§ Registro dei principali «documenti», in cui si trovano le principali «bizzarrie» di Achille Loria. (Ricordati a memoria: esiste ora la
1)
2) Una conferenza tenuta a Torino durante la guerra e pubblicata subito dopo nella «Nuova Antologia» (nella
3) Articolo
4) La prefazione alla 1a edizione di una delle prime opere «scientifiche» del Loria, in cui il Loria parla della sua prolusione all’Università di Siena, e della impressione suscitata nel pubblico accademico dall’esposizione delle sue «originali» dottrine materialistiche: vi si trova accennata la sua teoria della connessione tra «misticismo» e «sifilide» (per «misticismo» il Loria intende tutti gli atteggiamenti che non siano «positivistici» o materialistici in senso volgare). Su tale argomento, nella
5)
Ricca di elementi comici è la poesia
A proposito delle osservazioni del Croce sulla dottrina loriana dei «servi a spasso» e della sua importanza nella sociologia loriana è da ricordare un capocronaca della «Gazzetta del Popolo» del ’18 o anni successivi (prima del ’21), in cui il Loria parla degli intellettuali come di quelli che tengono dritta la «scala d’oro» sulla quale sale il popolo, con avvertimenti al popolo di tenersi buoni questi intellettuali ecc. ecc.
Loria non è un caso teratologico individuale: è invece l’esemplare più compiuto e finito di una serie di rappresentanti di un certo strato intellettuale di un determinato periodo storico; in generale di quello strato di intellettuali positivisti che si occuparono della quistione operaia e che erano più o meno convinti di approfondire e rivedere e superare la filosofia della prassi. Ma è da notare che ogni periodo ha il suo lorianismo più o meno compiuto e perfetto e ogni paese ha il suo: l’hitlerismo ha mostrato che in Germania covava, sotto l’apparente dominio di un gruppo intellettuale serio, un lorianismo mostruoso che ha rotto la crosta ufficiale e si è diffuso come concezione e metodo scientifico di una nuova «ufficialità». Che Loria potesse esistere, scrivere, elucu
Solo oggi (1935), dopo le manifestazioni di brutalità e d’ignominia inaudita della «cultura» tedesca dominata dall’hitlerismo, qualche intellettuale si è accorto di quanto fosse fragile la civiltà moderna – in tutte le sue espressioni contradditorie, ma necessarie nella loro contraddizione – che ha aveva preso le mosse dal primo rinascimento (dopo il Mille) e si era imposta come dominante attraverso la Rivoluzione francese e il movimento d’idee conosciuto come «filosofia classica tedesca» e come «economia classica inglese». Perciò la critica appassionata di intellettuali come Giorgio Sorel, come Spengler ecc., che riempiono la vita culturale di gas asfissianti e sterilizzanti.
§ Col Loria occorre esaminare Enrico Ferri e Lumbroso. Arturo Labriola. Lo stesso Turati potrebbe dare una certa messe di osservazioni e aneddoti. Luzzati, in altro campo, è da vedere. Guglielmo Ferrero. Corrado Barbagallo (nel Barbagallo le manifestazioni «loriane» sono forse più occasionali ed episodiche: pure il suo scritto sul capitalismo antico pubblicato nella «Nuova Rivista Storica» del 1929 è estremamente sintomatico; con la postilla un po’ comica che segue all’articolo del prof. G. Sanna). Molti documenti del «lorianesimo» in senso largo si possono trovare nella «Critica», nella «Voce» e nell’«Unità» fiorentina.
