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Trascrizione

§ Sul «Saggio popolare». È possibile scrivere un libro elementare, un manuale, un saggio popolare, quando una dottrina è ancora nello stato di discussione, di polemica, di elaborazione? Il manuale popolare non può essere concepito se non come l’esposizione formalmente dogmatica, stilisticamente calma, scientificamente serena, di un determinato argomento: esso è un’introduzione allo studio scientifico, non l’esposizione stessa delle ricerche scientifiche originali, dedicato o all’età giovanile, o a un pubblico che dal punto di vista della disciplina scientifica, si trova nelle condizioni preliminari dell’età giovanile e che perciò ha immediatamente bisogno di «certezze», di opinioni che si presentano come veridiche e fuori discussione, per il momento. Se una determinata dottrina non ha ancora raggiunto questa fase «classica» del suo sviluppo, ogni tentativo di manualizzarla fallisce, la sua sistemazione logica è solo apparente: si tratterà, invece, come appunto nel Saggio, di una meccanica giustapposizione di elementi disparati o che rimangono inesorabilmente indipendenti e sconnessi tra loro. Perché allora non porre la quistione nei suoi giusti termini storici e teorici e accontentarsi di pubblicare un libro in cui la serie dei problemi essenziali della dottrina sia esposta monograficamente? Sarebbe più serio e più «scientifico». Ma si crede che scienza voglia assolutamente dire «sistema» e perciò si costruiscono sistemi purchessia, che del sistema hanno solo l’esteriorità meccanica.

È notevole che nel Saggio manca una trattazione adeguata della dialettica: la dialettica viene presupposta, non esposta, cosa assurda in un manuale che deve contenere in sé gli elementi essenziali della dottrina trattata e i cui rimandi bibliografici devono avere il fine di spingere ad allargare e approfondire la materia, non di sostituire il manuale stesso. La quistione dell’assenza di una trattazione della «dialettica» può avere due origini:

1°) La prima è costituita dal fatto che il materialismo storico non viene concepito come una filosofia, di cui la dialettica è la dottrina della conoscenza, ma come una «sociologia» la cui filosofia è il materialismo filosofico o metafisico o meccanico (volgare, come diceva Marx). Posta così la quistione, non si capisce più l’importanza e il significato della dialettica, che viene degradata a una sottospecie di logica formale, a una scolastica elementare. La funzione e il significato della dialettica possono solo essere concepiti in tutta la loro fondamentalità, quando il materialismo storico è concepito come una filosofia integrale originale, che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero, in quanto supera (e superando, ne include in sé gli elementi vitali) e l’idealismo e il materialismo tradizionali, espressioni delle vecchie società succedutesi nella storia mondiale. Se il materialismo storico non può essere pensato che subordinatamente a una altra filosofia, quella del materialismo filosofico, non si può concepire la dialettica marxista, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime.

2°) La seconda origine mi pare d’ordine psicologico. Si sente che la dialettica è cosa molto ardua e difficile in quanto il pensare dialetticamente va contro il volgare senso comune che ha la logica formale come espressione ed è dogmatico e avido di certezze perentorie. Per aver un modello pratico si pensi ciò che avverrebbe se nelle scuole primarie e secondarie le scienze naturali e cosmografiche fossero insegnate sulla base del relativismo di Einstein e accompagnando alla nozione tradizionale di «legge della natura» quella di «legge statistica o dei grandi numeri». I ragazzi e gli adolescenti non capirebbero nulla di nulla e l’urto tra l’insegnamento scolastico e la logica dei rapporti familiari e popolari sarebbe tale che la scuola diverrebbe oggetto familiare di ludibrio e di scetticismo caricaturale. Questo motivo mi pare sia un freno psicologico per l’autore del Saggio popolare: egli realmente capitola dinanzi al senso comune e al pensiero volgare, perché non si è posto il problema nei termini teorici esatti e quindi è praticamente disarmato e impotente. L’ambiente ineducato e rozzo ha dominato l’educatore, il senso comune volgare si è imposto alla scienza e non viceversa: se l’ambiente è l’educatore, esso deve essere educato a sua volta, ha scritto Marx, ma il Saggio popolare non capisce questa dialettica rivoluzionaria.