Non è mai esistita una coscienza, tra le classi intellettuali e dirigenti, che esista un nesso tra questi problemi, nesso di coordinazione e di subordinazione. Nessuno ha mai presentato questi problemi come un insieme collegato e coerente, ma ognuno di essi si è ripresentato periodicamente a seconda di interessi polemici immediati, non sempre chiaramente espressi, senza volontà di approfondimento; la trattazione ne è stata perciò fatta in forma astrattamente culturale, intellettualistica, senza prospettiva storica esatta e pertanto senza che se ne prospettasse una soluzione politico-sociale concreta e coerente. Quando si dice che non è mai esistita una coscienza dell’unità organica di tali problemi occorre intendersi: forse è vero che non si è avuto il coraggio di impostare esaurientemente la quistione, perché da una tale impostazione rigorosamente critica e consequenziaria si te
Ecco il «catalogo» delle più significative quistioni da esaminate ed analizzare: 1) «Perché la letteratura italiana non è popolare in Italia?» (per usare l’espressione di Ruggero Bonghi); 2) esiste un teatro italiano? polemica impostata da Ferdinando Martini e che va collegata con l’altra sulla maggiore o minore vitalità del teatro dialettale e di quello in lingua; 3) quistione della lingua nazionale, così come fu impostata da Alessandro Manzoni; 4) se sia esistito un romanticismo italiano; 5) è necessario provocare in Italia una riforma religiosa come quella protestante? cioè l’assenza di lotte religiose vaste e profonde determinata dall’essere stata in Italia la sede del papato quando fermentarono
Una delle ragioni per cui tali problemi non sono stati trattati esplicitamente e criticamente è da trovarsi nel pregiudizio rettorico (d’origine letteraria) che la nazione italiana sia sempre esistita da Roma antica ad oggi e su alcuni altri idoli e borie intellettuali che se furono «utili» politicamente nel periodo della lotta nazionale, come motivo per entusiasmare e concentrare le forze, sono inette criticamente e, in ultima istanza, diventano un elemento di debolezza, perché non permettono di apprezzare giustamente lo sforzo compiuto dalle generazioni che realmente lottarono per costituire l’Italia moderna e perché inducono a una sorta di fatalismo e di aspettazione passiva di un avvenire che sarebbe predeterminato completamente dal passato. Altre volte questi problemi sono mal posti per l’influsso di concetti estetici di origine crociana, specialmente quelli concernenti il così detto «moralismo» nell’arte, il «contenuto» estrinseco all’arte, la storia della cultura da non confondersi con la storia dell’arte ecc. Non si riesce a intendere concretamente che l’arte è sempre legata a una determinata cultura o civiltà, e che lottando per riformare la cultura si giunge a modificare il «contenuto» dell’arte, si lavora a
Connessione del «futurismo» col fatto che alcune di tali quistioni sono state mal poste e non risolute, specialmente il futurismo nella forma più intelligente datagli dai gruppi fiorentini di «Lacerba» e della «Voce», col loro «romanti
Anche la letteratura regionale è stata essenzialmente folcloristica e pittoresca: il popolo «regionale» era visto «paternalisticamente», dall’esterno, con spirito disincantato, cosmopolitico, da turisti in cerca di sensazioni forti e originali per la loro crudezza. Agli scrittori italiani ha proprio nuociuto l’«apoliticismo» intimo, verniciato di rettorica nazionale verbosa. Da questo punto di vista sono stati più simpatici Enrico Corradini e il Pascoli, col loro nazionalismo confessato e militante, in quanto cercarono risolvere il dualismo letterario tradizionale tra popolo e nazione, sebbene siano caduti in altre forme di rettorica e di oratoria.
Scrive ancora il Sorani: «Un lato non trascurabile della persistenza di questa letteratura popolare ... è offerto dalla passione del pubblico. Specialmente il grosso pubblico francese, quel pubblico che taluno crede il più smaliziato, critico e
«A differenza del pubblico francese, quello inglese o americano s’è riversato sul romanzo di avventure storiche (e i francesi no?!) o su quello di avventure poliziesche ecc. (luoghi comuni sui caratteri nazionali)».
