Cosa rimane oggi dei modernisti e degli integrali? È difficile identificare la loro forza oggettiva nella Chiesa ma certamente essi sono «fermenti» che con
Da un articolo di padre Rosa nella «Civiltà Cattolica» del 21 luglio 1928 (
Monsignor Benigni continua ad avere una notevole organizzazione: a Parigi Récalde – Luc Verus – Simon (Luc Verus è uno pseudonimo collettivo degli «integrali») pubblicano una collezione intitolata
Il Rosa cita l’opuscolo
A Roma il Benigni si serve dell’Agenzia
In passato il Benigni stampava una pubblicazione periodica, «Miscellanea
Nelle sue «Ricerche religiose» (luglio 1928, p. 335) il Buonaiuti racconta un episodio caratteristico. Nel 1909 il modernista prof. Antonino De Stefano (attualmente prete spretato e professore d’Università) doveva pubblicare a Ginevra una «Revue moderniste internationale»; Buonaiuti gli scrive una lettera. A poche settimane di distanza è chiamato al Santo Uffizio. L’assessore del tempo, il domenicano Pasqualigo, gli contestò parola per parola la lettera al De Stefano. La lettera era stata trafugata a Ginevra: un emissario romano si era «traforato» in casa De Stefano.
Naturalmente per Buonaiuti, Benigni è stato uno strumento e un complice dei gesuiti. (Buonaiuti però collaborò alla «Miscellanea» del Benigni nel 1904).
Su questo argomento,
Dall’articolo
Il Rotary, sorto come istituzione nazionale, nel 1910, si costituì in associazione internazionale con un versamento di
Il
Filippo Tajani nel «Corriere della Sera» del 22 giugno 1928 ha scritto che il
Il consultore del Santo Uffizio, P. Cornelio Everboeck, gesuita, nel febbraio 1837 diede il suo parere sugli asili all’assessore del Santo Uffizio, Mons. Cattani: è uno studio di 48 grandi e fitte pagine, dove si comincia esaminando la dottrina e il metodo dei sansimoniani e conclude che il metodo delle nuove scuole è infetto, o almeno sospettosissimo, della dottrina e della massima di panteismo e sansimonismo, ne consiglia la condanna e propone un’Enciclica contro la setta e la dottrina dei sansimonisti (p. 227). Lo scrittore della «Civiltà Cattolica» riconosce che mentre la prima parte del parere, contro il sansimonismo in generale come dottrina, mostra «lo studio e l’erudizione del consultore», la seconda parte invece, che dovrebbe dimostrare l’infiltrazione del sansimonismo nella nuova forma di scuole, è molto più
§
§
§
§
In realtà la Chiesa non vuole compromettersi nella vita pratica economica e non si impegna a fondo, né per attuare i principi sociali che afferma e che non sono attuati, né per difendere, mantenere o restaurare quelle situazioni in cui una parte di quei principi era già attuata e che sono state distrutte. Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di Chiesa come Chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i privilegi che proclama legati alla propria essenza divina: per questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né l’insurrezione armata, né l’attentato individuale, né l’appello all’invasione straniera. Tutto il resto è trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle condizioni esistenziali proprie. Per «dispotismo» la Chiesa intende l’intervento dell’autorità statale laica nel limitare o sopprimere i suoi privilegi, non molto di più: essa riconosce qualsiasi potestà di fatto, e purché non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accre
Date queste premesse, il «pensiero sociale» cattolico ha un puro valore accademico: occorre studiarlo e analizzarlo in quanto elemento ideologico oppiaceo, tendente a mante
Sul «pensiero sociale» cattolico è da tener presente il libro del padre gesuita Albert Muller, professore alla scuola superiore commerciale di S. Ignazio in Anversa –
§
§
Ma il Romier è elemento attivo dell’Azione Cattolica francese, o solo incidentalmente ha partecipato a questa riunione?
