivista. Il partito è essenzialmente politico e anche la sua attività culturale è attività di politica culturale: le «istituzioni» culturali devono essere non solo di «politica culturale», ma di «tecnica culturale». Esempio: in un partito ci sono degli analfabeti e la politica culturale del partito è la lotta contro l’a
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