che è ciò che è già molto. (Lotta contro il secentismo estetico che appunto è caratterizzato dal prevalere dell’elemento esternamente decorativo su quello «funzionale» sia pure in senso largo, cioè di funzione in cui sia compresa la «funzione estetica»). È molto che si sia giunti ad ammettere che l’«architettura è l’interpretazione di ciò che è pratico». Forse questo potrebbe dirsi di tutte le arti che sono una «determinata interpretazione di ciò che è pratico», dato che all’espressione «pratico» si tolga ogni significato «deteriore, giudaico» (o piattamente borghese: è da notare che «borghese» in molti linguaggi significa solo «piatto, mediocre, interessato», cioè ha assunto il significato che una volta aveva l’espressione «giudaico»: tuttavia questi problemi di linguaggio hanno importanza, perché linguaggio = pensiero, modo di parlare indica modo di pensare e di sentire non solo ma anche di esprimersi, cioè di far capire e sentire). Certo per le altre arti le quistioni di «razionalismo» non si pongono nello stesso modo che per l’architettura, tuttavia il «modello» dell’architettura è utile, dato che a priori si deve ammettere che il bello è sempre tale e presenta gli stessi problemi, qualunque sia l’espressione formale parti
Di quanto e del come il «razionalismo» dell’architettura possa diffondersi nelle altre arti è quistione difficile e che sarà risolta dalla «critica dei fatti» (ciò che non vuol dire che sia inutile la critica intellettuale ed estetica che prepara quella dei fatti). Certo è che l’architettura pare di per sé, e per le sue connessioni immediate col resto della vita, la più riformabile e «discutibile» delle arti. Un quadro o un libro o una statuina, può tenersi in luogo «personale» per il gusto personale; non così una costruzione architettonica. È anche da ricordare indirettamente (per ciò che vale in questo caso) l’osservazione del Tilgher che l’opera d’architettura non può essere messa alla stregua delle altre opere d’arte per il «costo», l’ingombro, ecc. Distruggere un’opera costruttiva, cioè fare e rifare, tentando e riprovando, non si adatta molto all’architettura.
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E non lasciarsi illudere dalle parole o dal passato: è certo per esempio che i «nichilisti» russi sono da considerarsi partito di centro, e così perfino gli «anarchici» moderni. La quistione è se per simbiosi un partito di centro non serva a un partito «storico», esempio il partito hitleriano (di centro) a Hugenberg e Papen (estremisti: estremisti in un certo senso, agrari e in parte industriali, data la storia tedesca particolare). Partiti di centro e partiti «demagogici» o borghesi-demagogici.
Lo studio della politica tedesca e francese nell’inverno 1932-33 dà una massa di materiale per questa ricerca, così la contrapposizione della politica estera a quella interna (mentre è sempre la politica interna che detta le decisioni, s’intende di un paese determinato: infatti è chiaro che l’iniziativa, dovuta a ragioni interne, di un paese, diventerà «estera» per il paese che subisce l’iniziativa).
Quando si legge che uno è ammiratore di Balzac, occorre stare attenti: anche in Balzac c’è qualcosa del romanzo d’appendice. Vautrin è anch’egli, a suo modo, un superuomo, e il discorso che egli fa a Rastignac in
Ricordare che Nietzsche è stato edito dal Monanni e si conoscono le origini culturali-ideologiche del Monanni e la sua clientela. Così Vautrin e l’«amico di Vautrin» hanno lasciato traccia nella letteratura di Paolo Valera e nella sua «Folla». (Ricordare l’«amico di Vautrin» torinese). Così l’ideologia dei «moschettieri», presa dal romanzo di Dumas. Che si abbia un certo pudore a giustificare mentalmente le proprie concezioni con i romanzi di Dumas e di Balzac, s’intende facilmente: le si giustifica perciò col Nietzsche e si ammira Balzac come scrittore d’arte e non come creatore di figure romanzesche del tipo appendice. Ma il nesso reale è certo culturalmente. Il tipo del «superuomo» è Montecristo (liberato di quel particolare alone di «fatalismo» che è proprio del basso romanti
Cfr. il libro di Mario Praz,
In
Nel Balzac le figure sono più concretamente artistiche, ma tuttavia
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Oggi nella bocca di questi tali frati non vanno tanto lamprede, quanto volgari paste asciutte, ma i «frati» rimangono tali e anche oggi, come al tempo di Pascal, è più facile trovar dei «frati» che delle buone ragioni.