La
§
§
(Bisogna ricordare il fatto che il governo piemontese dette armi ai cattolici del
§
Ma lottare contro i «cattolici integrali» è molto più difficile che lottare contro i modernisti. La lotta contro l’
Questo articolo della «Civiltà Cattolica», scritto indubbiamente dal padre Rosa, è molto cauto nell’uso dei documenti del Fontaine:
Dall’articolo della «Civiltà Cattolica» traggo qualche spunto. Si accenna che anche in Italia Maurras ha trovato difensori tra i cattolici: si parla di «imitatori o fautori, palesi od
L’Abate Boulin, direttore della «Revue internationale des sociétés secrètes», «integrale», collegato a Benigni-Mataloni; il Boulin si serve di pseudonimi (René Roger Duguet); accanito antigesuita. L’
Questo articolo della «Civiltà Cattolica» è veramente importante e bisognerà rivederlo, in caso di stesura di studio su
Gli integrali chiamano i gesuiti «modernizzanti» e «modernizzantismo» la loro tendenza. Divisero i cattolici in «integrali» e «non integrali», cioè «papali» ed «episcopali». (Pare che l’enciclica di Benedetto XV
La «Sapinière», associazione segreta, presentata al pubblico col nome di «Sodalizio Piano», organizzò la lotta contro i gesuiti «modernizzanti», «in tutto contrariamente alla prima idea ed al programma officiale proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal Segretario della Concistoriale, non certamente perché servisse allo sfogo di passioni private, alla denunzia e diffamazione di integerrimi ed anche eminenti personaggi, di Vescovi o d’interi Ordini religiosi, nominatamente del nostro, che mai finora erasi veduto in balia a siffatte calunnie, neppure ai tempi della sua soppressione. Da ultimo poi, finita la guerra e molto più dopo lo scioglimento del
Gli «integrali» sparsero «le peggiori calunnie» contro Benedetto XV, come si può vedere dall’articolo comparso alla morte di questo papa nella «Vieille France» (di Urbain Gohier, credo) e nella «Ronda» (febbraio 1922), «anche questo (periodico) tutt’altro che cattolico e morale, ma onorato tuttavia dalla collaborazione di Umberto Benigni, il cui nome si trovava registrato nella bella compagnia di quei giovani più o meno scapestrati». «Lo stesso spirito di diffamazione, continuato sotto il presente Pontificato, in mezzo alle file medesime dei cattolici, dei religiosi e del clero, non si può dire quanto abbia fatto di male nelle coscienze, quanto scandalo portatovi e quanta alienazione di animi, in Francia sopra tutto. Quivi infatti la passione politica induceva a credere più facilmente le calunnie, mandate spesso da Roma, dopo che i ricchi Simon e altri compari, di spirito gallicano e giornalistico (sic), ne spesarono gli autori e procurarono la diffu
Secondo l’articolista tra
L’articolo conclude: «Ma la verità non ha da temere: e per parte nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza paura né trepidazione od esitanza, anche contro i
Ricorda poi un viaggio del Benigni in America (di cui parlò la «Civiltà Cattolica», 1927, IV, p. 399) dove distribuì i libelli antigesuitici; a Roma ci sarebbe un deposito di più decine di migliaia di copie di tali libelli.
§
§
§
È questa un’offensiva protestante contro il cattolicismo che presenta due momenti essenziali: 1) le Chiese protestanti tendono a frenare il movimento disgregatore nelle loro file (che dà luogo continuamente a nuove sette); 2) si alleano tra loro e ottenendo un certo consenso da parte degli ortodossi, pongono l’assedio al Cattolicismo per fargli rinunziare al suo primato e per offrire nella lotta un fronte unico protestante imponente, invece che una moltitudine di chiese, sette, tendenze di diversa importanza e che una per una più difficilmente potrebbero resistere alla tenace e unificata iniziativa missionaria cattolica. La quistione dell’unità delle chiese cristiane è un formidabile fenomeno del dopoguerra ed è degno della massima attenzione e di studio accurato.
§
La quistione si pose al tempo di Leone XIII e del
Per la «Civiltà Cattolica» questo non sarebbe «opportunismo», ma tale sarebbe solo
I cattolici devono distinguere tra «funzione dell’autorità» che è diritto inalienabile della società, che non può vivere senza un ordine, e «persona» che esercita tale funzione e che può essere un tiranno, un despota, un usurpatore, ecc. I cattolici si sottomettono alla «funzione» non alla persona. Ma Napoleone III fu chiamato uomo provvidenziale dopo il colpo di stato del 2 dicembre, ciò che significa che il vocabolario politico dei cattolici è diverso da quello comune.
§
§
Le cose sono molto diverse da quelle che paiono allo scrittore della «Civiltà Cattolica», ed Emanuele Filiberto continua e realizza Machiavelli più di quanto non possa sembrare: per esempio nell’ordinamento delle milizie nazionali. D’altronde Emanuele Filiberto per altre cose poteva richiamarsi al Machiavelli; egli non rifuggiva anche dal far sopprimere con la violenza e con la frode i suoi nemici.
Questo articolo della «Civiltà Cattolica» interessa per i rapporti tra Emanuele Filiberto e i gesuiti e per la parte presa da questi nella lotta contro i Valdesi.
