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Trascrizione

§ Quistioni scolastiche. Cfr. l’articolo Il facile e il difficile di Metron nel «Corriere della Sera» del 7 gennaio 1932. Metron fa due osservazioni interessanti (riferendosi ai corsi d’ingegneria e agli esami di Stato per gli ingegneri): 1) Che durante il corso l’insegnante parla per cento e lo studente assorbe per uno o due. 2) Che negli esami di Stato i candidati sanno rispondere alle quistioni «difficili» e falliscono nelle quistioni «facili». Metron non analizza però esattamente le ragioni di questi due problemi e non indica nessun rimedio «tendenziale». Mi pare che le due deficienze siano legate al sistema scolastico delle lezioni-conferenze senza «seminario» e al carattere tradizionale degli esami che ha creato una psicologia tradizionale degli esami. Appunti e dispense. Gli appunti e le dispense si fermano specialmente sulle quistioni «difficili»: nell’insegnamento stesso si insiste sul «difficile», nell’ipotesi di una attività indipendente dello studente per le «cose facili». Quanto più si avvicinano gli esami tanto più si riassume la materia del corso, fino alla vigilia, quando si «ripassano» solo appunto le quistioni più difficili: lo studente è come ipnotizzato dal difficile, tutte le sue facoltà mnemoniche e la sua sensibilità intellettuale si concentrano sulle quistioni difficili, ecc. Per l’assorbimento minimo: il sistema delle lezioni-conferenze porta l’insegnante a non ripetersi o a ripetersi il meno possibile: le quistioni sono così presentate solo entro un quadro determinato, ciò che le rende unilaterali per lo studente. Lo studente assorbe uno o due del cento detto dall’insegnante; ma se il cento è formato di cento unilateralità diverse, l’assorbimento non può essere che molto basso. Un corso universitario è concepito come un libro sull’argomento: ma si può diventare colti con la lettura di un solo libro? Si tratta quindi della quistione del metodo nell’insegnamento universitario: all’Università si deve studiare o studiare per saper studiare? Si devono studiare «fatti» o il metodo per studiare i «fatti»? La pratica del «seminario» dovrebbe appunto integrare e vivificare l’insegnamento orale.