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Per esempio Carolina Invernizio che ha creato di Firenze un ambiente romanzesco copiato meccanicamente dai romanzi d’appendice francesi che hanno per ambiente Parigi, ha creato determinate tendenze di folclore. Ciò che è stato detto del rapporto Dumas-Nietzsche a proposito delle origini popolaresche del «superuomo» dà appunto luogo a motivi di folclore. Se Garibaldi rivivesse oggi, con le sue stravaganze esteriori ecc., sarebbe più folcloristico che nazionale: perciò oggi a molti la figura di Garibaldi fa sorridere ironicamente, e a torto, perché nel suo tempo Garibaldi, in Italia, non era anacronistico e provinciale, perché tutta l’Italia era anacronistica e provinciale. Si può dunque dire che un carattere è «nazionale» quando è contemporaneo a un livello mondiale (o europeo) determinato di cultura ed ha raggiunto (s’intende) questo livello. Era nazionale in questo senso Cavour nella politica liberale, De Sanctis nella critica letteraria (e anche Carducci, ma meno del De Sanctis), Mazzini nella politica democratica; avevano caratteri di
Questo provincialismo-folcloristico ha altri caratteri in Italia; ad esso è legato ciò che agli stranieri appare essere un istrionismo italiano, una teatralità italiana, qualcosa di filodrammatico, quell’enfasi nel dire anche le cose più comuni, quella forma di chauvinismo culturale che Pascarella ritrae nella
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Su questo argomento è da vedere ciò che dice il Pareto sulle azioni
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Questo apoliticismo, unito alle forme rappresentative (specialmente dei corpi elettivi locali) spiega la deteriorità dei partiti politici, che nacquero tutti sul terreno elettorale (al Congresso di Genova la quistione fondamentale fu quella elettorale); cioè i partiti non furono una frazione organica delle classi popolari (un’avanguardia, un’élite), ma un insieme di galoppini e maneggioni elettorali, un’accolta di piccoli intellettuali di provincia, che rappresentavano una selezione alla rovescia. Data la miseria generale
In realtà per essere di un partito bastavano poche idee vaghe, imprecise, indeterminate, sfumate: ogni selezione era impossibile, ogni meccanismo di selezione mancava e le masse dovevano seguire questi partiti perché altri non ne esistevano.
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Se ognuno è legislatore nel senso più largo
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Un altro elemento è quello della non-esistenza di «romanzi d’appendice» e di letteratura per l’infanzia (romanzi d’avventura, scientifici, polizieschi, ecc.) e del fatto che tali libri sono introdotti dall’estero (in Italia solo romanzi anticlericali). Da tutti questi elementi è nato il «futurismo» specialmente nella forma più intelligente datagli da
Ma sia il futurismo di Marinetti,
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Questo secondo punto mi pare fondamentale ed esso può essere risolto con un esame comparativo dei diversi drammi, quelli concepiti in dialetto e dove si rappresenta una vita paesana, «dialettale» e quelli concepiti in lingua letteraria e dove si rappresenta una vita superdialettale, di intellettuali borghesi di tipo nazionale e anche cosmopolita. Ora pare che, nel teatro dialettale, il pirandellismo sia giustificato da modi di pensare «storicamente» popolari e popolareschi, dialettali; che non si tratti cioè di «intellettuali» travestiti da popolani, di popolani che pensano da intellettuali, ma di reali, storicamente, regionalmente, popolani siciliani che pensano e operano così proprio perché sono popolani e siciliani. Che non siano cattolici, tomisti, aristotelici non vuol dire che non siano popolani e siciliani; che non possano conoscere la filosofia soggettivistica dell’idealismo moderno non vuol dire che nella tradizione popolare non possano esistere filoni di carattere «dialettico» e immanentistico. Se questo si dimostrasse, tutto il castello del pirandellismo cioè dell’intellettualismo astratto del teatro pirandelliano crollerebbe, come pare debba crollare.