§
§
È una rassegna dell’Azione Cattolica nei principali paesi e un’esposizione delle dottrine papali in proposito. In Germania non esiste l’Azione Cattolica del tipo comune, ma viene considerata tale l’insieme dell’organizzazione cattolica. (Ciò significa che in Germania il cattolicismo è dominato dal protestantesimo e non osa attaccarlo con una propaganda intensa). Su questa base sarebbe da studiare come si spieghi la base politica del «Centro». (Cfr. anche il libro di Monsignor Kaller,
Il libro dello Schlund tende a introdurre e popolarizzare in Germania l’Azione Cattolica di tipo italiano, e certo Pio XI deve spingere in tal senso (forse però con cautela, perché una accentuata attività potrebbe risvegliare vecchi rancori e vecchie lotte).
§
2) L’introduzione dell’alfabeto sillabico avrà conseguenze di grande portata sulla struttura culturale cinese: sparita la scrittura «universale», affioreranno le lingue popolari e quindi nuovi gruppi di intellettuali su questa nuova base. Cioè si romperebbe l’unità attuale di tipo «cosmopolitico» e ci sarebbe un pullulare di forze «nazionali» in senso stretto. Per alcuni aspetti la situazione cinese può essere paragonata a quella dell’Europa occidentale e centrale nel Medio Evo, al «cosmopolitismo cattolico» cioè, quando il «mediolatino» era la lingua delle classi dominanti e dei loro intellettuali: in Cina la funzione del «mediolatino» è svolta dal «sistema di scrittura», proprio delle classi dominanti e dei loro intellettuali. La differenza fondamentale è data da ciò: che il pericolo che teneva unita l’Europa medioevale, pericolo mussulmano in generale – arabi, a Sud, Tartari e poi Turchi a Oriente e Sud-Est – non può essere neanche lontanamente paragonato ai pericoli che minacciano l’autonomia cinese nel periodo contemporaneo. Arabi, Tartari, Turchi erano relativamente «meno» organizzati e sviluppati dell’Europa di quel tempo e il pericolo era «meramente» o quasi tecnico-militare. Invece l’Inghilterra, l’America, il Giappone sono superiori alla Cina non solo «militarmente» ma economicamente, culturalmente, su tutta l’area sociale, insomma. Solo l’unità «cosmopolitica» attuale, di centinaia di milioni di uomini, col suo particolare nazionalismo di «razza» – xenofobia – permette al governo
La politica dei successori di destra di Sun Yat-Sen deve essere esaminata da questo punto di vista. Il tratto caratteristico di questa politica è rappresentato dalla «non volontà» di preparare, organizzare e convocare una
(Sulla quistione degli intellettuali cinesi occorre raccogliere e organizzare molto materiale per elaborare un paragrafo sistematico della rubrica sugli
Nel 1815, con la formazione nel
Nel cinese «chi più legge più sa»: infatti, tutto riducendosi a sintassi, solo una lunga pratica con i modi, le clausole della lingua può essere di certo indirizzo alla intelligenza del testo. Tra il vago valore degli ideogrammi e la comprensione integrale del testo ci deve essere un esercizio dell’intelligenza che, nella necessità di adattamento logico, non ha quasi limite in paragone alle lingue flessive.
Libro del Wiegor,
Nel «Marzocco» del 23 ottobre 1927 Alberto Castellani dà notizia del libro di Alfredo Forke:
Il Forke esamina inoltre le diramazioni della filosofia cinese fuori della Cina, specialmente nel Giappone. Il Giappone ha preso dalla Cina insieme alle altre forme di cultura anche la filosofia, pur dandole un certo carattere proprio. Il Giapponese non ha tendenze metafisiche e speculative come il cinese (è «pragmatista» ed empirista). I filosofi cinesi tradotti in giapponese, acquistano però una maggiore perspicuità. (Ciò significa che i giapponesi hanno preso dal pensiero cinese ciò che era utile per la loro cultura, un po’ come i romani hanno fatto coi greci).
Il Castellani ha recentemente pubblicato:
§
§
§
Sarà da vedere se le riviste di filologia classica si sono occupate della traduzione del Panzini: in ogni modo l’articolo dell’Orvieto mi pare sufficiente per il mio scopo (bisogna rivederlo perché in questo momento me ne manca una parte).
