§ Se si vuole studiare una concezione del mondo che non è stata mai dall’autore-pensatore esposta sistematicamente, occorre fare un lavoro minuzioso e condotto col massimo scrupolo di esattezza e di onestà scientifica. Occorre seguire, prima di tutto, il processo di sviluppo intellettuale del pensatore, per ricostruirlo secondo gli elementi divenuti stabili e permanenti, cioè che sono stati realmente assunti dall’autore come pensiero proprio, diverso e superiore al «materiale» precedentemente studiato e per il quale egli può aver avuto, in certi momenti, simpatia, fino ad averlo accettato provvisoriamente ed essersene servito per il suo lavoro critico o di ricostruzione storica o scientifica. Questa avvertenza è essenziale appunto quando si tratta di un pensatore non sistematico, quando si tratta di una personalità nella quale l’attività teorica e l’attività pratica sono intrecciate indissolubilmente, di un intelletto pertanto in continua creazione e in perpetuo movimento. Quindi: 1°
Questa ricerca originale deve essere il fondamento del lavoro. Inoltre, fra le opere dello stesso autore, bisogna distinguere quelle che egli ha condotto a termine e ha pubblicato, da quelle inedite, perché non compiute. Il contenuto di queste deve essere assunto con molta discrezione e cautela: esso deve essere ritenuto non definitivo, per lo meno in quella data forma; esso deve essere ritenuto materiale ancora in elaborazione, ancora provvisorio.
Nel caso di Marx l’opera letteraria può essere distinta in queste categorie: 1) opere pubblicate sotto la responsabilità diretta dell’autore: tra queste devono essere considerate, in linea generale, non solo
L’una e l’altra categoria devono essere sezionate per periodi cronologico-critici in modo da poter stabilire confronti validi e non puramente meccanici ed arbitrari.
Anche il lavoro di elaborazione fatto dall’autore del materiale delle opere poi da lui stampate, dovrebbe essere studiato e analizzato: per lo meno darebbe, questo studio, degli indizi per valutare criticamente l’attendibilità delle redazioni compilate da altri delle opere inedite. Quanto più il materiale preparatorio delle opere edite si allontana dal testo definitivo redatto dallo stesso autore, e tanto meno è attendibile la redazione di altro scrittore di un materiale dello stesso tipo. Infatti un’opera non può mai essere identificata col materiale bruto raccolto per la sua compilazione: la scelta, la disposizione degli elementi, il peso maggiore o minore dato a questo o a quello degli elementi raccolti nel periodo preparatorio, sono appunto ciò che costituisce l’opera effettiva.
Anche lo studio dell’epistolario deve esser fatto con certe cautele: un’affermazione recisa fatta in una lettera non sarebbe forse ripetuta in un libro. La vivacità stilistica delle lettere, se spesso è artisticamente più efficace dello stile più misurato e ponderato di un libro, qualche volta porta a deficienze di dimostrazione: nelle lettere, come nei discorsi, come nelle conversazioni si verificano più spesso
Solo in seconda linea, nello studio di un pensiero originale e personale, viene il contributo
Conseguono da ciò parecchie avvertenze di metodo e alcune indicazioni per ricerche collaterali. Che valore ha il libro di Mondolfo sul
§
§
Per gli idealisti: vedere quali elementi del marxismo sono stati assorbiti «esplicitamente», cioè confessatamente. Per esempio, il materialismo storico come canone empirico di ricerca storica del Croce, che ha introdotto questo suo concetto nella cultura moderna, anche fra i cattolici (cfr. Olgiati) in Italia e all’estero, il valore delle ideologie ecc.; ma la parte più difficile e delicata è la ricerca degli assorbimenti «impliciti», non confessati, avvenuti perché appunto il marxismo è stato un momento della cultura, una atmosfera diffusa, che ha modificato i vecchi modi di pensare per azioni e reazioni non apparenti o non immediate. Lo studio del Sorel può dare molti indizi a questo proposito. Bisognerebbe però studiare specialmente la filosofia del Bergson e il pragmatismo per vedere in quanto certe loro posizioni sarebbero inconcepibili senza l’anello storico del marxismo; così per il Croce e Gentile ecc.
Un altro aspetto della quistione è l’insegnamento pratico che il marxismo ha dato agli stessi partiti che lo combat
L’altro aspetto della quistione è ancor più interessante. Perché anche i marxisti ufficiali hanno «combinato» il marxismo con una filosofia non marxista? Cfr. R. Luxemburg in volumetto su Marx. Nel campo filosofico mi pare che la ragione storica sia da ricercare nel fatto che il marxismo ha dovuto allearsi con tendenze estranee per combattere i residui del mondo precapitalistico nelle masse popolari, specialmente nel terreno religioso. Osservazione di Sorel a proposito di Clemenceau e il marxismo nella lettera a Missiroli. Il marxismo aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro forma più raffinata e rischiarare le masse popolari, la cui cultura era medioevale. Questo secondo compito, che era fondamentale, ha assorbito tutte le forze, non solo «quantitativamente», ma «qualitativamente»; per ragioni «didattiche» il marxismo si è confuso con una forma di cultura un po’ superiore alla mentalità popolare, ma inadeguata per combattere le altre ideologie delle classi colte, mentre il marxismo originario Feuerbach e allo spiritualismo della destra hegeliana. Marx nella sua giovinezza ha rivissuto tutta questa esperienza: hegeliano, materialista feuerbacchiano, marxista, cioè ha rifatto l’unità distrutta in una nuova costruzione filosofica: già nelle tesi su Feuerbach appare nettamente questa sua nuova costruzione, questa sua nuova filosofia. Molti materialisti storici hanno rifatto per Marx ciò che era stato fatto per Hegel, cioè dall’unità dialettica sono ritornati al materialismo crudo, mentre, come detto, l’alta cultura moderna, idealista volgare, ha cercato di incorporare ciò che
Molti tentativi ereticali sono tentativi di riforme puramente spiritualiste della religione: ma il dualismo natura-spirito serve molto bene alla chiesa per mantenersi legata al popolo e nello stesso tempo permettere una certa selezione aristocratica (platonismo e aristotelismo nella religione cattolica).
Nella storia degli sviluppi culturali, bisogna tener molto conto dell’organizzazione della cultura e del personale che la esprime. Cfr. atteggiamento di Erasmo verso la Riforma (vedi articolo di De Ruggiero in «Nuova Italia» e suo libro sulla Riforma) e di altri intellettuali: essi piegano dinanzi alle persecuzioni e ai roghi: il portatore storico della Riforma è il popolo tedesco, non gli intellettuali. Ma questa «vigliaccheria» degli intellettuali spiega la «sterilità» della Riforma nell’alta cultura, finché dalle classi popolari riformate non si
§
§
ripetendo riassumendo più o meno bene le caratteristiche di un determinato ambiente sociale significa non sfiorare la quistione artistica. Questo può anche essere utile, lo è anzi certamente, ma in un campo diverso: rientra nella critica del costume, nella lotta per distruggere certe correnti di sentimenti e credenze e punti di vista, per crearne e suscitarne delle altre: ma non è critica artistica e non si può presentare come tale. È lotta per una nuova cultura. In un certo senso quindi è anche critica artistica, perché dalla nuova cultura nascerà una nuova arte e forse in questo senso, nella storia italiana, bisogna intendere il rapporto De Sanctis – Croce e le polemiche sul contenuto e sulla forma. La critica del De Sanctis è militante, non è frigidamente estetica: è propria di un periodo di lotta culturale; le analisi del contenuto, la critica della «struttura» delle opere, cioè anche della coerenza logica e storica-attuale delle masse di sentimenti rappresentati sono legate a questa lotta culturale: in ciò mi pare consista la profonda umanità e l’umanesimo del De Sanctis che lo rende simpatico anche oggi; piace sentire in lui il fervore appassionato dell’uomo di parte, che ha saldi convincimenti morali e politici e non li nasconde e non tenta neanche di nasconderli. Il Croce riesce, data la sua molteplice attività, a distinguere questi diversi aspetti che nel De Sanctis erano uniti e fusi. Nel Croce si sente la stessa cultura del De Sanctis, ma nel periodo della sua espansione e del suo trionfo: è lotta per un raffinamento della cultura, non per il suo diritto di vivere; la passione e il fervore romantici si sono composti nella serenità superiore e nell’indulgenza
Insomma il tipo di critica letteraria propria del materialismo storico è offerto dal De Sanctis, non dal Croce o da chiunque altro (meno che mai dal Carducci): lotta per la cultura, cioè, nuovo umanesimo, critica del costume e dei sentimenti, fervore appassionato, sia pure sotto forma di sarcasmo.
Alla fase De Sanctis ha corrisposto nel periodo più recente la fase della «Voce»: si capisce su un piano subalterno. Il De Sanctis lottava per la creazione, ex-nuovo in Italia, di una alta cultura nazionale, in opposizione ai vecchiumi di vario genere, retorica e gesuitismo: la «Voce» lottava piuttosto per la divulgazione in uno strato intermedio di quella stessa cultura, lottava contro il provincialismo, ecc. ecc. Tuttavia ebbe una funzione; lavorò nella sostanza e suscitò degli artisti (naturalmente nella misura in cui gli artisti si suscitano: aiutò qualcuno a ritrovare se stesso, a svilupparsi, suscitò bisogno di interiorità e di espressione di essa ecc.). Questo problema trova un riscontro per assurdo nell’articolo di Alfredo Gargiulo
§ dell' che l’Ardigò aveva egli stesso ordinato e disposto per la pubblicazione. Sono interessanti per la biografia dell’Ardigò e per stabilire
L’Ardigò era un tiepido democratico e nel luglio 1884 scriveva al Luzio che «nulla mi impedirebbe di assentire» alla proposta fattagli di entrare nella lista moderata per le elezioni comunali di Mantova. Scrive anche di credere il Luzio «più radicale di molti sedicenti democratici... Molti si chiamano democratici e non sono che arruffoni sciocchi...». Nel giugno-agosto 1883 si serviva però del giornale socialista di Imola «Il Moto» per rispondere a una serie di articoli anonimi della liberale «Gazzetta dell’Emilia» di Bologna in cui si sosteneva che l’Ardigò era un liberale di fresca data e lo si sfotteva abbastanza brillantemente se pure con molta malafede polemica. «Il Moto» naturalmente difende l’Ardigò a spada tratta e lo esalta, senza che l’Ardigò cerchi di distinguersi.