Ma non mi pare che il problema culturale del teatro pirandelliano sia ancora esaurito in questi termini. In Pirandello abbiamo uno scrittore «siciliano», che riesce a concepire la vita paesana in termini «dialettali», folcloristici (sec
Letteratura su Pirandello. Per i cattolici: Silvio D’Amico,
La posizione ideologica del D’Amico verso il «pirandellismo» è espressa in queste parole: «Con buona pace di quei filosofi che, a cominciare da Eraclito, pensano il contrario, è ben certo che, in senso assoluto, la nostra persona
Questo modo di porre la quistione è abbastanza scempio e ridicolo e d’altronde sarebbe da vedere se nell’arte del Pirandello non predomini l’umorismo, cioè l’autore non si diverta
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Le conferenze nelle città hanno lo stesso ufficio e così i tribunali, ecc. I teatri popolari con gli spettacoli così detti da arena (e oggi, forse il cinematografo parlato, ma anche le didascalie del vecchio cinematografo muto, compilato tutto in stile melodrammatico), sono della massima importanza per creare questo gusto e il linguaggio conforme.
Si combatte questo gusto in due modi principali: con la critica spietata di esso, e anche diffondendo libri di poesia scritti o tradotti in lingua non «aulica», e dove i sentimenti espressi non siano retorici o melodrammatici.
Cfr. l’
§ 1908 1907 (8 settembre, come per il
Non si può accanto a tali encicliche dimenticare le altre «costruttive», tipiche la
§ due parecchie forme di «teatralità» in questo senso: una è quella comunemente nota e appariscente in forma caricaturale che si chiama «istrionismo»; ma ne esistono anche delle altre, che non sono deteriori, o sono
Come ho notato altrove, il Pirandello è criticamente un «paesano» siciliano che ha acquisito certi caratteri nazionali e certi caratteri europei, ma che sente in se stesso questi tre elementi di civiltà come giustapposti e contradditori. Da questa esperienza gli è venuto l’atteggiamento di osservare le contraddizioni nelle personalità degli altri e poi addirittura di vedere il dramma della vita come il dramma di queste contraddizioni.
Del resto un elemento non solo del teatro dialettale siciliano (
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Un episodio storico molto importante da questo punto di vista è il così detto movimento per l’affare Dreyfus in Francia; anche esso rientra in questa serie di osservazioni non perché abbia portato al «cesarismo», anzi proprio per il contrario, perché ha impedito l’avvento di un cesarismo che si stava preparando, di carattere nettamente reazionario. Tuttavia il movimento Dreyfus è caratteristico perché sono elementi dello stesso blocco sociale dominante che sventano il cesarismo della parte più reazionaria del blocco stesso, appoggiandosi non ai contadini, alla campagna, ma agli elementi subordinati della città guidati dal riformismo socialista (però anche alla parte più avanzata del contadiname). Del tipo Dreyfus troviamo altri movimenti storico-politici moderni, che non sono certo rivoluzioni, ma non sono completamente reazioni, nel senso almeno che anche nel campo dominante spezzano cristallizza
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Dal saggio del Sorel appare anche una strana tesi sostenuta dal Proudhon, a proposito di riforma intellettuale e morale del popolo francese (il Renan nella sua opera si interessa delle alte classi di cultura ed ha per il popolo un programma particolare: affidarne l’educazione ai parroci di campagna), che si avvicina a quella di Renan riguardante il popolo. Il Sorel sostiene che Renan anzi abbia conosciuto questo atteggiamento di Proudhon e ne sia stato influenzato. Le tesi di Proudhon sono contenute nell’opera
Questo problema del protestantesimo non deve essere confuso con quello «politico» presentatosi nel periodo del Risorgimento, quando molti liberali, per esempio quelli della «Perseveranza», si servirono dello spauracchio protestante per far pressione sul papa a proposito del potere temporale e di Roma.