§
§
Questa conferenza bisognerà leggerla. In realtà «umanità» significa Occidente, perché l’Oriente si è proprio fermato alla fase dell’indagine rivolta solo al mondo interiore. La quistione sarebbe questa, da porre in base allo studio della conferenza di Bergson: se non è proprio lo studio della materia – e cioè il grande sviluppo delle scienze intese come teoria e come applicazione industriale – che ha fatto nascere il punto di vista che lo spirito sia un «mistero», in quanto ha impresso al pensiero un ritmo accelerato di movimento, facendo pensare a ciò che potrà essere «l’avvenire dello spirito» (problema che non si pone quando la storia è stagnante) e facendo quindi vedere lo spirito come una entità misteriosa che si rivela un po’ capricciosamente ecc.
§
Nel «Marzocco» del 16 dicembre 1928 il Barbadoro, in una breve nota, ricorda questa sua affermazione a proposito di un ampio studio di Michelangelo Schipa pubblicato nell’
Questa corrente di studi è molto interessante per comprendere la funzione storica dei Comuni e della prima borghesia italiana che fu disgregatrice dell’unità esistente, senza sapere o poter sostituire una nuova propria
§
§ M. Iskowicz,
§
§
§
§
§
§
§ politica, sia come tendenza politica (Sacro Romano Impero), sia come tendenza culturale (Chiesa cattolica). Nel libro
Altro aspetto da osservare è la valorizzazione dell’elemento non romano nella formazione delle nazioni moderne: elemento germanico nella formazione degli stati romano-germanici: questo aspetto è coltivato dai tedeschi e continua nella polemica sull’importanza della Riforma come premessa della modernità. Ma nella formazione degli Stati romano-germanici, oltre all’elemento romano e a quello germanico, c’è un terzo e anche talvolta un quarto elemento; in Francia, oltre all’elemento romano e a quello franco, c’è l’elemento celtico, dato dalla autoctona popolazione gallica; in Ispagna c’è ancora, in più, l’elemento arabo con la sua influenza scientifica nel Medio Evo. A proposito dell’elemento gallico nella formazione della civiltà francese, c’è sempre stata tutta una letteratura, di carattere misto storico e popolare. Nel tempo più recente è da
§
§ T. Tittoni,
la proposta l’obbligo di votare nel comune di origine fu escogitato «per impedire il voto di artificiali (!) aggruppamenti come quelli di Torino, ove per le officine delle ferrovie si trovava concentrato un gran numero di ferrovieri, tale da costituire un’artificiosa maggioranza fortuita (!) di operai di Romagna e di altre parti d’Italia all’infuori di Torino». Nelle memorie di Tittoni si potrebbero spigolare vari episodi di simili pastette politiche, in cui hanno sempre avuto incontestabile eccellenza i reazionari.
§ Enrico Catellani,
§ Claudio Faina,
§
§ Domenico Spadoni,
§ Bernardo Sanvisenti,
§
Introduzione del Buddismo nel Giappone, avvenuta nel 552 d. C. Fino allora il Giappone aveva conosciuto una sola religione, la sua religione nazionale. Dal 552 ad oggi la storia religiosa del Giappone è stata determinata dai rapporti e dalle interferenze fra questa religione nazionale e il Buddismo (tipo di religione extranazionale e supernazionale come il cristianesimo e l’islamismo); il cristianesimo, introdotto nel Giappone nel 1549 dai Gesuiti (Francesco Saverio), fu sradicato con la violenza nei primi decenni del secolo XVII; reintrodotto dai missionari protestanti e cattolici nella seconda metà del secolo XIX, non ha avuto grande importanza complessivamente. Dopo l’introduzione del Buddismo, la religione nazionale fu chiamata con parola sino-giapponese
All’inizio il Buddismo fu accolto nel Giappone dalle classi colte, insieme alla civiltà cinese (ma la civiltà cinese portò solo il Buddismo?) Successe un sincretismo religioso: Buddismo-Shintoismo. Elementi di confucianismo. Nel secolo XVIII ci fu una reazione al sincretismo in nome della religione nazionale che culminò
Mi pare artificiale la critica del Pettazzoni (vedere anche in Cina quel che avviene a proposito di Sun Yat Sen e dei tre principi: si sta formando un tipo di culto di Stato, areligioso: mi pare che l’immagine di Sun abbia un culto come quello dell’Imperatore vivente in Giappone). Nel popolo e anche nelle persone colte rimane però viva la coscienza e il sentimento dello Shinto come religione (ciò è naturale, ma mi pare innegabile l’importanza della Riforma, che tende, coscientemente o no, alla formazione di una coscienza laica, in forme paradossali quanto si vuole). (Questa discussione, se lo Shinto di Stato sia una religione o no mi pare la parte più importante del problema culturale giapponese: ma tale discussione non si può fare per il Cristianesimo, certamente).