Tra i pensieri, abbastanza triti e banali, spicca quello sul
L’animale non vive, se non ha il suo nutrimento. E può procurarselo, perché in lui nasce il sentimento della fame, che lo porta a cer
La forza, onde è, e agisce l’animale, è quella della natura, che lo investe e lo sforza ad agire in sensi moltiformi, trasformandosi variamente nel suo organismo. Poniamo che sia la luce del sole, alla quale si dovrebbe ridurre la concezione materialistica della storia, anziché alla ragione economica. Alla luce del sole, intesa in modo, che anche ad essa si possa riferire il fatto della idealità impulsiva dell’uomo». (Fine).
Il brano pare sia stato pubblicato nel «Giornale d’Italia», numero unico a beneficio della Croce Rossa, gennaio 1915; è interessante non solo come documento che l’Ardigò non
§
La innovazione fondamentale introdotta da Marx nella scienza politica e storica in confronto del Machiavelli è la dimostrazione che
L’importanza storica e intellettuale delle scoperte del Machiavelli si può misurare dal fatto che esse sono ancora discusse e contraddette ancora al
§
§
§
§ storico filosofico; ma, in tal caso, cosa sarebbe il
Non è neanche giustificato il nesso
Tutti questi problemi sono problemi «teorici», non quelli che l’autore del saggio pone come tali. Le quistioni che egli pone sono quistioni di ordine immediato, politico, ideologico, intesa l’«ideologia» come una fase intermedia tra la teoria generale e la pratica immediata o politica. Sono riflessioni su fatti singoli storico-politici, slegati e casuali. Una quistione «teorica» si presenta all’autore fin dall’inizio, quando parla di quella tendenza che nega la possibilità di costruire una «sociologia» marxista e sostiene che il marxismo può esprimersi solo in lavori storici concreti. L’obbiezione, che è importantissima, non è risolta dall’autore che
Il non aver posto la quistione della «teoria» impedisce anche una giusta posizione della quistione: che cosa è la religione, e un apprezzamento delle filosofie passate che sono diventano tutte delirio e follia. Si cade nel dogmatismo, ecc. ecc. (Studiare bene la quistione della «sociologia» e dei suoi rapporti col marxismo). Cfr. p. 58.
§
§
Il punto che più interessa di esaminare è quello delle «ideologie» e del loro valore: rilevare le contraddizioni in cui il Croce cade a questo proposito. Nel volumetto
Questo argomento del valore concreto delle superstrutture in Marx dovrebbe essere bene studiato. Ricordare il concetto di Sorel del «blocco storico». Se gli uomini prendono coscienza del loro compito nel terreno delle superstrutture, ciò significa che tra struttura e oltre che della struttura generale, è un elemento di attrazione sessuale. Semplice metafora perché mentre la storia registra mutamenti radicali di strutture sociali, nel regno animale si può parlare solo, caso mai, di lentissime evoluzioni.
§
La quistione della teleologia: il
§
Mi pare di aver notato altrove l’importanza che ha la
§
Il Croce nota che Marx ha spesso messo in rilievo l’importanza storica delle invenzioni tecniche e invocato una storia della tecnica (
§
Appare qui lo stesso pregiudizio contro il valore
§
Ragionare semplicisticamente. Esempi di questo ragionamento che, secondo l’opinione comune, è il modo di ragionare della grande maggioranza degli uomini (il sentimento o l’interesse immediato turbano il processo logico). Esempio del ragionamento di Babbitt sulle organizzazioni sindacali: «Una buona associazione operaia è una buona cosa perché impedisce i sindacati rivoluzionari che distruggerebbero la proprietà. Però nessuno dovrebbe essere costretto a entrare in una associazione. Tutti gli agitatori laburisti che tentano di costringere degli individui a entrare in una associazione dovrebbero essere impiccati. In breve, sia detto tra noi, bisognerebbe non permettere nessuna associazione; e poiché questa è la maniera migliore di combatterle ogni uomo d’affari dovrebbe appartenere a una associazione
Il ragionamento di Don Ferrante è impeccabile formalmente, ma errato nelle premesse di fatto e nella presunzione del ragionatore, onde nasce il senso umoristico.
Il modo di ragionare di
§
§
§ sono è un documento e una forza attiva attuale. Ma il concetto di
Queste osservazioni servono a far capire come l’elemento causale preso dalle scienze naturali per spiegare la storia sia un ritorno alla vecchia storiografia ideologica (idealistica o materialistica): quando si dice, come nel
Ma in realtà, questo è solo uno dei tanti elementi del
§
§
Il Croce – nel suo volume,
§
§
§
Il saggio riassu
Toglierò da questo saggio del Sorel solo qualche spunto, notandone, pro memoria, la grande importanza per comprendere il Sorel e il suo atteggiamento nel dopo guerra. (Mi pare che non si può comprendere il Sorel come figura di «intellettuale rivoluzionario» se non si pensa alla Francia di dopo il 70: il 70-71 videro in Francia due terribili disfatte: quella nazionale, che pesò sugli intellettuali borghesi e sugli uomini politici, creando dei tipi come Clemenceau, quintessenza del giacobinismo francese, e la disfatta del popolo parigino della Co
1°. Bernstein ha sostenuto (
2°. Pare che Marx non si sia mai potuto liberare completamente dall’idea hegeliana della storia, secondo la quale diverse ere si succedono nell’umanità, seguendo l’ordine di sviluppo dello spirito, che cerca di raggiungere la perfetta realizzazione della ragione universale. Alla dottrina del suo maestro egli aggiunge quella della lotta di classe: sebbene gli uomini non conoscano che le guerre sociali, nelle quali sono spinti dai loro antagonismi economici, essi cooperano inconsciamente a un’opera che il solo metafisico suppone. Questa ipotesi del Sorel è molto azzardata ed egli non la giustifica: ma evidentemente gli sta molto a cuore, sia per la sua esaltazione della Russia, sia per la sua previsione della funzione civile dell’Italia (è da segnalare, a proposito di questo avvicinamento Russia-Italia, l’atteggiamento di D’Annunzio in un tempo quasi coincidente: la pubblicazione – ma mi pare che non si tratti di una pubblicazione ma solo di manoscritto fatto circolare – è proprio della primavera del 1920: conobbe il Sorel questo atteggiamento del D’Annunzio? Il Missiroli solo potrebbe dare una risposta): secondo il Sorel, «Marx aveva una così grande fiducia nella subordinazione della storia alle leggi dello sviluppo dello spirito, che ha insegnato che, dopo la caduta del capitalismo, l’evoluzione verso il
3°. La quistione
4°. Su Proudhon: «
Gli scritti del Sorel del dopoguerra hanno una particolare importanza per la storia della cultura occidentale: il Sorel ascrive al pensiero di Proudhon tutta una serie di istituzioni e di atteggiamenti ideologici di questo periodo. Perché il Sorel ha potuto far questo? È assolutamente arbitrario questo suo modo di giudicare? E data la acutezza del Sorel come storico delle idee, che esclude, almeno in grande parte, una tale arbitrarietà, da quali esperienze culturali è partito il Sorel, e non è tutto ciò molto importante per un giudizio complessivo dell’opera soreliana? Da questo punto di vista occorre accostare al Sorel il De Man, ma sul verso il popolo
§
§ Passaggio dal
§
§
Come propagatore letterario dell’ideologia Destutt de Tracy (1754-1836) dei più illustri e popolari per la facilità della sua esposizione; Cabanis (oltre Condillac, Helvétius che sono più strettamente filosofi) col suo
Come «ideologia» da «scienza delle idee», da studio sull’origine delle idee, è passata a significare un «sistema di idee»? Logicamente il processo è facile da comprendere, ma come è avvenuto storicamente?
Vedere se il De Man (e Freud) non sia l’ultimo degli «ideologi» e come pertanto sia ancora più strano l’«entusiasmo» per lui di Croce e dei crociani, se non ci fosse una
§
Ancora, il giudizio deve adeguarsi ai fini che un’opera si propone: di creazione e riorganizzazione scientifica, o di divulgazione dei fatti ed argomenti noti in un determinato gruppo culturale, di un determinato livello culturale ecc.: esiste una «tecnica» della divulgazione e se non esiste occorre crearla; la divulgazione è un fatto strettamente pratico, in cui bisogna giudicare la conformità al fine dei mezzi (tecnica nel senso più generale) adoperati.
Ma anche la ricerca e il giudizio del fatto o dell’argomentazione «originale», ossia dell’«originalità» dei fatti (concetti – nessi di pensiero) e degli argomenti è molto difficile e complicata e domanda le più ampie cognizioni storiche. Cfr. il capitolo del
Si presentano i casi estremi: chi non trova che ci sia mai nulla di nuovo sotto il sole e che tutto il mondo è paese anche nel mondo delle idee e chi invece trova «originalità» a tutto spiano e pretende sia originale una rimasticatura per via della nuova saliva.
§
Per la quistione della «obbiettività» della conoscenza secondo il
§
L’errore in cui si cade spesso nella analisi storica consiste nel non saper trovare il rapporto tra il «permanente» e «l’occasionale», cadendo così
Questi criteri metodologici possono acquistare tutta la loro importanza solo se applicati all’esame di studi storici concreti. Si potrebbe farlo utilmente per gli avvenimenti che si svolsero in Francia dal 1789 al 1870. Mi pare che per maggior chiarezza dell’esposizione sia proprio necessario abbracciare tutto questo periodo. Infatti, solo nel 1870-71, col tentativo comunalistico, si esauriscono storicamente tutti i germi nati nel 1789: cioè non solo la nuova classe che lotta per il potere sconfigge i rappresentanti della vecchia società che non vuole confessarsi decisamente superata, ma sconfigge anche i rappresentanti dei gruppi nuovissimi che sostengono superata la nuova struttura sorta dal rivolgimento dell’89 e dimostra così di essere vitale e in confronto al vecchio e in confronto al nuovissimo.