Sicché in una trattazione del problema religioso in Italia occorre distinguere in primo luogo tra due ordini fondamentali di fatti: 1) quello reale, effettuale, per cui si verificano nella massa popolare dei movimenti di riforma intellettuale e morale, sia come passaggio dal cattolicismo ortodosso e gesuitico a forme religiose più liberali, sia come evasione dal campo confessionale per una moderna concezione del mondo; 2) i diversi atteggiamenti dei gruppi intellettuali verso una necessaria riforma intellettuale e morale.
La corrente Missiroli è la meno seria di queste, la più opportunistica, la più dilettantesca e spregevole per la persona del suo corifeo.
Così occorre per ognuno di questi ordini di fatti distinguere cronologicamente tra varie epoche: quella del Risorgimento (col liberalismo laico da una parte, e il cattolicismo liberale dall’altra), quella dal 70 al 900 col positivismo e anticlericalismo massonico e democratico; quella dal 900 fino alla guerra, col modernismo e il filosofismo idealistico; quella fino al concordato, con l’organizzazione politica dei cattolici italiani; e quella post-concordataria, con una nuova posizione del problema, sia per gli
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Ma non è questa l’origine di certe forme moderne del superuomo: piuttosto, come ho scritto, Dumas del Montecristo e Balzac di Vautrin. Da vedere anche Dostojevsckij, come reazione panslavista-cristiana a queste dottrine della forza e del superuomo, ed è da notare che nel Dostojevsckij è stato grande l’influsso del romanzo francese d’appendice (cfr. nel numero della «Cultura» dedicato a Dostojevsckij).
Nel carattere popolaresco del «superuomo» molti elementi teatrali, esteriori, da «prima donna» più che da «superuomo»: molto formalismo «soggettivo e oggettivo», ambizioni fanciullesche di essere il «primo della classe», ma specialmente di essere ritenuto e proclamato tale.
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Osservazione
Mi pare che il problema è sempre da porre partendo dalla domanda: «Perché scrivono i poeti? Perché dipingono i pittori? ecc.» (Ricordare l’articolo di Adriano Tilgher nell’«Italia che scrive»). Il Croce risponde, su per giù: per ricordate le proprie opere, dato che, secondo l’estetica crociana, l’opera d’arte è «perfetta» anche già e solo nel cervello dell’artista. Ciò che potrebbe ammettersi approssimativamente e in un certo senso. Ma solo approssimativamente e in un certo senso. In realtà si ricade nella quistione della «natura dell’uomo» e nella quistione «cos’è l’individuo?» Se non si può pensare l’individuo fuori della società, e quindi se non si può pensare nessun individuo che non sia storicamente determinato, è evidente che ogni individuo e anche l’artista, e ogni sua attività, non può essere pensata fuori della società, di una società determinata. L’artista pertanto non scrive o dipinge, ecc., cioè non «segna» esteriormente i suoi fantasmi solo per «un suo ricordo», per poter rivivere l’istante della creazione, ma è artista solo in quanto «segna» esteriormente, oggettivizza, storicizza i suoi fantasmi. Ma ogni individuo-artista è tale in modo più o meno largo e comprensivo, più o meno «storico» o «sociale». Ci sono i «neolalici» o i «gerghisti», cioè quelli che essi soli possono rivivere il ricordo dell’istante creativo (ed è di solito un’illusione, il ricordo di un sogno o di una velleità), altri che appartengono a conventicole più o meno larghe (che hanno un gergo corporativo) e finalmente quelli che sono universali, cioè «nazionali-popolari». L’estetica del Croce ha determinato molte degenerazioni artistiche, e non è poi vero che ciò sia avvenuto sempre contro le intenzioni e lo spirito dell’estetica crociana stessa; per molte degenerazioni, sì, ma
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La quistione è tuttavia importante: non si può scindere l’amministratore-funzionario dal legislatore, l’organizzatore dal dirigente, ecc. Ma ciò non si è attuato neanche oggi e la «divisione del lavoro» supplisce non solo all’incapacità relativa, ma integra «economicamente» l’attività principale del grande stratega, del legislatore, del capo politico, che si fanno aiutare da specialisti in compilare «regolamenti», «istruzioni», «ordinamenti pratici», ecc.