§
Il Costantini non crede che Sun sia stato «divinizzato»: «Quanto agli inchini del capo innanzi al ritratto di Sun Yat-Sen, gli scolari cristiani non sono da inquietarsi. Per sé e di sua natura l’inchino del capo non ha senso superstizioso. Secondo l’intenzione del governo questa cerimonia non è altro che un ossequio meramente civile ad un uomo considerato quale Padre della Patria. Potrà essere eccessivo, ma non è in nessun modo idolatrico (il Governo per sé è ateo) e non vi è legato nessun sacrifizio. Se in qualche luogo per abuso si facessero dei sacrifizi, ciò dovrà ritenersi superstizioso e i cristiani non vi potrebbero assistere in niun modo. Non è nostro ufficio creare una coscienza erronea, ma illuminare gli alunni dove fosse qualche dubbio sul significato di tali cerimonie civili». Quanto all’insegnamento obbligatorio del triplice demismo, il Costantini scrive: «Secondo il mio giudizio personale, è lecito, se non insegnare, almeno spiegare nelle scuole pubbliche i principii del triplice de
L’articolo della «Civiltà Cattolica» riassume la posi
§ Domenico Meneghini,
§
È certo che il Cusano è un riformatore del pensiero medioevale e uno degli iniziatori del pensiero moderno; lo prova il fatto stesso che la Chiesa lo dimenticò e il suo pensiero fu studiato dai filosofi laici che vi avevano ritrovato uno dei precursori della filosofia classica moderna.
Importanza dell’azione pratica del Cusano per la storia della Riforma protestante. Al Concilio (di Costanza?) fu contro il papa per i diritti del Concilio. Si riconciliò col papa. Al Concilio di Basilea sostenne la riforma della Chiesa. Tentò di conciliare Roma con gli hussiti: di riunire Oriente e Occidente e persino pensò di preparare la conversione dei Turchi, rilevando il nucleo comune nel Corano e nell’Evangelo.
Si può dire che la Riforma luterana scoppiò perché fallì l’attività riformatrice del Cusano, cioè perché la Chiesa non seppe riformarsi dall’interno. Per la tolleranza religiosa, ecc. (Nato nel 1401 – morto nel 1464).
Michele Losacco,
L’elemento più stabile di «interesse» è certamente l’interesse «morale» positivo o negativo, cioè per adesione o per contraddizione: «stabile» in un certo senso, cioè nel senso della «categoria morale», non del contenuto concreto morale. Strettamente legato a questo è l’elemento «tecnico» in un certo senso particolare, cioè «tecnico» come modo di far capire nel modo più immediato e più drammatico il contenuto morale, il contrasto morale del romanzo, del poema,
Che ciò avvenga, che così sia, è appunto provato dalla così detta letteratura mercantile, che è una sezione della letteratura popolare-nazionale: il carattere «mercantile» è dato dal fatto che l’elemento «interessante» non è «ingenuo», «spontaneo», intimamente fuso nella concezione intuizione artistica, ma ricercato dall’esterno, meccanicamente, dosato industrialmente come elemento certo di «fortuna» immediata. Ciò significa, in ogni caso, però, che anche la letteratura commerciale non dev’essere trascurata nella storia della cultura: essa anzi ha un valore grandissimo proprio da questo punto di vista, perché il successo di un libro di letteratura commerciale indica (e spesso è il solo indicatore esistente) quale sia la «filosofia dell’epoca», cioè quale massa di sentimenti e di concezioni del mondo predomini nella moltitudine «silenziosa». Questa letteratura è uno «stupefacente» popolare, è un «oppio». (Da questo punto di vista si potrebbe fare un’analisi del
§
In questo articolo del Cavina c’è uno spunto «curioso». Egli cita il principio del Machiavelli: «Alcuna provincia non fu mai unita e felice, se la non viene tutta alla obedienza d’una repubblica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia ed alla Spagna» e continua: «E che questo non sia avvenuto all’Italia è bensì da imputarsi, con giudizio empirico, specialmente alla Chiesa – che non fu mai tanto forte da potere occupare essa tutta la penisola, né mai tanto debole da dover permettere che un altro l’occupasse, come dice il Machiavelli – e in parte anche agli altri Stati; ma è soprattutto da imputarsi al sistema dell’equilibrio delle potenze italiane. Qui è da vedersi la ragione storica e nazionale della mancata unione della patria, in quanto essa derivava non già da un pensiero individuale, ma da un effettivo pensiero universale, tramandatosi da generazione a generazione, lungo secoli, e rispondente dunque al genio nazionale». Cosa vuol dire tutto ciò? Che il «genio nazionale» consisteva nel non essere «nazionale»? E il «sistema di equilibrio» delle potenze italiane non era in gran parte determinato dalle necessità di esistenza dello Stato pontificio, che era potenza mondiale e italiana nello stesso tempo? Una grande