D’altronde gli storici non sono molto concordi (ed è impossibile che lo siano) nel fissare i limiti di ciò che si suole chiamare «rivoluzione francese». Per alcuni (per es. il Salvemini) la Rivoluzione è compiuta a Valmy: la Francia ha creato un nuovo Stato e ha trovato la forza politico-militare che ne afferma e ne difende la sovranità territoriale. Per altri la Rivo
Un altro aspetto di questo stesso problema è la quistione così detta dei rapporti delle forze. Si legge spesso in queste narrazioni storiche l’espressione generica: «rapporto delle forze» favorevole o sfavorevole. Così, astrattamente, questa espressione non spiega nulla o quasi nulla: di solito si ripete il fatto che si deve spiegare, si fa una tautologia: l’errore teorico consiste nel dare un canone di ricerca e di interpretazione come «causa storica». Intanto nell’espressione «rapporto delle forze» occorre distinguere diversi momenti o gradi: mi pare se ne possano distinguere tre fondamentali:
1°) c’è un rapporto delle forze sociali strettamente legato alla struttura; questo è un rapporto obbiettivo, è un dato «naturalistico» che può essere misurato coi sistemi delle scienze esatte o matematiche. Sulla base del grado di sviluppo delle forze materiali di produzione avvengono i diversi raggruppamenti sociali, ognuno di essi rappresentando una funzione e una posizione nella produzione stessa.
2°) un momento successivo è il «rapporto delle forze» politiche, cioè la valutazione del grado di omogeneità e di autocoscienza raggiunto dai vari raggruppamenti sociali. Questo «momento» a sua volta può essere scisso in diversi momenti, che corrispondono ai diversi gradi della coscienza politica, così come si sono finora manifestati nella storia. Il primo momento, il più elementare, è quello economico primitivo: un commerciante sente di essere solidale con un altro commerciante, un fabbricante con un altro fabbricante ecc., ma il commerciante non si sente ancora solidale col fabbricante; si sente cioè l’unità omogenea del gruppo professionale, ma non ancora del raggruppamento sociale. Un secondo momento è quello in cui si raggiunge la coscienza della solidarietà d’interessi tra tutti i membri del raggruppamento sociale, ma ancora nel campo puramente economico. In questa fase economico-politica, si pone la quistione dello Stato, ma sul terreno dell’eguaglianza politica elementare, poiché si rivendica il diritto di partecipare all’amministrazione e alla legislazione e di modificarle, di riformarle, nei quadri generali esistenti. Un terzo momento è quello in cui si raggiunge la coscienza che i proprii interessi «corporativi», nel loro sviluppo attuale e avvenire, superano la cerchia «corporativa», di raggruppamento economico cioè, e possono e debbono divenire gli interessi di altri raggruppamenti subordinati; questa è la fase più schiettamente «politica» che segna il netto passaggio dalla pura struttura alle superstrutture complesse, è la fase in cui le ideologie germinate precedentemente vengono a contatto ed entrano in contrasto fino a che una sola di esse, o almeno una sola combinazione di esse, tende a prevalere, a imporsi, a diffondersi su tutta
3°) il terzo momento è quello del «rapporto delle forze militari» che è quello immediatamente decisivo volta per volta. Lo sviluppo storico oscilla continuamente tra il primo e il terzo momento, con la mediazione del secondo. Ma anche questo terzo momento del rapporto delle forze non è qualcosa di indistinto e di identificabile immediatamente in forma schematica. Mi pare si possano distinguere in esso due momenti: il momento «militare» nel senso stretto, tecnico della parola, e il momento che si può chiamare «politico-militare». Nello sviluppo della storia mondiale ed europea questi due momenti si sono presentati in un numero vario di combinazioni. Un esempio tipico,
Un’altra quistione legata al problema trattato in questa rubrica è questa: se i fatti storici fondamentali sono determinati dal malessere o dal benessere economico. Un esame della storia mondiale ed europea mi pare obblighi ad escludere ogni risposta tassativa in questo senso e a procedere per approssimazioni a una risposta piuttosto generica in un piano non economico immediato, ma piuttosto d’ordine politico e intellettuale. Nel suo compendio di storia della Rivoluzione Francese, il Mathiez, opponendosi alla storia volgare tradizionale, afferma che verso il 1789 la situazione economica era piuttosto buona immediatamente, per cui non si può dire che la rottura dell’equilibrio esistente sia dovuta a una crisi di immiserimento (vedere esattamente le affermazioni del Mathiez). Naturalmente bisogna distinguere: lo Stato era in preda a una gravissima crisi finanziaria e la quistione si poneva così: quale dei tre stati doveva fare dei sacrifizi per rimettere in sesto le finanze statali e regali? Inoltre: se la situazione della borghesia era florida, certamente non buona era la situazione dei ceti artigiani
Legata a questa quistione generale è la quistione del così detto «economismo» che assume diverse forme e ha diverse manifestazioni concrete. Rientra nella categoria dell’economismo tanto il movimento teorico del libero scambio come il sindacalismo teorico. Il significato di queste due tendenze è molto diverso. Il primo è proprio di un raggruppamento dominante, il secondo di un raggruppamento
Nel caso del sindacalismo teorico la cosa è più complessa: è innegabile che in esso la indipendenza e l’autonomia del raggruppamento subalterno che si dice di esprimere, è invece sacrificata all’egemonia intellettuale del raggruppamento dominante, poiché il sindacalismo teorico è un aspetto del liberismo economico giustificato con alcune affermazioni del materialismo storico. Perché e come avviene questo «sacrifizio»? Perché si esclude la trasformazione del raggruppamento subordinato in dominante, o
L’economismo si presenta sotto molte altre forme oltre che il liberismo teorico e il sindacalismo teorico. Appartengono all’economismo tutte le forme di astensionismo elettorale (esempio l’astensionismo dei clericali italiani dal 1870 al 1919, divenuto dopo il 1900 sempre più parziale fino a sparire del tutto) che possono essere svariatissime, nel senso che ci può essere semi-astensionismo, un quarto ecc. Non sempre l’economismo è contrario all’azione politica e al partito politico, che viene però considerato come organismo educativo di tipo sindacale. La così detta «intransigenza» è una forma di economismo: così la «formula tanto peggio tanto meglio» ecc.
Un altro punto di riferimento per comprendere i rapporti tra struttura e superstrutture è contenuto nella
Degenerato in economismo storico, il materialismo storico perde una gran parte della sua espansività culturale tra le persone intelligenti, per quanta ne acquista tra gli intellettuali pigri, tra quelli che vogliono apparire sempre furbissimi ecc.; esso, come scrisse Engels, fa credere a molti di poter avere, a poco prezzo e con nessuna fatica, in saccoccia tutta la storia, e tutta la sapienza politica. Avendo dimenticato che la tesi di Marx – che gli uomini acquistano coscienza dei conflitti fondamentali nel terreno delle ideologie – ha un valore organico, è una tesi gnoseologica e non psicologica o morale, si è creata la forma mentis di considerare la politica e quindi tutta la storia come un marché de dupes, un gioco di illusionismi e di prestidigitazioni. Tutta l’attività culturale è ridotta così a «svelare» trucchi, a suscitare scandali, a fare i conti in tasca agli uomini politici. Naturalmente gli errori di interpretazione sono stati talvolta grossolani e hanscienza teoria della storiografia, ma anche nella teoria e nella pratica politica. In questo campo la reazione deve essere condotta sul terreno del concetto di egemonia, così come è stata condotta praticamente nello sviluppo della teoria del partito politico e nello sviluppo pratico della vita di determinati partiti politici.
Si potrebbe fare una ricerca storica sui giudizi emessi sullo sviluppo di certi movimenti politici, prendendo come archetipo quello detto
Questo concetto, data l’affermazione fatta più sopra, che l’affermazione di Marx che gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici nel terreno delle
§
§
Praticamente, dicevo, anche il materialismo storico tende a diventare una ideologia nel senso deteriore, cioè una verità assoluta ed eterna. Ciò avviene specialmente quando, come nel
Bisognerà, su questa traccia, elaborare l’affermazione di Engels sul passaggio dalla necessità alla libertà: evidentemente questo passaggio avviene negli uomini, non nella natura (sebbene avrà delle conseguenze sull’intuizione della natura, sulle opinioni scientifiche), per cui solo per metafora si può parlare di storia naturale dell’umanità e paragonare i fatti umani ai fatti naturali.
§
La quistione più importante riguardo alla scienza è quella della esistenza obbiettiva della
Il materialismo storico accetta questo punto di vista, non quello che pure è uguale materialmente, del senso comune. Il senso comune afferma l’oggettività del reale in quanto questa oggettività è stata creata da Dio, è quindi un’espressione della concezione del mondo religiosa: d’altronde nel descrivere questa oggettività cade nei più grossolani errori, in gran parte è ancora all’astronomia tolemaica, non sa stabilire i nessi reali di causa ed effetto ecc., cioè in realtà non è realmente «oggettivo», perché non sa concepire il «vero» oggettivo; per il senso comune è «vero» che la terra è ferma e il sole con
Ricordo una affermazione di Bertrando Russell: si può immaginare sulla terra, anche senza l’uomo, non Glasgow e Londra, ma due punti della superficie della terra uno più a Nord e uno più a Sud (o qualcosa di simile: è contenuta in un libretto filosofico di Russell tradotto in una collezioncina Sonzogno di carattere scientifico). Ma senza l’uomo come significherebbe Nord e Sud, e «punto», e «superficie» e «terra»? Non sono queste espressioni necessariamente legate all’uomo, ai suoi bisogni, alla sua vita, alla sua attività? Senza l’attività dell’uomo, creatrice di tutti i valori anche scientifici, cosa sarebbe l’«oggettività»? Un caos, cioè niente, il vuoto, se pure così si può dire, perché realmente se si immagina che non esista l’uomo, non si può immaginare la lingua e il pensiero. Per il materialismo storico non si può staccare il pensare dall’essere, l’uomo dalla natura, l’attività (storia) dalla materia, il soggetto dall’oggetto: se si fa questo distacco si cade nel chiacchericcio, nell’astrazione senza senso.