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Nei
La quistione si pone anche oggi e l’esperienza della vita dei partiti moderni è istruttiva; quante volte si è sentito il rimprovero per aver mostrato criticamente gli errori dei governanti: «mostrando ai governanti gli errori che essi fanno, voi insegnate loro
Pare che le intenzioni del Machiavelli nello scrivere il
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Pare però che oggi sia più possibile far riconoscere la realtà della situazione: c’è indubbiamente più buona volontà di comprendere, più spregiudicatezza ed esse sono date dal diffuso spirito antiborghese anche se generico e di origini spurie. Per lo meno si vorrebbe creare una effettiva unità nazionale-popolare, anche se con mezzi estrinseci, pedagogici, scolastici, col «volontarismo»: per lo meno si sente che questa unità manca e che tale mancanza è una debolezza
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Queste teorie di Thierry nel Manzoni si complicano, o almeno hanno aspetti nuovi nella discussione sul «romanzo storico» in quanto esso rappresenta persone delle «classi subalterne» che «non hanno storia», cioè la cui storia non lascia tracce nei documenti storici del passato. (Questo punto è da connettere con la rubrica «Storia delle classi subalterne», in cui si può fare riferimento alle dottrine del Thierry, che del resto hanno avuto tanta importanza per le origini della storiografia della filosofia della prassi).
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Si capisce l’articolo del Bourget. Si tratta di trovare in Balzac l’origine del romanzo positivista, ma reazionario, la scienza al servizio della reazione (tipo Maurras), che d’altronde è il destino più esatto del positivismo stabilito dal Comte.
Balzac e la scienza. Cfr. la «Prefazione generale» della
Che Balzac abbia scritto queste cose e magari le prendesse sul serio e immaginasse di costruire tutto un sistema sociale su queste metafore, non fa maraviglia e neanche diminuisce per nulla la grandezza di Balzac artista. Ciò che è notevole è che oggi il Bourget e, come egli dice, la «scuola tradizionalista», si fondi su queste povere fantasie «scientifiche» per costruire sistemi politico-sociali senza giustificazione di attività artistica.
Partendo da queste premesse il Balzac si pone il problema di «perfezionare al massimo queste specie sociali» e di armonizzarle tra loro, ma siccome le «specie» sono create dall’ambiente, bisognerà «conservare» e organizzare l’ambiente dato per mantenere e perfezionare la specie data. Eccetera. Pare che non avesse torto Flaubert scrivendo che
Ma se tutta la costruzione del Balzac è senza importanza come «programma pratico», cioè dal punto di vista da cui l’esamina il Bourget, in essa sono elementi che hanno interesse per ricostruire il mondo poetico del Balzac, la sua concezione del mondo in quanto si è realizzata artisticamente, il suo «realismo» che, pur avendo origini ideologiche reazionarie, di restaurazione, monarchiche, ecc., non perciò è meno realismo in atto. E si capisce l’ammirazione che per il Balzac nutrirono i fondatori della filosofia della prassi: che l’uomo sia tutto il complesso delle condizioni sociali in cui egli si è sviluppato e vive, che per «mutare» l’uomo occorre mutare questo complesso di condizioni è intuito chiaramente dal Balzac. Che «politicamente e socialmente» egli
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Si legge meno o più? E chi legge meno o più? Si sta formando una «classe media colta» più numerosa che in passato, che legge di più, mentre le classi popolari leggono molto meno; ciò appare dal rapporto tra libri, riviste e giornali. I giornali sono diminuiti di numero e stampano meno copie; si leggono più riviste e libri (cioè ci sono più lettori di libri e riviste). Confronto tra Italia e altri paesi nei modi di fare la statistica libraria e nella classificazione per gruppi di ciò che si pubblica.
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dalla scuola dall’insegnamento dell’istruzione generale. L’art. 39 del Concordato si riferisce infatti anche alle scuole elementari e medie tenute dal clero in molti seminari, collegi e conventi, delle quali il clero si serve per attrarre fanciulli e giovinetti al sacerdozio e alla vita monastica, ma che in sé non sono ancora specializzate. Questi alunni dovrebbero aver diritto alla tutela dello Stato. Pare che in altri concordati si sia tenuto conto di certe garanzie verso lo Stato per cui anche il clero non sia formato in modo contrario alle leggi e all’ordine nazionale, e precisamente imponendo che per avere molti uffici ecclesiastici è necessario un titolo di studio pubblico (quello che dà adito alle università).
