Anche il pensiero e la scienza moderna danno continuamente nuovi elementi al «folclore moderno», in quanto certe nozioni scientifiche e certe opinioni, avulse dal loro complesso e più o meno sfigurate, cadono continuamente nel dominio popolare e sono «inserite» nel mosaico della tradizione (la
Certo esiste una «religione di popolo», specialmente nei paesi cattolici e ortodossi, molto diversa da quella degli intellettuali (che siano religiosi) e specialmente da quella organicamente sistemata dalla gerarchia ecclesiastica – sebbene si possa sostenere che tutte le religioni, anche le più dirozzate e raffinate, siano «folclore» in rapporto al pensiero moderno, con la capitale differenza che le religioni e quella
Il Ciampini trova molto giusta la necessità sostenuta dal Crocioni che il folclore sia insegnato nelle scuole dove si preparano i futuri insegnanti, ma poi nega che possa porsi la quistione della utilità del folclore (c’è indubbiamente confusione tra «scienza del folclore», «conoscenza del folclore» e «folclore» cioè «esistenza del folclore»; pare che il Ciampini qui voglia proprio dire «esistenza del folclore» così che l’insegnante non dovrebbe combattere la concezione tolemaica, che è propria del folclore). Per il Ciampini il folclore (?) è fine a se stesso o ha la sola utilità di offrire a un popolo gli elementi per una più profonda conoscenza di se stesso (qui folclore dovrebbe significare «conoscenza
§
Per comprendere ciò occorre, mi pare, distinguere alcune delle espressioni che tradizionalmente ha assunto il «diritto naturale»:
1) La espressione cattolica, contro la quale gli attuali polemisti non hanno il coraggio di prendere una netta posizione, sebbene il concetto di «diritto naturale» sia essenziale ed integrante della dottrina sociale e politica cattolica. Sarebbe interessante ricordare lo stretto rapporto che esiste tra la religione cattolica, così come è stata intesa sempre dalle grandi masse e gli «immortali principii dell’89». I cattolici stessi della gerarchia ammettono questo rapporto quando affermano che la rivoluzione francese è stata una «eresia» o che da essa si è iniziata una nuova eresia, riconoscono cioè che allora è avvenuta una scissione nella stessa fondamentale mentalità e concezione del mondo e della vita: d’altronde solo così si può spiegare la storia religiosa della Rivoluzione francese, ché sarebbe altrimenti inesplicabile l’adesione in massa alle nuove idee e alla politica rivoluzionaria dei giacobini contro il clero, di una popolazione che era certo ancora profondamente religiosa e cattolica. Per ciò si può dire che concettualmente non i principii della Rivoluzione francese superano la religione, poiché appartengono alla sua stessa sfera mentale, ma i principii che sono superiori storica
2) La espressione di diversi gruppi intellettuali, di diverse tendenze politico-giuridiche, che è quella sulla quale si è svolta finora la polemica scientifica sul «diritto naturale». A questo proposito la quistione è stata risolta fondamentalmente dal Croce, col riconoscimento che si è trattato di correnti politiche e pubblicistiche, che avevano il loro significato e la loro importanza in quanto esprimevano esigenze reali nella forma dogmatica e sistematica della così detta scienza del diritto (cfr. la trattazione del Croce). Contro questa
3) La polemica in realtà mira ad infrenare l’influsso che specialmente sui giovani intellettuali potrebbero avere (e hanno realmente) le correnti popolari del «diritto naturale», cioè quell’insieme di opinioni e di credenze sui «proprii» diritti che circolano ininterrottamente nelle masse popolari, che si rinnovano di continuo sotto la spinta delle condizioni reali di vita e dello spontaneo confronto tra il modo di essere dei diversi ceti. La religione ha molto influsso su queste correnti, la religione in tutti i sensi, da quella come è realmente sentita e attuata a quella quale è organizzata e sistematizzata dalla gerarchia, che non può rinunziare al concetto di diritto popolare. Ma su queste correnti influiscono, per meati intellettuali incontrollabili e