§
Questa «traducibilità» non è perfetta, certamente, in tutti i particolari (anche importanti); ma lo è nel «fondo» essenziale. Una è realmente superiore all’altra, ma non sempre in ciò che i loro rappre
La filosofia gentiliana è, nel mondo contemporaneo, quella che più fa quistioni di «parole», di «terminologia», che dà per «creazione» nuova ogni mutamento grammaticale dell’espressione: perciò la breve nota dell’Einaudi è una freccia avvelenatissima contro lo Spirito e su di essa si aggira esasperatamente la breve nota dello stesso Spirito. (Ma della quistione di merito della polemica non voglio occuparmi in questa nota). Voglio solo notare la necessità di studiare questo aspetto del pragmatismo italiano (specialmente nel Vailati) e del Pareto sulla quistione del linguaggio scientifico.
§
§
§ Sorel. Questi due brani spingono sempre più a pensare che occorre ristudiare Sorel, per cogliere, al di sotto delle incrostazioni parassitarie deposte sul suo pensiero dagli ammiratori dilettanti e intellettuali, ciò che vi è di più essenziale e permanente. Bisogna tener presente che si è esagerato alquanto sulla «austerità» e «serietà» morale e intellettuale del Sorel; dall’epistolario col Croce risulta che egli non sempre ha saputo vincere gli stimoli di una certa vanità: ciò risulta dal tono molto impacciato della lettera in cui vuole spiegare al Croce la sua adesione (sia pure platonica) al «Circolo Proudhon» di Valois e il suo civettare con elementi giovani della tendenza monarchica e clericale. Ancora: c’era un certo
§
§
Avviene che una grande personalità esprima il suo pensiero più fecondo non nella sede che apparentemente sarebbe la più «logica» dal punto di vista classificatorio esterno, ma in altra parte che appa
Avviene realmente che il «filosofo» occasionale più difficilmente sappia astrarre dalle correnti
§
Nei fascicoli della «Civiltà Cattolica» del 5 ottobre e del 16 novembre 1929 è pubblicato un saggio molto diffuso sul libro del De Man. L’opera del De Man è reputata «nonostante le sue deficienze, la più importante e, diciamo pure, geniale, di quante finora ne annoveri la letteratura antimarxista». Verso la fine del saggio c’è questa «impressione complessiva»: «L’A. (il De Man), benché abbia superato una crisi di pensiero respingendo, con gesto magnanimo, il marxismo, è tuttavia ondeggiante, e la sua intelligenza sitibonda di vero non è a pieno soddisfatta. Egli batte sulle soglie della verità, raccoglie dei raggi, ma non si spinge innanzi per tuffarsi nella luce. – Auguriamo al De Man che, compiendo la sua crisi, possa elevarsi, come il gran vescovo di Tagaste (Agostino), dal divino riflesso che è la legge morale nell’anima, al divino infinito, alla sorgente eternamente splendida di tutto
1) Ogni gruppo sociale, nascendo sulla base originaria di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, crea insieme,
Anche i signori feudali erano detentori di una particolare forma di capacità: quella militare, ed è appunto dal momento in cui l’aristocrazia perde il monopolio della capacità tecnica militare che si inizia la crisi del feudalismo.
2) Ma ogni gruppo sociale, emergendo alla storia dalla struttura economica, trova o ha trovato, nella storia almeno fino ad ora svoltasi, delle categorie intellettuali preesistenti, e che apparivano anzi come rappresentanti una continuità storica ininterrotta anche dai più complicati mutamenti delle
Seconda quistione: quali sono i limiti massimi dell’accezione di «intellettuale»? È difficile trovare un criterio unico che caratterizzi ugualmente tutte le disparate attività intellettuali e nello stesso tem
Fatte queste distinzioni si può concludere per ora: il rapporto tra gli intellettuali e la produzione non è immediato, come avviene per i gruppi sociali fondamentali, ma è mediato ed è mediato da due tipi di organizzazione sociale:
La maggiore
Dal punto di vista intrinseco, l’attività intellettuale può essere distinta in gradi, che nei momenti di estrema opposizione danno una vera e propria differenza qualitativa: nel più alto gradino troviamo i «creatori» delle varie scienze, della filosofia, della poesia ecc.; nel più basso i più umili «amministratori e divulgatori» della ricchezza intellettuale tradizionale, ma nell’insieme tutte le parti si sentono solidali. Avviene anzi che gli strati più bassi sentano di più questa solidarietà
È da notare che nel mondo moderno, la categoria degli intellettuali, così intesa, si è ampliata in misura inaudita. La formazione di massa ha standardizzato gli individui e come qualifica tecnica e come psicologia, determinando gli stessi fenomeni che in tutte le altre masse standardizzate: concorrenza individuale che pone la necessità dell’organizzazione professionale di difesa, disoccupazione, ecc.
Diversa posizione degli intellettuali di tipo urbano e di tipo rurale. Gli intellettuali di tipo urbano sono piuttosto legati all’industria; essi hanno la stessa funzione che gli ufficiali subalterni nell’esercito: mettono in rapporto l’imprenditore con la massa strumentale, rendono esecutivo il piano di produzione stabilito dallo stato maggiore dell’industria. Gli intellettuali urbani sono molto standardizzati nella loro me
Gli intellettuali di tipo rurale mettono a contatto la massa contadina con l’amministrazione statale o locale (avvocati, notai, ecc.) e per questa stessa funzione hanno una maggiore importanza politica: questa mediazione professionale infatti è difficilmente scindibile dalla mediazione politica. Inoltre: nella campagna l’intellettuale (prete, avvocato, maestro, notaio, medico, ecc.) rappresenta per il medio contadino un modello sociale nell’aspirazione a uscire dalla propria situazione per migliorare. Il contadino pensa sempre che almeno un suo figlio potrebbe diventare intellettuale (specialmente prete), cioè diventare un signore, elevando il grado sociale della famiglia e facilitandone la vita economica con le aderenze che non potrà non avere tra gli altri signori. L’atteggiamento del contadino verso l’intellettuale è duplice: egli ammira la posizione sociale dell’intellettuale e in generale del dipendente statale, ma finge talvolta di disprezzarla, cioè la sua ammirazione istintiva è intrisa da elementi d’invidia e di rabbia appassionata. Non si comprende nulla dei contadini se non si considera questa loro subordinazione effettiva agli intellettuali e non si comprende che ogni sviluppo delle masse contadine fino a un certo punto è legato ai movimenti degli intellettuali e ne dipende.
Altro è il caso per gli intellettuali urbani; i tecnici di fabbrica non esercitano nessun influsso politico sulle masse strumentali, o almeno è questa una fase già oltrepassata; talvolta avviene proprio il contrario, che le masse strumentali, almeno attraverso i loro propri intellettuali organici, esercitano un influsso sui tecnici.
Il punto centrale della quistione rimane però la distinzione tra intellettuali come categoria organica di ogni gruppo sociale e intellettuali come categoria tradizionale, distinzione da cui scaturisce tutta una serie di problemi e di possibili ricerche fa compie la stessa funzione che compie lo
A questo fenomeno si collega l’altro della funzio
Nello sviluppo degli intellettuali europei si osservano molte differenze tra nazione e nazione; ne accennerò le più notevoli, che dovranno essere approfondite (d’altronde tutte le affermazioni contenute in questa nota devono essere considerate semplicemente come spunti e motivi per la memoria, che occorrono di essere controllati e approfonditi):
1) Per l’Italia il fatto centrale è appunto la funzione internazionale o cosmopolita dei suoi intellettuali che è causa ed effetto dello stato di disgregazione in cui rimane la penisola dalla caduta dell’Impero romano fino al 1870.
2) La Francia dà un tipo compiuto di sviluppo armonico di tutte le energie nazionali e specialmente delle categorie intellettuali: quando nel 1789 un nuovo raggruppamento sociale affiora politicamente alla storia, esso è completamente attrezzato per tutte le sue funzioni sociali e perciò lotta per il dominio totale della nazione, senza venire a compromessi essenziali con le vecchie classi, anzi subordinandosele. Le prime cellule intellettuali del nuovo tipo nascono con le prime cellule economiche; la stessa organizzazione ecclesiastica ne è influenzata (gallicanismo, lotte tra Chiesa e Stato molto precoci). Questa massiccia costituzione intellettuale spiega la funzione intellettuale della Francia nella seconda metà del secolo XVIII e in tutto il secolo XIX, funzione internazionale e cosmopolita di irradiazione e di espansione a carattere imperialistico organico, quindi ben diversa da quella italiana, a carattere immigratorio personale e disgregato che non refluisce sulla base nazionale per potenziarla ma invece per renderla impossibile.