Il Faggi distingue tra i casi in cui per il Manzoni la voce del popolo non è nei casi in cui si tratta di scienze naturali «quando si tratti d’idee o meglio di cognizioni specifiche, che soltanto dalla scienza e dai suoi continui progressi possono essere determinate; ma quando si tratti di quei principii generali e sentimenti comuni per natura a tutti quanti gli uomini, che gli antichi comprendevano nella ben nota espressione di
Certo questo atteggiamento del Manzoni è sentito dal popolo e perciò i
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In questo fenomeno caratteristico italiano sono da distinguere vari aspetti: 1) il fatto che gli intellettuali sono disgregati, senza gerarchia, senza un centro di unificazione e centralizzazione ideologica e intellettuale, ciò che è risultato di una scarsa omogeneità, compattezza e «nazionalità» della classe dirigente; 2) il fatto che queste discussioni sono, in realtà, la prospettiva
Alla serie di quistioni aggiungere: la quistione meridionale (nell’impostazione del Fortunato, per esempio, o del Salvemini, col relativo concetto di «unità»), la quistione
Che la politica nazionale sia «teorizzata» in forme così astratte, dai letterati, senza che a questi teorici corrisponda un gruppo adeguato di tecnici della politica che sappiano porre le quistioni in termini di «effettuabilità», è il carattere più spiccato della situazione politica italiana; gli affari reali sono nelle mani dei funzionari specializzati, uomini indubbiamente di valore e di capacità dal punto di vista tecnico-professionale burocratico, ma senza legami continuati con l’«opinione pubblica», cioè con la vita nazionale. Si è avuto in Italia qualcosa di simile a ciò che si aveva nella Germania guglielmina, con questa differenza: che nella Germania dietro la burocrazia c’erano gli Junker, una classe sociale sia pure mummificata e mutilata, mentre in Italia una forza di tal genere non esisteva: la burocrazia italiana può essere paragonata alla burocrazia papale, o meglio ancora, alla burocrazia cinese dei mandarini. Essa certamente faceva gli interessi di gruppi ben precisi (in primo luogo gli agrari, poi l’industria protetta, ecc.), ma senza piano e sistema, senza continuità, sulla base, per dirla rapidamente, dello «spirito di combinazione» che era necessario per «armonizzare» le tante contraddizioni della vita nazionale che non si cercò mai di risolvere organicamente e secondo un indirizzo conseguente. Questa burocrazia non poteva non essere specialmente «monarchica»; per cui si può dire che la monarchia italiana è stata essenzialmente una «monarchia burocratica» e il re il primo dei funzionari, nel senso che la burocrazia era la sola forza «unitaria» del paese, permanentemente «unitaria».
Altro problema tipico italiano: il papato, che anch’esso dette origini
Tutti questi elementi contradditori si sintetizzano nella posizione internazionale del paese, estremamente debole e precaria, senza possibilità di una linea a lunga prospettiva, situazione che ebbe la sua espressione nella guerra del 14 e nel fatto che l’Italia combatté nel campo opposto a quello delle sue alleanze tradizionali.
Altro documento di interpretazione della storia italiana il volume di Nello Quilici,
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In caso di azione iniziata o anche già decisa (senza che ci sia il tempo di rimettere utilmente in discussione la decisione) la disciplina può anche apparire estrinseca e autoritaria. Ma altri elementi allora la giustificano. È osservazione di senso comune che una decisione (indirizzo) parzialmente sbagliata può produrre meno danno di una disubbidienza anche giustificata con ragioni generali, poiché ai danni parziali dell’indirizzo parzialmente sbagliato si cumulano gli altri danni della disubbidienza e del duplicarsi degli indirizzi (ciò si è verificato spesso nelle guerre, quando dei generali non hanno ubbidito a ordini parzialmente erronei e pericolosi, provocando catastrofi peggiori e spesso insanabili).