Tuttavia il problema non è completamente assurdo, purché sia inteso e circoscritto esattamente nel suo carattere politico-attuale, cioè per spiegare certi sviluppi storici legati alla vita moderna, o come elemento per studiare determinati criteri di metodo. L’accenno del Cavina all’«effettivo pensiero universale» è uno spunto interessante, se precisato e svolto nel senso che io ho fatto in altre note. Cioè, l’Italia, per la sua funzione «cosmopolita», durante il periodo dell’Impero Romano e durante il Medio Evo subì passivamente i rapporti internazionali; cioè nello sviluppo della sua storia i rapporti internazionali prevalsero sui rapporti nazionali. Ma il Papato appunto è l’espressione di questo fatto; dato il carattere duplice del regno papale, di essere sede di una monarchia spirituale universale e di un principato temporale, è certo che la sua potenza terrena doveva essere limitata (il Machiavelli vide benissimo ciò, come si rileva dal III capitolo del
È vero dunque che negli italiani la tradizione dell’universalità romana e medioevale impedì lo sviluppo delle forze
(Bisognerebbe poter fare, per comprendere esattamente il grado di sviluppo raggiunto dalle forze nazionali in Italia nel periodo che va dal nascere dei Comuni al sopravvento del dominio straniero, una ricerca del tipo di quella del Groethuysen nelle
§
La «Civiltà Cattolica» registra l’accanita resistenza delle Chiese protestanti contro Smith e parla di «guerra di religione». Non c’è accenno alla posizione assunta dallo Smith verso il Papa nella sua famosa lettera (cfr. libro del Fontaine sulla
§ elementi misure più importanti escogitate dalla Chiesa per rafforzare la sua compagine nei tempi moderni è
§
In questo stesso fascicolo vedi la lettera di Pio XI al cardinal Bertram, arcivescovo di Breslavia, a proposito dell’Azione Cattolica in Germania, e che deve considerarsi come un intervento personale del Papa per dare un maggiore impulso al movimento dell’Azione Cattolica che in Germania pare non trovi caldi organizzatori: la lettera del Papa è un vero programma teorico-pratico ed è interessante in generale, oltre che per la Germania. La «Civiltà Cattolica» commenta a lungo la lettera e si capisce che il commento serve anche per altri paesi.
§
§
§
Don Giovanni Casati è lo specialista cattolico in bio-bibliografia. Dirige la «Rivista di Letture» che consiglia e sconsiglia i libri da leggere e da acquistare per i privati e per le biblioteche cattoliche; sta compilando un repertorio
Nel dizionario degli
Nel
Chi sono i «convertiti» compresi nel
Dei 591 scrittori cattolici italiani viventi, 374 («salvo errore», scrive la «Civiltà Cattolica») sono uomini di Chiesa, sacerdoti e religiosi, tra cui tre cardinali, nove vescovi,
La «Civiltà Cattolica» nota qualche errore. Esiste un
La «Civiltà Cattolica» si augura che, allargati i quadri (inclusione giornalisti e pubblicisti) e vinta la ritrosia dei «modesti», l’elenco italiano si raddoppi, il che sarebbe sempre ben poco. Il curioso è che la «Civiltà Cattolica» parli di «snidare alcuni dalla propria modestia» e accenna all’«orientalista prof. P. S. Rivetta», il quale se è modesto come «orientalista» e come «prof. P. S. Rivetta», non è certo modesto come «Toddi», freddurista del «Travaso delle Idee», e redattore del foglio «Via Vittorio Veneto» per le garçonnes e per i frequentatori dei caffè di lusso e per tutti gli snobs.
§
In questo articolo sono riportati brani di articoli d’occasione pubblicati al momento della conciliazione. Così il sen. Petrillo (nel «Popolo d’Italia» del 17 febbraio 1929) ricorda ciò che avvenne nei
§
§ quali che forza sia nell’animo degli adolescenti il fervore religioso, e come, una volta acceso, esso porti il suo calore in tutti gli altri sentimenti,
Documento stupefacente davvero di gesuitismo e di bassezza morale. L’Ojetti può creare una nuova setta supergesuitica: un modernismo estetizzante gesuitico.
La risposta del p. Rosa è meno interessante perché gesuiticamente più anodina: il Rosa si guarda bene dal guardare per il sottile nel cattolicismo di Ojetti e in quello dei neo convertiti. Troppo presto: è bene che Ojetti e C. si dicano cattolici e si strofinino ai gesuiti, forse anzi da loro non si domanderà di più. Dice bene il Rosa: «convenienza o moda tuttavia – diciamolo tra noi in confidenza e di passaggio – che è forse un minor male e quindi un certo bene, rispetto a quella convenienza o moda antecedente, di futile anticlericalismo e di gretto materialismo, per cui molti (...) si tenevano lontani dalla professione della fede che pure serbavano ancora in fondo all’anima “naturalmente cristiana”».
§
Per l’Azione Cattolica italiana in senso stretto (laico) vedere gli Almanacchi Cattolici pubblicati ora da «Vita e Pensiero»: il più interessante e di maggiore valore storico è l’Almanacco Cattolico per il 1922 che registra la situazione cattolica nel primo periodo del dopoguerra.
§ Mons. Francesco Lanzoni,
Sono importanti anche gli studi del Duchesne sul cristianesimo primitivo (per l’Italia:
§
§
Le parole «fondamento e coronamento» del Concordato ripetono l’espressione del R. Decreto 1° ottobre 1923 n. 2185 sull’
I cattolici, naturalmente, mettono in relazione tutto ciò col 1° articolo dello Statuto, riconfermato nel 1° articolo del Trattato con la Santa Sede interpretando che lo Stato, in quanto tale,
§
Questo è il terreno della Chiesa: avendo accettato due strumenti distinti nello stabilire i rapporti tra Stato e Chiesa, il Trattato e il Concordato, si è accettato questo terreno necessariamente: il Trattato determina questo rapporto tra due Stati, il Concordato determina i rapporti tra due sovranità nello «stesso Stato», cioè si ammette che nello stesso Stato ci sono due sovranità uguali, poiché trattano a parità di condizioni (ognuna nel suo ordine). Naturalmente anche la Chiesa sostiene che non c’è confusione di sovranità, ma perché sostiene che nello «spirituale» allo Stato
§
§
§
Un altro punto da studiare è l’importanza avuta dal monachesimo nella creazione del feudalesimo. Nel suo volume
Meno importante, ai
Su questo nesso di quistioni oltre al Salvatorelli è da vedere il volumetto di Filippo Ermini
§
§
§
§
§ A. G. Bianchi, scritto pubblicato nel 1871, di M. G. Molinari,
§
§
Tutti questi fenomeni devono essere studiati e la loro importanza relativa fissata esattamente, in modo da dare il proprio valore al fatto fondamentale. Nell’articolo
§
§
§
Ma è stata questa la causa (almeno l’elemento più importante) della crisi industriale inglese? In che misura il governo sacrificò gli interessi degli industriali a quelli dei finanziari, portatori di prestiti all’estero e organizzatori del mercato finanziario mondiale londinese? Intanto: il ristabilimento del valore della sterlina può aver anticipato la crisi, non averla determinata, poiché tutti i paesi, anche quelli rimasti per qualche tempo a moneta fluttuante e che l’hanno consolidata a un valore più basso dell’originario, hanno subito e subiscono la crisi: si potrebbe dire che avere anticipato la crisi in Inghilterra avrebbe dovuto indurre gli industriali a correre prima ai ripari e a rimettersi quindi prima degli altri paesi, ritrovando così l’egemonia mondiale. D’altronde il ritorno immediato alla parità aurea ha evitato in
In ogni modo bisognerebbe fissare con esattezza il rapporto tra l’esportazione di merci e le esportazioni invisibili, tra il fatto industriale e quello finanziario: ciò servirebbe a spiegare la relativa scarsa importanza politica degli operai e il carattere ambiguo del partito laburista e la scarsezza di stimoli alla sua differenziazione e al suo sviluppo.