3) In Russia diversi spunti: l’organizzazione politica commerciale è creata dai Normanni (Varieghi), quella religiosa dai greci bizantini; in un secondo tempo i tedeschi e i francesi danno uno scheletro resistente alla gelatina storica russa. Le forze nazionali sono passive, ma forse per questa stessa passività assimilano le influenze straniere e anche gli stessi stranieri, russificandoli. Nel periodo storico più
4) In Inghilterra lo sviluppo è molto diverso che in Francia. Il nuovo raggruppamento sociale, nato sulla base dell’industrialismo moderno, ha un sorprendente sviluppo economico-corporativo, ma procede a tastoni nel campo intellettuale-politico. Molto numerosi sono gli intellettuali organici, nati cioè nello stesso terreno industriale col raggruppamento economico, ma nella fase più elevata di sviluppo troviamo conservata la posizione di quasi monopolio della vecchia classe terriera, che perde la sua
5) Il fenomeno inglese si presenta anche in Germania aggravato per la complicazione di altri fenomeni. Anche la Germania, come l’Italia, è stata la sede di una istituzione e di una ideologia universalistica, supernazionale (Sacro Romano Impero della Nazione tedesca) ed ha dato una certa quantità di personale alla cosmopoli medioevale, depauperando le proprie energie nazionali, che hanno mantenuto a lungo la disgregazione territoriale del Medio Evo. Lo sviluppo industriale è avvenuto sotto un involucro semifeudale durato fino al novembre 1918 e i latifondisti Junker alleati alla piccola borghesia hanno mantenuto una supremazia politico-intellettuale ben maggiore di quella dello stesso gruppo inglese. Essi sono stati gli intellettuali tradizionali degli industriali tedeschi, ma con speciali privilegi e con una forte coscienza di raggruppamento indipendente data dal fatto che detenevano un notevole potere economico sulla terra «produttiva» più che in Inghilterra. Gli Junker prussiani rassomigliano a una casta sacerdotale, che svolge un’attività essenzialmente intellettuale, ma nello stesso tempo ha una base economica propria e non dipende dalla liberalità del gruppo dominante. Del resto è facile pensare che la diversa situazione della nobiltà inglese e di quella prussiana si sa
Fuori d’Europa sarebbero da esaminare e studiare altre manifestazioni originali dello sviluppo delle categorie intellettuali. Negli Stati Uniti è da notare l’assenza degli intellettuali tradizionali e quindi il diverso equili
Una manifestazione interessante è ancora da studiare in America ed è la formazione di un sorprendente numero di intellettuali negri che assorbono la cultura e la tecnica americana. Si può pensare all’influsso indiretto che questi intellettuali negri americani possono esercitare sulle masse arretrate dell’Africa e a quello diretto se si verificasse una di queste ipotesi: 1) che l’espansionismo americano si serva come di suoi agenti dei negri d’America per conquistare i mercati africani (qualcosa di questo genere è già avvenuto, ma ignoro in qual misura); 2) che le lotte di razza in America si inaspriscano in tal misura da determinare l’esodo e il ritorno in Africa degli elementi negri intellettuali più spiritualmente indipendenti e attivi e quindi meno facili ad assoggettarsi a una possibile legislazione ancora più umiliante del costume attualmente diffuso. Si pone la quistione: 1) della lingua, poiché i negri d’America sono inglesi di lingua e d’altronde in Africa c’è un pulviscolo di dialetti; 2) se il sentimento nazionale può sostituire quello di razza, innalzando il continente
Nell’America meridionale e centrale mi pare che la quistione degli intellettuali sia da esaminare tenendo conto di queste condizioni fondamentali: anche nell’America meridionale e centrale non esiste la
Un altro tipo di manifestazione dello sviluppo degli intellettuali si può trovare in India, in Cina e nel Giappone. Non che sia da confondere l’India e la Cina col Giappone. Il Giappone si avvicina al tipo di sviluppo inglese e tedesco, cioè di una civiltà industriale che si sviluppa entro l’involucro semifeudale, ma, a quanto mi pare, più al tipo inglese che a quello tedesco. In Cina c’è il problema della scrittura, espressione della completa separazione degli intellettuali dal popolo. In India e in Cina si presenta il fenomeno della enorme distanza tra la religione del popolo e quella del clero e degli intellettuali, anch’essa legata al distacco tra intellettuali e popolo. Questo fatto delle diverse credenze e del modo diverso di concepire e praticare la stessa religione tra i diversi strati della società ma specialmente tra clero e popolo dei fedeli dovrebbe essere studiato in generale, sebbene nei paesi dell’Asia abbia le manifestazioni più estreme. Credo che nei paesi protestanti la differenza sia relativamente piccola. È molto notevole nei paesi cattolici, ma presenta gradi diversi: meno grande nella Germania cattolica e in Francia, più grande in Italia, specialmente meridionale e insulare, grandissima nella penisola iberica e nei paesi dell’America latina. Il fenomeno aumenta di portata nei paesi ortodossi ove bisogna parlare di tre gradi della stessa religione: quella dell’alto clero e dei monaci, quella del clero secolare e quella del popolo; e diventa catastrofico nell’Asia orientale (non nel Giappone) in cui la religione del popolo non ha nulla a che vedere spesso con quella dei libri, sebbene alle due si dia lo stesso nome.
La crisi avrà certamente una soluzione che razionalmente dovrebbe avere questa linea: scuola unica iniziale di cultura generale, umanistica, con giusto contemperamento dello sviluppo della potenza di operare manualmente (tecnicamente, industrialmente) e della potenza di pensare, di operare intellettualmente. Da questo tipo di scuola unica, attraverso l’orientamento professionale, si passerà a una delle scuole specializzate professionali (in senso largo) ecc.
In ogni modo occorre tener presente il principio che ogni attività
A questo proposito vedere quanto ho scritto in una nota della rubrica «Riviste tipo»: in attesa che si
La scuola unitaria o di cultura generale «umanistica» (intesa in senso largo e non solo nel senso tradizionale) dovrebbe proporsi di immettere nella vita attiva i giovani con una certa autonomia intellettuale, cioè con un certo grado di capacità alla creazione intellettuale e pratica, di orientamento indipendente. La fissazione dell’età scolastica obbligatoria varia col variare delle condizioni economiche generali da cui dipendono due conseguenze secondo il nostro punto di vista della scuola unitaria: 1) la necessità di far lavorare i giovani per averne subito un certo apporto produttivo immediato; 2) la disponibilità finanziaria statale da dedicare all’educazione pubblica che dovrebbe essere di una certa grandezza per l’estensione che la scuola assumerebbe come edifizi, come materiale didattico in senso largo, come corpo di insegnanti; il corpo degli insegnanti specialmente crescerebbe di molto, perché la efficienza della scuola è tanto maggiore e rapida quanto più è piccolo il rapporto tra allievi e maestri, ma ciò pone il problema della formazione di un tal corpo, non certo di facile e rapida soluzione. Anche la quistione degli edifizi non è semplice, perché questo tipo di scuola, proponendosi anche la rapidità, deve essere una scuola-collegio, con dormitori, refettori, biblioteche specializzate, sale adatte per il lavoro di seminario ecc. Si può dire che inizialmente il nuovo tipo di scuola dovrà e non potrà non essere di élites di giovani scelti per concorso o indicati sotto la loro responsabilità dalle istituzioni private idonee.
Prendendo come tipo di riferimento la attuale scuola classica: 1) elementari, 2) ginnasio, 3) liceo, 4) università con le specializzazioni professionali, teoretiche o pratiche si può dire che la scuola unitaria comprenderebbe i primi tre gradi riorganizzati,
Nell’organizzazione della scuola unitaria devono esistere almeno le principali di queste condizioni. Intanto è da supporre che durante il suo sviluppo si sviluppino parallelamente gli asili infantili, istituzioni in cui anche sotto i sei anni i bambini si abituano a una certa disciplina collettiva ed
Il problema fondamentale si pone in quella fase dell’attuale carriera scolastica che oggi è rappresentata dal liceo, e che oggi non si differenzia per nulla, come tipo d’insegnamento, dalle classi precedenti, altro che per la supposizione di una maggiore maturità intellettuale e morale dell’allievo come un portato della maggiore età e dell’esperienza accumulata precedentemente. Di fatto però tra liceo e università c’è un salto, una vera soluzione di continuità, non un passaggio normale dalla quantità (età) alla qualità (maturità intellettuale e morale). Dall’insegnamento quasi puramente ricettivo si passa alla scuola creativa; dalla scuola con disciplina dello studio imposta e controllata dal di fuori si passa alla scuola in cui l’autodisciplina intellettuale e l’autonomia morale è teoricamente illimitata. E ciò avviene subito dopo la crisi della pubertà, quando la foga delle passioni istintive ed elementari non ha ancora finito di lottare coi freni del carattere e della coscienza morale. In Italia poi, dove nelle Università non è diffuso il principio del «seminario», il passaggio è ancora più brusco e meccanico. Ecco dunque che nella scuola unitaria la fase del Liceo deve essere concepita come la fase transitoria più importante in cui la scuola tende a creare i valori fondamentali dell’«umanesimo», l’autodisciplina intellettuale e l’autonomia morale necessarie per l’ulteriore specializzazione, sia che essa sia di carattere intellettuale (studi universitari) sia che sia di carattere immediatamente pratico-produttivo (industria, organizzazione degli scambi, burocrazia ecc.). Lo studio del metodo scientifico deve cominciare nel Liceo e non essere più un monopolio dell’Università: il Liceo deve essere già un elemento fondamentale dello studio creativo e non solo ricettivo (io faccio
Un’innovazione essenziale sarà determinata dall’avvento della scuola unitaria nei rapporti oggi esistenti tra Università e Accademie. Oggi queste due istituzioni sono indipendenti l’una dall’altra e le Accademie (le grandi Accademie, naturalmente) hanno un posto gerarchicamente superiore a quello delle Università. Colla scuola unitaria, le Accademie dovranno diventare l’organizzazione intellettuale (di sistemazione e creazione intellettuale) di quegli elementi che dopo la scuola unitaria non faranno l’Università, ma si inizieranno subito a una profeslavoro sapere esistente (tipo italiano attuale dell’Accademia) e la guida e stabilizzazione secondo una media (pensiero medio) delle attività intellettuali (tipo francese dell’Accademia) diventerà solo un aspetto della nuova organizzazione che dovrà avere un’attività creativa e di divulgazione con autorità collettiva. Essa controllerà le conferenze industriali, le conferenze e le attività di organizzazione scientifica del lavoro, i gabinetti sperimentali di fabbrica, ecc. e sarà il mecca
La collaborazione tra questa organizzazione e le Università dovrebbe essere stretta, così come con le scuole superiori specializzate di altri rami (militare, navale, ecc.). Si avrebbe, con questa organizzazione, una centralizzazione e un impulso della cultura inaudito su tutta l’area nazionale. Inizialmente si potrebbero avere il Centro nazionale e i circoli locali con poche sezioni.
Lo schema esposto indica solo una linea programmatica di principio, che potrebbe essere percorsa gradualmente. Quindi sarebbe necessario integrare lo schema con le misure transitorie indispensabili: in ogni modo anche queste misure transitorie dovrebbero essere concepite nello spirito generale di questa linea, in modo che le istituzioni transitorie possano mano a mano essere assorbite nello schema fondamentale senza soluzione di continuità e crisi.