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§ attività autorità le attività sociali? Appunto l’impulso sempre maggiore dato all’Azione Cattolica dimostra che la Chiesa perde terreno, sebbene avvenga che ritirandosi si concentri e opponga maggiore resistenza e «sembri» più forte (relativamente).
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In Italia invece abbondanti le opere pie e i lasciti di beneficenza: forse più che ogni altro paese. E dovuti all’iniziativa privata. È vero che male amministrati e mal distribuiti. (Questi elementi sono da studiare come nessi nazionali tra governanti e governati, come fattori di egemonia. Beneficenza elemento di «paternalismo»; servizi intellettuali elementi di egemonia, ossia di democrazia in senso moderno).
Appare che alcuni elementi sono simili, sebbene siano elencati partitamente, come cause specifiche. Altri non sono elencati, esempio le proibizioni all’emigrazione. Mi pare che facendo un’analisi si dovrebbe incominciare dall’elencare gli impedimenti posti dalle politiche nazionali (o nazionalistiche) alla circolazione: 1) delle merci; 2) dei capitali; 3) degli uomini (lavoratori e fondatori di nuove industrie e nuove aziende commerciali). Che non si parli da parte dei liberali degli ostacoli posti alla circolazione degli uomini è sintomatico, poiché nel regime liberale tutto si tiene e un
Così è dei «sindacati operai» che non nascono artificialmente, anzi nascono o sono nati nonostante tutte le avversità e gli ostacoli di legge (e non solo di legge, ma dell’attività criminosa privata impunita dalla legge). Gli elementi elencati dalla «Riforma Sociale» mostrano così la debolezza degli economisti liberali di fronte alla crisi: 1) essi tacciono alcuni elementi; 2) mescolano arbitrariamente gli elementi considerati, non distinguendo quelli che sono «necessari» dagli altri, ecc.
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Nella letteratura (arte) contro la sincerità e spontaneità si trova il meccanismo o calcolo, che può essere un falso conformismo, una falsa socialità, cioè l’adagiarsi nelle idee fatte e abitudinarie. Ricordare l’esempio classico di Nino Berrini che «scheda» il passato e cerca l’originalità nel fare ciò che non appare nelle schede. Principii del Berrini per il teatro: 1) lunghezza del lavoro: fissare la media della lunghezza, stabilendola su quei lavori che hanno avuto successo; 2) studio dei finali. Quali finali hanno avuto successo e strappato l’applauso? 3) studio delle combinazioni: per esempio nel dramma sessuale borghese, marito, moglie, amante, vedere quali combinazioni sono più sfruttate, e
La disciplina è anche uno studio del passato, in quanto il passato è elemento del presente e del futuro, ma non elemento «ozioso», ma necessario, in quanto è linguaggio, cioè elemento di «uniformità»
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§ per attraverso un certo stipendio, ecc. La legge è questo esecutore, è il modo in cui viene eseguita, specialmente perché non esistono organi di controllo e di sanzione. Ora solo attraverso l’autobiografia si vede il meccanismo in atto, nella sua funzione effettuale che molto spesso non corrisponde
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Che il modo di pensare notato non sia giusto si vede dal fatto che esso ha dei limiti: per esempio nessuno (almeno che sia matto) predicherà di non insegnare più a leggere e a scrivere, perché il leggere e lo scrivere è certamente stato introdotto dalla classe dirigente, perché la scrittura serve a diffondere certa letteratura o a scrivere le lettere di ricatto o i rapporti delle spie.
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Un altro elemento della forza relativa dei libertari è questo: che essi hanno più spirito di iniziativa individuale, più attività personale. Perché questo avvenga dipende da cause complesse: 1) che hanno maggior soddisfazione personale dal loro lavoro; 2) che sono meno intralciati da impacci burocratici, i quali non dovrebbero esistere per le altre organizzazioni: perché mai l’organizzazione che dovrebbe potenziare l’iniziativa individuale, si dovrebbe mutare in burocrazia, cioè in impaccio delle forze individuali ? 3) (e forse maggiore) che un certo numero di persone vivono del movimento, ma ci vivono liberamente, cioè non per posti occupati per nomina, ma in quanto la loro attività li rende degni di essi: per mantenere questo posto, cioè per mantenere il loro guadagno, fanno degli sforzi che altrimenti non farebbero.