«Quanto all’Italia credo che ci si potrebbe domandare
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L’«ammirazione» del Ferrero non è altro che una metafora e un «nome collettivo» per indicare il complesso sistema di rapporti, la forma di contatto tra una nazione e i suoi scrittori. Oggi questo contatto manca, cioè la letteratura non è nazionale perché non è popolare. Paradosso del tempo attuale. Inoltre non c’è una gerarchia nel mondo letterario, cioè manca una personalità eminente che eserciti una egemonia culturale. Quistione del perché e del come una letteratura sia popolare. La «bellezza» non basta: ci vuole un determinato contenuto intellettuale e morale che sia l’espressione elaborata e compiuta delle aspirazioni più profonde di un determinato pubblico, cioè della nazione-popolo in una certa fase del suo sviluppo storico. La letteratura deve essere nello stesso tempo elemento attuale di civiltà e opera d’arte, altrimenti alla letteratura d’arte viene preferita la letteratura d’appendice che, a modo suo, è un elemento attuale di cultura, di una cultura degradata quanto si vuole ma sentita vivamente.
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Ma il problema più interessante è questo: perché i giornali italiani del 1930, se vogliono diffondersi (o mantenersi) devono pubblicare i romanzi d’appendice di un secolo fa
Sono da vedere gli articoli di Umberto Fracchia nell’«Italia Letteraria» del luglio 1930 e la
Cosa significa il fatto che il popolo italiano legge di preferenza gli scrittori stranieri? Significa che esso
In Italia è sempre mancata e continua a mancare una letteratura nazionale-popolare, narrativa e d’altro genere. (Nella poesia sono mancati i tipi come Béranger e in genere il tipo dello
In assenza di una sua letteratura «moderna», alcuni strati del popolo minuto soddisfano in vari modi le esigenze intellettuali e artistiche che pur esistono, sia pure in forma elementare ed incondita: diffusione del romanzo cavalleresco medioevale –
I laici hanno fallito al loro compito storico di educatori ed elaboratori della intellettualità e della coscienza morale del popolo-nazione, non hanno saputo dare una soddisfazione alle esigenze intellettuali del popolo: proprio per non
Ognuno di questi tipi ha poi diversi aspetti nazionali (in America il romanzo d’avventure è l’epopea dei pionieri ecc.). Si può osservare come nella produzione d’insieme di ogni paese sia implicito un sentimento nazionalistico, non espresso retoricamente, ma abilmente insinuato nel racconto. Nel Verne e nei francesi il sentimento antinglese, legato alla perdita delle colonie e al bruciore delle sconfitte marittime è vivissimo: nel romanzo geografico d’avventure i francesi non si scontrano coi tedeschi, ma con gli inglesi. Ma il sentimento antinglese è vivo anche nel romanzo storico e persino in quello sentimentale (per es. George Sand). (Reazione per la guerra dei cento anni e l’assassinio di Giovanna D’Arco e per la fine di Napoleone).
In Italia nessuno di questi tipi ha avuto scrittori (numerosi) di qualche rilievo (non rilievo letterario, ma valore «commerciale», di invenzione, di costruzione ingegnosa di intrighi, macchinosi sì ma elaborati con una certa razionalità). Neanche il romanzo poliziesco, che ha avuto tanta fortuna internazionale (e finanziaria per gli autori e gli editori) ha avuto scrittori in Italia; eppure molti romanzi, specialmente storici, hanno preso per argomento l’Italia e le vicende storiche delle sue città, regioni, istituzioni, uomini. Così la storia veneziana, con le sue organizzazioni politiche, giudiziarie, poliziesche, ha dato e continua a dare argomento ai romanzieri popolari di tutti i paesi, eccetto l’Italia. Una certa fortuna ha avuto in Italia la letteratura popolare sulla vita dei briganti, ma la produzione è di valore bassissimo.