§ Nelle lettere di G. Sorel a B. Croce si può spigolare più di un elemento di lorianesimo nella produzione letteraria dei sindacalisti italiani. Il Sorel afferma, per esempio, che nella tesi di laurea di Arturo Labriola si scrive come se il Labriola credesse che il
§
Questi elementi generici e vagabondi del «lorianismo» potrebbero servire per rendere piacevole l’argomento. Si potrebbe ricordare come caso limite e assurdo perché già appartenente alla tecnica clinica-patologica, la candidatura del Lenzi al IV collegio di Torino nel 1914, con l’«aereo cigno», il «filopresentaneismo» e la proposta di radere le montagne italiane, ingombranti, per trasportarne il materiale in Libia e fertilizzare così il deserto (mi pare però che anche il Kropotkin, nella
Il caso del Lumbroso è molto interessante, perché suo padre (Giacomo) era un erudito di gran marca; ma la metodologia dell’erudizione (e la serietà scientifica), a quanto pare non si trasmette per generazione e neppure per il contatto intellettuale il più assiduo. C’è da domandarsi, nel caso Lumbroso, come i suoi due ponderosi volumi sulle
§
§ Ricordare il volume sulla
§
§
Queste osservazioni riconducono alla quistione della «utilità» o meno di una esposizione del lorianismo. A parte il fatto di un giudizio «spassionato» dell’opera complessiva del Loria e dell’apparente «ingiustizia» di mettere in rilievo solo le manifestazioni strampalate del suo ingegno, rimane, per giustificare queste notazioni, una serie di ragioni. Gli «autodidatti» specialmente sono inclini, per l’as
Ricordare alcuni episodi tipici: l’Interplanetaria del 1916-17 di Rab.; l’episodio del «moto perpetuo» nel 1925, mi pare; figure come Pozzoni di Como e altri, che risolvevano tutto partendo dall’affitto della casa ecc. (Del resto, un episodio clamoroso è stato quello della «Baronata» che ha offerto uno spunto al
§
§
§
§
§
§
«L’Italiano, temperamento asistematico, geniale, creatore, avverso alle razionalizzazioni, non può adattarsi a quella metodicità della fabbrica, in cui solo è riposto il rendimento del lavoro in serie. Che anzi, l’orario di lavoro diviene per lui puramente nominale per lo scarso rendimento ch’egli dà in un lavoro sistematico. Spirito eminentemente musicale, l’Italiano può accompagnarsi col solfeggio nel lavoro libero, attingendo da tale ricreazione nuove forze ed ispirazioni. Mente aperta, carattere vivace, cuore generoso, portato nella bottega... l’Italiano può esplicare le proprie virtù creative a cui, del resto, si appoggia tutta l’economia della bottega. Sobrio come nessun altro popolo, l’Italiano sa attingere, nella indipendenza della vita di bottega, qualunque sacrifizio o privazione per far fronte alle necessità dell’arte, men
Nel piano intellettuale e culturale il libro del Fanelli corrisponde all’attività letteraria di certi poeti di provincia che ancora continuano a scrivere continuazioni, in ottava rima, della
Che l’operaio italiano (come media) dia una produzione relativamente scarsa può essere vero: ma ciò dipende da ciò che in Italia l’industrialismo, abusando della massa crescente di disoccupati (che l’emigrazione solo in parte riusciva ad assorbire) è stato sempre un industrialismo di rapina, che ha speculato sui bassi salari e ha trascurato lo sviluppo tecnico; la proverbiale «sobrietà» degli italiani è solo una metafora per significare che non esiste un tenore di vita adeguato al consumo di energia domandato dal lavoro di fabbrica (quindi anche bassi rendimenti).
L’«Italiano» tipo, presentato dal Fanelli è coreografico e falso per ogni rispetto: nell’ordine intellettuale sono gli italiani che hanno creato l’«erudizione» e il paziente lavoro d’archivio: il Muratori, il Tiraboschi, il Baronio ecc. erano italiani e non tedeschi; la «fabbrica» come grande manifat
Il libro del Fanelli eccelle per il lorianismo: ma può essere esaminato in altre rubriche: «Americanismo» e «Passato e Presente».
§
Lo Zuccolo ha scritto un’«Utopia» vera e propria,