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Date queste considerazioni, si può dire che un partito non può essere distrutto con mezzi normali, quando, esistendo necessariamente il secondo elemento, la cui nascita è legata all’esistenza delle condizioni materiali oggettive (e se questo secondo elemento non esiste, ogni ragionamento è vacuo) sia pure allo stato disperso e vagante, non possono non formarsi gli altri due, cioè il primo che necessariamente forma il terzo come sua continuazione e mezzo di esprimersi. Occorre che perché ciò avvenga si sia
A proposito della «boria» del partito, si può dire che essa è peggiore della boria delle nazioni di cui parla Vico. Perché? Perché una nazione non può non esistere e nel fatto che esiste è sempre possibile, sia pure con la buona volontà
Distinzione tra movimenti
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Anche questa è da porre fra le quistioni
La domanda se sia esistito un romanticismo italiano può avere diverse risposte, a seconda di ciò che s’intende per romanticismo. E certo molte sono le definizioni che del termine di romanticismo sono state date. Ma a noi importa una di queste definizioni e importa non precisamente l’aspetto «letterario» del problema. Romanticismo ha, tra gli altri significati, assunto quello di uno speciale rapporto o legame tra gli intellettuali e il popolo, la nazione, cioè è un particolare riflesso della «democrazia» (in senso largo) nelle lettere (in senso largo, per cui anche il cattolicismo può essere stato «democratico» mentre il «liberalismo» può esserlo non stato). In questo senso ci interessa il problema per l’Italia ed esso è legato ai problemi che abbiamo raccolto in serie: se è esistito un teatro italiano, la quistione della lingua, perché la letteratura non è stata popolare, ecc. Occorre dunque, nella sterminata letteratura sul romanticismo, isolare questo aspetto e di esso interessarsi, teoricamente e praticamente, come fatto storico cioè e come tendenza generale che può
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Ecco perché «l’esteriore» di una pubblicazione deve essere curato con la stessa attenzione che il contenuto ideologico e intellettuale: in realtà le due cose sono inscindibili e giustamente. Un buon principio (ma non sempre) è quello di dare all’esterno di una pubblicazione una caratteristica che di per sé si faccia notare e ricordare: è una pubblicità gratuita, per così dire. Non sempre, perché dipende dalla psicologia del particolare pubblico che si vuole conquistare.
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Trattando l’argomento è da escludere accuratamente ogni anche solo apparenza di appoggio alle tendenze «assolutiste» e ciò si può ottenere insistendo sul carattere transitorio» (nel senso che non fa epoca, non nel senso di poca durata») del fenomeno. (A questo proposito è da notare come troppo spesso si confonda il «non far epoca» con la scarsa durata «temporale»; si può «durare» a lungo, relativamente, e non «fare epoca»; le forze di vischiosità di certi regimi sono spesso insospettate, specialmente se essi sono «forti» della altrui debolezza, anche procurata: a questo
Il parlamentarismo «nero» pare un argomento da svolgere con certa ampiezza, anche perché porge l’occasione di precisare i concetti politici che costituiscono la concezione «parlamentare». I raffronti con altri paesi, a questo riguardo, sono interessanti: per esempio, la liquidazione di Leone Davidovi non è un episodio della liquidazione «anche» del parlamento «nero» che sussisteva dopo l’abolizione del parlamento «legale»?
Fatto reale e fatto legale. Sistema di forze in equilibrio instabile che nel terreno parlamentare trovano il terreno «legale» del loro equilibrio «più economico» e abolizione di questo terreno legale, perché diventa fonte di organizzazione e di risveglio di forze sociali latenti e sonnecchianti; quindi questa abolizione è sintomo (o previsione) di intensificarsi delle lotte e non viceversa. Quando una lotta può comporsi legalmente, essa non è certo pericolosa: diventa tale appunto quando l’equilibrio legale è riconosciuto impossibile. (Ciò che non significa che abolendo il barometro si abolisca il cattivo tempo).
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