L’ultimo e più recente tipo di libro popolare è la vita romanzata, che in ogni modo rappresenta un tentativo inconsapevole di soddisfare le esigenze culturali di alcuni strati popolari più smaliziati culturalmente, che non si accontentano della storia tipo Dumas. Anche questa letteratura
È da notare che alcuni dei tipi di romanzo popolare su elencati hanno una corrispondenza nel teatro e oggi nel cinematografo. Nel teatro la fortuna considerevole di D. Niccodemi è certo dovuta a ciò: che egli ha saputo drammatizzare spunti e motivi eminentemente legati all’ideologia popolare; così in
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Nel «Marzocco» del 17 novembre 1929 è pubblicata una nota di Gaio (Adolfo Orvieto), molto significativa:
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Sarebbe interessante vedere la nazio
Un certo numero di romanzi popolari hanno pubblicato Edoardo Perino e più recentemente il Nerbini, tutti a sfondo anticlericale e legati alla tradizione guerrazziana. (È inutile ricordare il Salani, scrittore editore popolare per eccellenza). Occorrerebbe compilare una lista degli editori popolari.
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Qualche cosa di simile si può dire delle avventure poliziesche, per es. di Conan Doyle; per il tempo erano eccitan
Nel «Marzocco» del 19 febbraio 1928, Adolfo Faggi (
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L’attività «giudiziaria» ha sempre interessato e continua a interessare: l’atteggiamento del sentimento pubblico verso l’apparato della giustizia (sempre screditato e quindi fortuna del poliziotto privato o dilettante) e verso il delinquente è mutato spesso o almeno si è colorito in vario modo. Il grande delinquente è stato spesso rappresentato superiore all’apparato giudiziario, addirittura come il rappresentante della «vera» giustizia: influsso del romanticismo,
Il tipo di Javert dei
Non è vero che gli Inglesi nel romanzo «giudiziario» rappresentano la «difesa della legge», mentre i Francesi rappresentano l’esaltazione del delinquente. Si tratta di un passaggio «culturale» dovuto al fatto che questa letteratura si diffonde anche in certi strati colti. Ricordare che il Sue, molto letto dai democratici delle classi medie, ha escogitato tutto un sistema di repressione della delinquenza professionale.
In questa letteratura poliziesca si sono sempre avute due correnti: una meccanica – d’intrigo – l’altra artistica: Chesterton oggi è
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2) È da vedere l’articolo di Aldo Sorani
Il Sorani schizza un quadro della inaudita fortuna del romanzo poliziesco in tutti gli ordini della società e cerca di identificarne l’origine psicologica: sarebbe una manifestazione di rivolta contro la meccanicità e la standardizzazione della vita moderna, un modo di evadere dal tritume quotidiano. Ma questa spiegazione si può applicare a tutte le forme della letteratura, popolare o d’arte: dal poema cavalleresco (Don Chisciotte non cerca di evadere anch’egli, anche praticamente, dal tritume e dalla standardizzazione della vi
Il problema: perché è diffusa la letteratura poliziesca? è un aspetto particolare del problema più generale: perché è diffusa la letteratura non-artistica? Per ragioni pratiche e culturali (politiche e morali), indubbiamente: e questa risposta generica è la più precisa, nei suoi limiti approssimativi. Ma anche la letteratura artistica non si diffonde anch’essa per ragioni pratiche e politico-morali e solo mediatamente per ragioni di gusto artistico, di ricerca e godimento della bellezza? In realtà si legge un libro per impulsi pratici (e occorre ricercare perché certi impulsi si generalizzino più di altri) e si rilegge per ragioni artistiche. L’emozione estetica non è quasi mai
La quistione è questa: che il Burzio non tiene conto del fatto che c’è sempre stata una gran parte di umanità la cui attività è sempre stata taylorizzata e ferreamente disciplinata e che essa ha cercato di evadere dai limiti angusti dell’organizzazione esistente che la schiacciava, con la fantasia e col sogno. La più grande avventura, la più grande «utopia» che l’umanità ha creato collettivamente, la religione, non è un modo di evadere dal «mondo terreno»? E non è in questo senso che Balzac parla del lotto come di oppio della miseria, frase ripresa poi da altri? (Cfr. nel quaderno 1°
La giustificazione del Sorani e del Burzio vale anche a spiegare il tifo sportivo, cioè spiega troppo e quindi nulla. Il fenomeno è vecchio almeno come la religione, ed è poliedrico, non unilaterale: ha anche un aspetto positivo, cioè il desiderio di «educarsi» conoscendo un modo di vita che si ritiene superiore al proprio, il desiderio di innalzare la propria personalità proponendosi modelli ideali (cfr. lo spunto sull’origine popolaresca del superuomo negli
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Per questo stesso argomento è da vedere: 1) Mario Praz: