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Trascrizione

§ Struttura e superstruttura (vedi note scritte nella «prima serie»). Mi pare che si potrebbe richiamare a questo proposito il confronto con la tecnica guerresca così come si è trasformata nell’ultima guerra col passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione. Ricordare il libretto della Rosa tradotto da Alessandri nel 1919-20 e la cui teoria era basata sulle esperienze storiche del 1905 (d’altronde, a quanto pare, non studiate con esattezza, perché vi erano trascurati gli elementi volontari e organizzativi, molto più diffusi di quanto era portata a credere la Rosa che, per pregiudizio «economistico», li trascurava inconsciamente); questo libretto mi pare il più significativo della teoria della guerra manovrata applicata alla scienza storica e all’arte politica. L’elemento economico immediato (crisi ecc.) è considerato come l’artiglieria campale nella guerra il cui ufficio era quello di aprire un varco nella difesa nemica, sufficiente perché le proprie truppe vi facessero irruzione e ottenessero un successo strategico definitivo o almeno nella linea necessaria del successo definitivo. Naturalmente nella scienza storica l’efficacia dell’elemento economico immediato era ben più complessa di quella che non fosse quella dell’artiglieria campale nella guerra di manovra, poiché esso era concepito come avente un doppio effetto: 1°) di aprire il varco nella difesa nemica dopo aver scompaginato e fatto perdere la fiducia in sé e nelle sue forze e nel suo avvenire al nemico stesso; 2°) di organizzare fulmineamente le proprie truppe, di creare i quadri, o almeno di porre i quadri esistenti (elaborati fino allora dal processo storico generale) fulmineamente al loro posto di inquadramento delle truppe disseminate; di creare fulmineamente la concentrazione dell’ideologia e dei fini da raggiungere. Era una forma di ferreo determinismo economistico, con l’aggravante che gli effetti ne erano concepiti come rapidissimi nel tempo e nello spazio: perciò era un vero e proprio misticismo storico, l’aspettazione di una specie di fulgurazione miracolosa.

L’osservazione del generale Krasnov (nel suo romanzo) che durante la guerra l’Intesa (cioè l’Inghilterra che non voleva la vittoria della Russia imperiale, perché non fosse definitivamente risolta a favore dello zarismo la quistione orientale) impose allo Stato maggiore la guerra di trincea (assurda dato l’enorme sviluppo del fronte dal Baltico al Mar Nero, con grandi zone paludose e boscose), mentre unica possibile era la guerra di manovra, ha solo un’apparenza di verità. In realtà l’esercito russo tentò la guerra di manovra e di sfondamento, specialmente nel settore austriaco (ma anche in Prussia, ai laghi Masuri) ed ebbe successi parziali brillantissimi ma effimeri. La guerra di trincea posizione non è infatti solo costituita dalle trincee vere e proprie, ma da tutto il sistema organizzativo e industriale del territorio che è alle spalle dell’esercito schierato ed è dato specialmente dal tiro rapido dei cannoni, delle mitragliatrici, dei fucili e dalla loro concentrazione (oltre che dalla loro abbondanza, che permette di sostituire il materiale perduto dopo uno sfondamento). Nel fronte orientale si vede subito la differenza che la tattica russa di sfondamento otteneva nei suoi risultati nel settore tedesco e in quello austriaco: anche nel settore austriaco dopo il passaggio del comando ai tedeschi questa tattica cadde nel disastro. Lo stesso si vide nella guerra polacca del 1920, in cui l’invasione irresistibile fu fermata a Varsavia da Weygand e dalla linea tenuta dagli ufficiali francesi.

Con ciò non si vuol dire che la tattica d’assalto e di sfondamento e la guerra manovrata debbano essere considerate come ormai sparite dallo studio dell’arte militare: sarebbe un grosso errore. Ma esse, nelle guerre tra gli Stati più avanzati industrialmente e civilmente, devono considerarsi ridotte più a funzione tattica che a funzione strategica, così come era la guerra d’assedio nel periodo precedente della storia militare.

La stessa riduzione deve avvenire nell’arte e nella scienza della politica, almeno per ciò che riguarda gli Stati più avanzati, dove la «società civile» è diventata una struttura molto complessa e resistente alle «irruzioni» catastrofiche dell’elemento economico immediato (crisi, depressioni ecc.): le superstrutture della società civile sono come il sistema delle trincee nella guerra moderna. Come avveniva che un furibondo attacco di artiglieria contro le trincee avversarie, che sembrava aver distrutto tutto, in realtà aveva distrutto solo la superficie della difesa e al momento dell’avanzata gli assalitori si trovavano di fronte una difesa ancora efficace, così avviene nella politica durante le grandi crisi economiche, né le truppe assalitrici, per effetto della crisi, si organizzano fulmineamente nel tempo e nello spazio, né, tanto meno, acquistano lo spirito aggressivo; per reciproca, gli assaliti non si demoralizzano né abbandonano le difese, pur tra le macerie, né perdono la fiducia nella propria forza e nel proprio avvenire. Non che le cose rimangano tali e quali; ma le cose non si svolgono fulmineamente e con marcia progressiva definitiva come si aspetterebbero gli strateghi del cadornismo politico. L’ultimo fatto di tal genere sono stati gli avvenimenti del 1917. Essi hanno segnato una svolta decisiva nella storia dell’arte e della scienza della politica.

Si tratta dunque di studiare, con profondità, quali sono gli elementi della società civile che corrispondono ai sistemi di difesa nella guerra di posizione. Dico «con profondità» a disegno, perché essi sono stati studiati, ma da un punto di vista superficiale e banale, come certi storici del costume studiano le stranezze della moda femminile o che so io: o da un punto di vista «razionalistico» cioè con la persuasione che certi fenomeni sono distrutti appena se ne è data una giustificazione o una spiegazione «realistica», come superstizioni, insomma.