§
Interesse di Leone Davidovi per l’americanismo. Suo interesse, suoi articoli, sue inchieste sul «byt» e sulla letteratura: queste attività erano meno sconnesse tra loro di quanto allora potesse sembrare. Il nuovo metodo di lavoro e il modo di vivere sono indissolubili: non si possono ottenere successi in un campo senza ottenere risultati tangibili nell’altro. In America la razionalizzazione e il proibizionismo sono indubbiamente connessi: le inchieste degli industriali sulla vita privata degli operai, il servizio di ispezione creato da alcuni industriali per controllare la «moralità» degli operai sono necessità del nuovo metodo di lavoro. Chi irridesse a queste iniziative e vedesse in esse solo una manifestazione ipocrita di «puritanismo», si negherebbe ogni possibilità di capire l’importanza, il significato e la
La espressione «coscienza del fine» può sembrare per lo meno esagerata alle anime bennate che ricordano la
Da questo punto di vista occorre vedere le iniziative «puritane» degli industriali americani tipo Ford. È evidente che essi non si preoccupano dell’«umanità», della «spiritualità» del lavoratore che viene schiantata. Questa umanità, questa spiritualità si realizzava nel mondo del lavoro, nella «creazione» produttiva: essa era massima nell’artigianato, in cui l’individualità del lavoratore si rifletteva tutta nell’oggetto creato, in cui si manteneva ancora molto forte il legame tra arte e lavoro. Ma appunto contro questa forma di umanità e di spiritualità lotta il nuovo industrialismo. Le iniziative «puritane» hanno solo questo fine: conservare l' un equilibrio psico-fisico fuori del lavoro, per impedire che il nuovo metodo porti al collasso fisiologico del lavoratore. Questo equilibrio è puramente esterno, per ora non è interiore. L’equilibrio interiore non può essere creato che dallo stesso lavoratore e dalla sua particolare società, con mezzi propri e originali. L’industriale si preoccupa della continuità dell’efficienza fisica del lavo
Sarebbe interessante conoscere le risultanze statistiche dei fenomeni di deviazione dai costumi sessuali negli Stati Uniti analizzati per gruppi sociali: in generale si verificherà che i divorzi sono numerosi specialmente nelle classi alte.
Questo distacco di moralità tra la classe lavoratrice ed elementi sempre più numerosi delle classi dirigenti negli Stati Uniti mi pare il fenomeno più interessante e ricco di conseguenze. Fino a poco tempo fa, il popolo americano era un popolo di lavoratori: l’attività pratica non era solo inerente alle classi operaie, era anche una qua
Questi fenomeni delle classi alte renderanno più difficile la coercizione sulle masse lavoratrici per conformarle ai bisogni della nuova industria: in ogni modo determineranno una frattura psicologica e l’esistenza di due classi ormai cristallizzate apparirà evidente.
A proposito del distacco tra il lavoro manuale e il «contenuto umano» del lavoratore, si potrebbero fare delle osservazioni utili proprio in quelle professioni che sono credute tra le più intel
Gli industriali americani hanno ben capito questo. Essi intuiscono che il «gorilla ammaestrato» rimane pur sempre uomo e pensa di più o per lo meno ha molta maggior possibilità di pensare, almeno quando ha superato la crisi di adattamento. Non solo pensa, ma l’assenza di soddisfazione immediata dal lavoro, l’essere stato come lavoratore ridotto a gorilla ammaestrato, lo può portare a un corso di pensieri poco conformista. Che una tale preoccupazione esista appare da tutta una serie di fatti e di iniziative educative.
D’altronde è ovvio pensare che i così detti alti salari sono una forma transitoria di retribuzione. L’adattamento ai nuovi metodi di lavoro non può avvenire solo per coercizione: l’apparato di coercizione necessario per ottenere un tale risultato costerebbe certo di più degli alti salari. La coercizione è combinata con la convinzione, nelle forme proprie della società data: il denaro. Ma se il metodo nuovo si affermerà creando un tipo nuovo di operaio, se l’apparecchio meccanico materiale sarà ancora perfezionato, se il turnover esagerato sarà automaticamente limitato dalla disoccupazione estesa, anche i salari diminuiranno. L’industria americana sfrutta ancora profitti di monopolio perché ha avuto l’iniziativa dei nuovi metodi e può dare più alti salari;
§
Ma anche nel mondo moderno, che cosa significa praticamente la situazione creata in uno Stato dalle stipulazioni concordatarie? Significa riconoscimento pubblico ad una
Si capisce dunque la lotta sorda e sordida degli intellettuali laici e laicisti contro gli intellettuali di casta per salvare la loro autonomia e la loro funzione. Ma è innegabile la loro intrinseca capitolazione e il loro distacco suoi loro elementi non arrivano all’Università, cioè non conosceranno l’educazione moderna nella sua fase superiore critico-storica: essi educativamente conosceranno solo l’educazione dogmatica. L’Università è la scuola della classe dirigente in proprio ed è il meccanismo attraverso il quale essa selezione gli elementi individuali delle altre classi da incorporare nel suo personale governativo, amministrativo e dirigente. Ma con l’esistenza, a parità di condizioni, delle Uniil fatto l’origine democratica è meno frequente di quanto si creda, ciò avviene per ragioni complesse, in cui solo parzialmente incide la pressione delle grandi famiglie aristocratiche cattoliche o la
Una ragione di debolezza del clero nel passato consisteva nel fatto che la religione dava scarse possibilità di carriera all’infuori della carriera ecclesiastica: il clero stesso era indebolito qualitativamente dalle «scarse» vocazioni o dalle «vocazioni» di soli elementi subalterni intellettualmente. Questa crisi era già visibile prima della guerra: era un aspetto della crisi generale delle carriere a reddito fisso con organici lenti e pesanti, cioè dello strato intellettuale subalterno (maestri, insegnanti medi, preti ecc.) sottoposto alla concorrenza delle professioni liberali legate allo sviluppo dell’industria e dell’organizzazione privata capitalistica in generale (il giornalismo, per es., che assorbe molti insegnanti, ecc.). Già era incominciata l’invasione da parte delle donne delle scuole magistrali e delle Università. Con le donne entrano nell’Università i preti, ai quali la Curia non può proibire di procurarsi un titolo pubblico che permetta di concorrere a un impiego di Stato che aumenti la «finanza» individuale. Molti di questi preti, appena ottenuto il titolo pubblico, abbandonarono la Chiesa (durante la guerra, per causa della mobilitazione, questo fenomeno acquistò una certa ampiezza). L’organizzazione ecclesiastica subiva dunque una crisi costituzionale, che poteva essere fatale alla sua potenza, se lo Stato manteneva integra la sua posizione di laicità, anche senza bisogno di una lotta attiva. Nella lotta tra le forme di vita, la Chiesa stava per essere vinta automaticamente. Lo Stato salvò la Chiesa. La posizione economica del clero fu migliorata a più riprese, mentre il tenore di vita generale, ma specialmente dei ceti medi, peggiorava. Il miglioramento è tale, che le «vocazioni» si sono maravigliosamente moltiplicate, impressionando lo stesso pontefice, che le spiega appunto con la nuova situazione economica. La base della scelta degli idonei al clericato è stata dunque ampliata, permettendo più rigore e una maggiore esigenza di cultura.
Ma la carriera ecclesiastica, se è il fondamento della potenza del Vaticano, non esaurisce le sue possibilità. La nuova situazione
L’Università del Sacro Cuore e il centro culturale neoscolastico sono solo la prima cellula di questo lavoro. È intanto stato sintomatico il Congresso Filosofico del 1929: vi si scontrarono idealisti assoluti e neoscolastici e questi parteciparono al Congresso animati da spirito battagliero di conquista. Secondo me il gruppo questo voleva ottenere, di apparire battagliero, pugnace, quindi interessante per i giovani. I cattolici sono fortissimi perché si infischiano delle «confutazioni perentorie» dei loro avversari idealisti o materialisti: la tesi confutata essi la riprendono imperturbati e come se nulla fosse. La mentalità «disinteressata» intellettualmente, la lealtà intellettuale essi non la comprendono o la comprendono come una debolezza e dabbenaggine degli avversari. Essi contano sulla potenza della loro organizzazione mondiale e sul fatto che la grande maggioranza della popolazione non è ancora «moderna», è ancora alla fase tolemaica della scienza. Se lo Stato rinunzia a essere centro di cultura propria, autonoma, la Chiesa non può che trionfare.
Le conseguenze di questa situazione saranno della massima importanza; ma le cose non andranno liscie per molto tempo: la Chiesa è uno Shylok anche più implacabile dello Shylok ebreo: essa vorrà la sua libbra di carne e si infischierà del dissanguamento della vittima. Aveva ragione Disraeli: i cristiani sono stati gli ebrei più intelligenti che hanno conquistato il mondo. La Chiesa non sarà ridotta alla sua forza normale con la confutazione in sede filosofica dei suoi postulati teorici (teologici) e con le affermazioni platoniche della autonomia statale: ma con l’azione pratica, con l’esaltazione delle forze umane in tutta l’area sociale.
La quistione finanziaria del centro religioso: l’organizzazione del cattolicismo in America dà la possibilità di raccogliere fondi molto vistosi, oltre alle rendite normali ormai assicurate e all’obolo di S. Pietro. Potrebbero nascere quistioni internazionali a proposito dell’intervento della Chiesa negli affari interni dei singoli paesi, con lo Stato che sussidia permanentemente la Chiesa? La quistione potrebbe essere elegante, come si dice.
La quistione del finanziamento rende anche più interessante il problema della così detta indissolubilità proclamata dal pontefice del trattato e del concordato: ammesso che il pontefice si trovasse nella necessità di ricorrere a questo mezzo politico di pressione sullo Stato, non si porrebbe subito il problema della restituzione delle somme riscosse (somme legate appunto al trattato e non al concordato)? Ma esse sono così ingenti ed è pensabile che saranno spese in gran parte nei primi anni, che la loro restituzione può ritenersi praticamente im
§
La innovazione fu introdotta coi D. L. 17 marzo 1918, n. 396 e 9 maggio 1918, n. 655. A questo riguardo lo Jemolo rimanda alla nota di D. Schiappoli,
§
Nella scuola elementare due elementi si prestavano all’
Secondo me l’efficacia educativa della vecchia scuola media italiana secondo la vecchia legge Casati, era dovuta all’insieme del suo organamento e dei suoi programmi più che a una volontà espressa di essere scuola «educativa». In questa quistione mi pare che si possa dire ciò che il Carducci diceva della quistione della lingua: gli italiani, invece di parlare, si guardano la lingua. Nella scuola ciò si capisce pensando alla attività dell’allievo. I nuovi programmi, quanto più, nei teorici che li hanno preparati e li difendono, affermano e teorizzano l’attività del discente e la sua collaborazione attiva col docente, in realtà tanto più operano come se il discente fosse una mera passività. Nella vecchia scuola dunque, l’organamento stesso dava l’educazione. Come? Lo studio del latino e del greco, delle lingue, con lo studio delle letterature e delle storie politiche rispettive, era alla base di questa educatività. Il carattere di educatività era dato dal fatto che queste nozioni non venivano apprese per uno scopo immediato pra
Si impara il latino, lo si analizza nei suoi membretti più elementari, si analizza come una cosa morta, è vero, ma ogni analisi fatta da un bambino non può essere che su una cosa morta; d’altronde non bisogna dimenticare che dove questo studio avviene, in queste forme, la vita dei Romani è un mito che in una certa misura ha già interessato il bambino o lo interessa ora. La lingua è morta, è anatomizzata come un cadavere, è vero, ma il cadavere rivive continuamente negli esempi, nelle narrazioni. Si potrebbe fare lo stesso con l’italiano? Impossibile. Nessuna lingua viva potrebbe essere studiata come il latino: sarebbe o
Naturalmente io non credo che il latino e il greco abbiano delle qualità taumaturgiche intrinseche: dico che in un dato ambiente, in una data cultura, con una data tradizione, lo studio così graduato dava quei determinati effetti. Si può sostituire il latino e il greco e li si sostituirà utilmente, ma occorrerà sapere disporre didatticamente la nuova materia o la nuova serie di materie, in modo da ottenere risultati equivalenti di educazione generale dell’uomo, partendo dal ragazzetto fino all’età della scelta professionale. In questo periodo lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere disinteressato, cioè non avere scopi pratici immediati o troppo immediatamente mediati: deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete.
Nella scuola moderna mi pare stia avvenendo un processo di progressiva degenerazione: la scuola di tipo professionale, cioè preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola «formativa» immediatamente disinteressata. La cosa più paradossale è che questo tipo di scuola appare e viene predicata come «democratica», mentre invece essa è proprio destinata a perpetuare loro sua tendenza democratica. Manovale e operaio qualificato per esempio. Contadino e geometra o piccolo agronomo, ecc. Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un manovale diventi operaio qualificato, ma che ogni «cittadino» può diventare «governante» e che la società lo pone sia pure «astrattamente» nelle condizioni generali di poterlo diventare: la «democrazia politica» tende a far coincidere governanti e governati, assicurando a ogni governato l’apprendimento più o meno gratuito della preparazione «tecnica» generale necessaria. Ma nella real
Dogmatismo e criticismo-storico nella scuola elementare e media:
Insegnamento della filosofia: credo che nelle scuole medie il nuovo metodo impoverisca la scuola e ne abbassi il livello, praticamente (razionalmente il nuovo metodo è bellissimo e giustissimo, ma praticamente con la scuola così com’è, è una bellissima e razionalissima utopia). La filosofia «descrittiva» tradizionale, rafforzata da un corso di storia della filosofia e dalla lettura in casa di certi autori, mi pare la cosa migliore. Ma la filosofia «descrittiva e definitrice» è un’astrazione! Sarà un’astrazione, come la grammatica e la matematica, ma è necessaria. Uno uguale uno è un’astrazione, ma nessuno è condotto a pensare che una mosca è uguale a un elefante. Anche gli strumenti logici sono astrazioni dello stesso genere, sono come la grammatica del pensare normale: e non sono innati, ma acquisiti storicamente. Il nuovo metodo li
Ecco perché molti del «popolo» pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un «trucco» a loro danno; vedono il signore (per molti, nelle campagne specialmente, «signore» vuol dire «intellettuale») compiere con scioltezza e con apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un «trucco». In una nuova situazione politica, queste quistioni diventeranno asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo corpo di intellettuali, fino alle più alte cime, da uno strato sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini psico-fisiche adeguate, si dovranno superare difficoltà inaudite.
Altre quistioni: data l’autonomia della politica, quale rapporto dialettico tra essa e le altre manifestazioni storiche? Problema della dialettica in Croce e sua posizione di una «dialettica dei distinti»: non è una contraddizione in termini, una «ignorantia elenchi»? Dialettica può darsi solo degli opposti, negazione della negazione, non rapporto di «implicazione».
L’arte, la morale, la filosofia «servono» alla politica, cioè si «implicano» nella politica, possono ridursi ad un momento di essa e non viceversa: la politica distrugge l’arte, la filosofia, la morale: si può affermare, secondo questi schemi, la priorità del fatto politico-economico, cioè la «struttura» come punto di riferimento e di «causazione» dialettica, non meccanica, delle
Il punto della filosofia crociana su cui bisogna far leva mi pare appunto la sua così detta dialettica dei distinti; c’è una esigenza reale in questa posizione, ma c’è anche una contraddizione in termini: occor
§
§
§
L’argomento è stato trattato dal Presidente della Westminster (Banca) nel discorso tenuto in occasione dell’assemblea del 1929: l’oratore ha accennato ai lamenti perché gli sforzi fatti per conservare la posizione di Londra come centro finanziario internazionale impongono sacrifizi eccessivi all’industria e al commercio, ma ha osservato che il mercato finanziario di Londra produce un reddito che contribuisce in larga misura a saldare il
Quali espressioni commerciali economiche sono nate da questa funzione di Londra e che si trovano nella lettura dei giornali e delle riviste economiche?
§
Quistione dei rapporti tra scienza e vita. Il marxismo non è una mera dottrina sociale, secondo la distinzione del Pirou, poiché «avanza la pretesa» persino di spiegare la «scienza», cioè di essere più scienza della «scienza». Nella quistione di ideologia-filosofia = dottrina-scienza, rientra anche la quistione della «primitività» o «irriducibilità» del momento politico o pratico. L’ideologia = ipotesi scientifica di carattere educativo energetico, verificata e criticata dallo sviluppo reale della storia, cioè fatta diventare scienza (ipotesi reale), sistematizzata.
§
Differenza tra ardimento-intrepidità e coraggio: il primo è istintivo e impulsivo; il coraggio invece è acquisito con l’educazione e attraverso i costumi. A stare a lungo in trincea ci vuole «coraggio», cioè perseveranza nell’intrepidità, che può esser data o dal terrore (certezza di morire se non si rimane) o dalla convinzione di fare cosa necessaria (coraggio).
§
§
§ cioè per mantenere l’omogeneità tra ufficiali e soldati in un terreno di apparente neutralità e superiorità sulle «fazioni». Non bisogna dimenticare che l’esercito riproduce la struttura sociale di uno Stato e che perciò la politica introdotta in esso può riprodurvi i dissensi esterni, disgregando la formazione militare Osservare che si cerca di educare stabilmente un ceto militare nella società, con le associazioni di ex-combattenti, di ufficiali in congedo ecc. legato all’esercito permanente (cioè allo Stato Maggiore) e mobilitabile all’occorrenza senza bisogno di mobilitare l’esercito di leva, che mantiene la sua funzione di riserva allarmata, e che non può non essere influenzato da queste forze militari extraesercito».. Tutti questi elementi di osservazione non sono assoluti: essi devono essere «relativizzati» secondo i diversi momenti storici e i diversi Stati.
La prima ricerca è questa: esiste in un determinato paese uno strato sociale diffuso per il quale la carriera militare e burocratica sia un elemento molto importante di vita economica e di affermazione politica (partecipazione effettiva al potere, sia pure indirettamente, per «ricatto»)? Nell’Europa moderna questo strato si può identificare nella borghesia rurale media e piccola, più o meno diffusa a seconda dello sviluppo delle forze industriali da una parte e della riforma agraria dall’altra. È evidente che la carriera militare e burocratica non può essere monopolio di questo strato; ma due elementi sono importanti nel determinare una particolare omogeneità ed energia di direttive in questo strato, dandogli un sopravvento politico e una funzione decisiva sull’insieme. La funzione sociale che compie e la psicologia
Dunque in una serie di paesi influenza dell’elemento militare nella politica non
La Spagna e la Grecia offrono due esempi tipici, con tratti simili e dissimili. Nella Spagna occorre tener conto di alcuni particolari: grandezza del territorio e scarsa densità della popolazione contadina. Tra il nobile latifondista e il contadino non esiste una vasta borghesia rurale: scarsa importanza dell’ufficialità subalterna come forza a sé. I governi militari sono governi di grandi generali. Passività delle mas
§
Dovendo scrivere su Oriani è da notare il brano che gli dedica lo Scarfoglio (p. 227 dell’edizione Mondadori, 1925). Per lo Scarfoglio (che scrive verso il 1884) l’Oriani è un debole, uno sconfitto, che si consola atterrando tutto e tutti: «Il signor di Banzole ha la memoria ammucchiata di letture frettolose e smozzicate, di teoriche male intese e mal digerite, di fantasmi malamente e fiaccamente formati; di più, l’instrumento della lingua non gli sta troppo sicuramente nelle mani». È interessante una citazione, forse dal libro
§
§
Si aspetta «troppo» dalla scienza, e perciò non si sa valutare ciò che di reale la scienza offre.
§
Nel mondo moderno, l’educazione tecnica, implicitamente legata al lavoro intellettuale industriale anche più primitivo (manovale), forma la base del «nuovo intellettuale»: è su questa base che bisogna lavorare per sviluppare il «nuovo intellettualismo». Questa è stata la linea dell’«Ordine Nuovo» (ricordare lo spunto per il capitolo «Passato e presente»). L’avvocato, l’impiegato, sono il tipo corrente d’intellettuale, che si crede investito di una grande dignità sociale: il suo modo di essere è l’«eloquenza» motrice degli affetti. Nuovo intellettuale-costruttore, organizzatore, «persuasore permanentemente» e pure superiore allo spirito astratto matematico: dalla tecnica-lavoro giunge alla tecnica-scienza e alla concezione «umanistico-storica»,
§
§
§
Mi pare che la tesi del Macchioro sia un berretto per tutte le teste.
§
§ Quistione su «struttura e poesia» nella
Qual’è la posizione di Cavalcante, qual’è il suo tormento? Cavalcante vede nel passato e vede nell’avvenire, ma non vede nel presente, in una zona determinata del passato e dell’avvenire in cui è compreso il presente. Nel passato Guido è vivo, nell’avvenire Guido è morto, ma nel presente? è morto o vivo? Questo è il tormento di Cavalcante, il suo assillo, il suo unico pensiero dominante. Quando parla, do
Come Dante rappresenta questo dramma? Egli lo suggerisce al lettore, non lo rappresenta; egli dà al lettore gli elementi perché il dramma sia ricostruito e questi elementi sono dati dalla struttura. Tuttavia una parte drammatica c’è e precede la didascalia. Tre battute: Cavalcante appare, non dritto e virile come Farinata, ma umile, abbattuto, forse inginocchiato e domanda dubbiosamente del figlio. Dante risponde, indifferente o quasi e adopera il verbo che si riferisce a Guido al passato. Cavalcante coglie subito questo fatto e urla disperatamente. C’è il dubbio in lui, non la certezza; domanda altre spiegazioni con tre domande in cui c’è una gradazione di stati d’animo. «Come dicesti: egli “ebbe”?» – «Non vive egli ancora?» – «Non fiede gli occhi suoi lo dolce lome?» Nella terza domanda c’è tutta la tenerezza paterna di Cavalcante; la generica «vita» umana è vista in una condizione concreta, nel godimento della luce, che i dannati e i morti hanno perduto. Dante indugia a rispondere e allora il dubbio cessa in Cavalcante. Farinata invece non si scuote. Guido è il marito di sua figlia, ma questo sentimento non ha in lui potere in quel momento. Dante sottolinea questa sua forza d’animo. Cavalcante si affloscia
Dante non interroga Farinata solo per «istruirsi», egli lo interroga perché è rimasto colpito della scomparsa di Cavalcante. Egli vuole che gli sia sciolto il nodo che gli impedì di rispondere a Cavalcante; egli si sente in colpa dinanzi a Cavalcante. Il brano strutturale non è solo struttura, dunque, è anche poesia, è un elemento necessario del dramma che si è svolto.
L’obbiezione ha una parvenza di verità: se Dante non può immaginarsi, come il Manzoni, ponente dei limiti alla sua espressione per ragioni pratiche (il Manzoni si propose di non parlare dell’amore sessuale e di non rappresentarne le passioni nella loro pienezza, per ragioni di «morale cattolica»), il fatto sarebbe avvenuto per «tradizione di linguaggio poetico», che del resto Dante non avrebbe sempre osservato (Ugolino, Mirra, ecc.), «rincalzato» dai suoi speciali sentimenti per Guido. Ma si può ricostruire e criticare una poesia se non nel mondo dell’espressione concreta, del linguaggio storicamente realizzato? Non un elemento «volontario» dunque, «di carattere pratico o intellettivo»
§ Plinio ricorda che Timante di Sicione aveva dipinto la scena del sacrificio di Ifigenia effigiando Agamennone velato. Il Lessing, nel
Di queste diverse rappresentazioni del sacrifizio di Ifigenia parla Paolo Enrico Arias nel «Bollettino dell’Istituto Nazionale del dramma antico di Siracusa», articolo riassunto dal «Marzocco» del 13 luglio 1930.
Nelle pitture pompeiane esistono altri esempi di figure velate: es.
§ La data della morte di Guido Cavalcanti fu fissata criticamente per la prima volta da Isidoro Del Lungo nella sua opera
§
Nella sua recensione il Gargàno scrive a un certo punto: «L’amico di Guido dice al povero padre
La parola più importante del verso: «Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno» non è «cui» o «disdegno» ma è solo
Che il Morello non abbia letto che superficialmente il canto X si vede dalle pagine in cui tratta dei rapporti tra Farinata e Guido Cavalcanti (p. 35). Il Morello vuol spiegare l’impassibilità di Farinata durante lo svolgimento «dell’
Che tra Cavalcante e Farinata vi sia rapporto intimo nella poesia di Dante risulta dalla lettera del Canto e dalla sua struttura: Cavalcante e Farinata sono vicini (qualche illustratore immagina addirittura che siano nella stessa arca), i loro due drammi si intrecciano strettamente e Farinata viene ridotto alla funzione strutturale di «explicator» per far penetrare il lettore nel dramma di Cavalcante. Esplicitamente, dopo l’«ebbe», Dante contrappone Farinata a Cavalcante nell’aspetto fisico-statuario che esprime la loro posizione morale: Cavalcante
Ma l’incomprensione della lettera del canto da parte del Morello si rivela anche dove egli parla di Cavalcante, pp. 31 e segg.:
Superficialità piena di contraddizioni perché poi il Morello si ferma sulla predizione di Farinata, senza pensare che se questi eresiarchi possono sapere il futuro, devono sapere il passato, dato che il futuro diventa sempre passato: ciò non lo porta a rileggersi il testo e ad accertarne il significato.
Ma anche la così detta interpretazione politica del che il Morello fa del X canto è superficialissima: essa non è altro che la ripresa della vecchia quistione: Dante fu guelfo o ghibellino? Per il Morello, sostanzialmente, Dante fu ghibellino e Farinata è «il suo eroe», solo che Dante fu ghibellino come Farinata, cioè «uomo politico» più che «uomo di parte». Si può, in questo argomento dire tutto ciò che si vuole. In realtà Dante, come egli stesso dice, «fece parte per se stesso»: egli è essenzialmente un «intellettuale» e il suo settarismo e la sua partigianeria sono d’ordine intellettuale più che politico in senso immediato. D’altronde la posizione politica di Dante potrebbe esser fissata solo con un’analisi minutissima non solo di tutti gli scritti di Dante stesso, ma
Questo scritto
§
Per il Russo non si può parlare di rinunzie descrittive in Dante. Si tratta, in forma negativa, di espressioni piene, sufficienti, di tutto quello che si agita veramente nel petto del poeta.
Il Russo accenna in nota a un suo studio,
§ Nel 1918, in un «Sotto la Mole» intitolato
§ Da una lettera del prof. U. Cosmo (dei primi mesi del 1932) riporto alcuni brani sull’argomento di Cavalcante e Farinata: «Mi pare che l’amico nostro abbia colpito
Ci sarebbe da osservare molte cose su queste note del prof. Cosmo.
§ Poiché occorre infischiarsi del gravissimo compito di far progredire la critica dantesca o di portare la propria pietruzza all’edifizio commentatorio e chiarificatorio del divino poema ecc., il modo migliore di presentare queste osservazioni sul Canto decimo pare debba proprio essere quello polemico, per stroncare un filisteo classico come Rastignac, per dimostrare, in modo drastico e fulminante, e sia pure demagogico, che i rappresentanti di un gruppo sociale subalterno possono far le fiche, scientificamente e come gusto artistico, a ruffiani intellettuali come Rastignac. Ma Rastignac conta meno di un fuscello nel mondo culturale ufficiale! Non ci vuole molta bravura per mostrarne l’inettitudine e la zerità. Ma intanto la sua conferenza è stata tenuta alla Casa di Dante romana: da chi è diretta questa Casa di Dante della città eterna? Anche la Casa di Dante e i suoi dirigenti contano nulla? E se contano nulla perché la grande cultura non li elimina? E come è stata giudicata la conferenza dai dantisti? Ne ha parlato il Barbi, nelle sue
§
§
Insomma si dovrebbe ricostruire per ogni capitale l’insieme delle forze ideologiche che operano continuamente e simultaneamente nelle pubblicazioni periodiche di ogni genere. Rapporto dei giornali della capitale con quelli provinciali in genere. Bisogna tener conto per certi paesi, dell’esistenza di altri centri dominanti oltre la capitale, come Milano in Italia, Barcellona in Spagna, Monaco in Germania, Manchester in Inghilterra (e Glasgow), ecc.
L’opposizione al trattato del Mioni è dunque radicale. Questo trattato del Mioni può assumersi come uno dei documenti più importanti ideologici del cattolicismo integrale e ultrareazionario.
Molto severo è invece il Croce nella «Critica» del maggio 1932. Per il Croce il libro del Meozzi è una futilità inutile, una raccolta arida di nomi e di notizie
§
«In Inghilterra, fino a tutto il secolo scorso, si potrebbe quasi dire fino alla guerra mondiale, il fine educativo più alto che si proponevano le migliori scuole era quello di formare il
«Il
Fino a qualche decennio fa esistevano in Inghilterra solo tre grandi università complete, Oxford, Cambridge e Londra, e una minore a Durham. Per entrare a Oxford e a Cambridge bisogna venire dalle così dette
«Questa concezione dell’educazione, che è prevalsa finora in Inghilterra, è a base umanistica». Nella maggior parte delle
Il movimento verso la nuova cultura è generale: sorgono scuole e istituzioni private, serali, per adulti, con un insegnamento ibrido ma essenzialmente tecnico e pratico. Sorge intanto tutta una letteratura scientifica popolare. Infine l’ammirazione per la scienza è tanta che anche i giovani delle classi colte ed aristocratiche considerano gli studi classici come un inutile perditempo. Il fenomeno è mondiale. Ma l’Inghilterra aveva resistito più a lungo di altri e ora si orienta verso una forma di cultura prevalentemente tecnica. «Il tipo del perfetto hanno è stato commercializzato con la cultura e diventa un competitore sempre più minaccioso del libro inglese. Gli editori britannici, specialmente quelli che hanno succursali in America, hanno dovuto adottare i metodi di propaganda e di diffusione americani. «In Inghilterra il libro, appunto perché più letto e diffuso che da noi, esercita un’efficacia formativa ed educativa notevole, e rispecchia più fedelmente che da noi la vita intellettuale della nazione». In questa vita intellettuale sta avvenendo un mutamento.
Dei volumi pubblicati nel primo trimestre del 1932 (che numericamente sono cresciuti in confronto al 1° trimestre del 31), il romanzo mantiene il primo posto; il secondo posto non è più dei libri per bambini, ma dei libri pedagogici ed educativi in genere e c’è un sensibile aumento nelle opere storiche e biografiche e nei volumi di carattere tecnico e scientifico, soprattutto popolare.
Dai volumi inviati alla Fiera Internazionale del Libro a Firenze «noi vediamo che i recenti libri di carattere culturale sono più tecnici che educativi, tendono a discutere questioni scientifiche e aspetti della vita sociale, o a fornire cognizioni pratiche, più che a formare il carattere».
§
§