§
Per ora mi interessa un particolare (che potrebbe apparire nella rubrica «Passato e presente»), legato alla ripetuta affermazione del Caracciolo della insufficienza dell’apparato industriale italiano: verso il gennaio-febbraio 1918 (cfr. il volume del Caracciolo citato per stabilire esattamente il fatto) l’Italia mandò in Francia 60.000 uomini, lavoratori ausiliari, «che avevamo disponibili perché la nostra industria ancora non aveva potuto darci tutte le armi necessarie per armarli». Questo elemento può dar luogo ad alcune conseguenze: 1) Come sia politicamente erroneo chiamare «imboscati» gli addetti all’industria in tempo di guerra. Erano essi necessari e indispensabili all’attività bellica? Erano tanto necessari che risulta esserci stati troppo pochi «imboscati», tanto da rendere inutilizzabili in Italia 60.000 uomini. Questa propaganda contro i pseudo-imboscati ebbe
2) La contrapposizione di combattenti e di esonerati e imboscati da fatto privato diventò fatto di diritto pubblico e ciò è l’aspetto più grave della quistione, perché lasciò formarsi l’opinione che gli esonerati fossero dei veri «imboscati», non elementi indispensabili per l’attività bellica anche se non combattenti, con sanzione ufficiale. Per legge si deve preferire un ex combattente nelle officine, ecc. (Se nelle officine ci furono degli imboscati veri questi sono da ricercare specialmente nei tecnici di secondo grado: la riduzione al minimo delle operazioni di lavoro determinata dal limitato numero di oggetti fabbricati e dalla loro struttura elementare e il lavoro a serie, avevano ridotto la funzione da
In Italia, col ristretto apparato industriale in confronto delle necessità del tempo di guerra, il problema è spinoso: necessariamente, l’industria metallurgica e meccanica, ma parzialmente anche altre industrie (chimiche, del legno, tessili) devono essere mobilitate e siccome la produzione deve essere teoricamente illimitata, anche ampliate: quindi non avrà potrà avere questa conseguenza (in assenza di una soluzione organica che è difficile: rotazione tra officina e fronte, ecc.): che realmente nelle officine vorranno rimanere i panciafichisti e che il problema della produzione subirà una crisi, cioè la guerra potrà essere perduta nelle officine per mancanza di rendimento.
§
L’Amari nato nel 1806 a Palermo e cresciuto tra la costituzione del 1812 e la rivoluzione del 1820 quando la costituzione fu abolita, come tanti altri siciliani del suo tempo era persuaso che il bene dell’isola fosse da ricercare nel ristabilimento della Costituzione, ma soprattutto nell’autonomia e nel distacco da Napoli.
«L’aspirazione a costituire uno Stato a sé fu il sentimento dominante fra gli isolani almeno fino al 1848», scrive il Brandileone. L’Amari, come scrisse egli stesso (cfr. Alessandro D’Ancona,
L’Orlando, nella sua scelta, ha disposto i brani in ordine cronologico, in modo da dare un racconto abbreviato ma ininterrotto degli avvenimenti siciliani dei cinque secoli, dall’827, inizio della conquista araba, al 1302, pace di Caltabellotta. Nella prefazione (a p. 23) l’Orlando afferma che quei cinque secoli «sembrano costituire un
Il Brandileone polemizza sottilmente coll’Orlando e le cose che dice sono molto interessanti per la storia siciliana e meridionale, ma in questa rubrica interessa il punto di vista dell’Orlando in sé e per sé come riflesso del sicilianismo nel
Il Brandileone oppone all’Orlando il punto di vista espresso dal Croce nella
§ Gabriele Gabbrielli,
Quattro milioni e seicento settantacinque mila Km2, 319 milioni di abitanti, 247 milioni di abitanti nelle quindici enormi province amministrate direttamente dal governo inglese, che occupano la metà del territorio; l’altra metà è ripartita fra circa 700 Stati tributari. Cinque religioni principali, un’infinità di sette, 150 fra lingue e dialetti; caste; analfabetismo dominante; 80% della popolazione contadini; schiavitù della donna, pauperismo, carestie endemiche. Durante la guerra 985.000 indiani mobilitati.
Rapporti tra Gandhi e Tolstoi nel periodo 1908-1910 (cfr. Romain Rolland,
§
Il origine fonte della santità musulmana, diversa dal sufismo:
Il Ducati analizza minutamente questo fenomeno africano, insistendo sull’importanza politica che hanno i Marabutti, che si trovano a capo delle insurrezioni contro gli Europei, che esercitano una funzione di giudici di pace, e che talvolta furono il veicolo di una civiltà superiore. Conclude: «Questo culto (dei santi) per le conseguenze sociali, civilizzatrici e politiche, le quali ne derivano, merita di essere sempre meglio studiato e sempre più attentamente sorvegliato, poiché i Santi costituiscono una potenza, una forza straordinaria, la quale può essere l’ostacolo maggiore alla diffusione della civiltà occidentale, come pure, se abilmente sfruttata, può divenire un’ausiliaria preziosa dell’espansione europea».
E perché il Cinquecento non potrebbe essere pieno di contraddizioni? Non è anzi esso proprio il secolo in cui si aggroppano le maggiori contraddizioni della vita italiana, la cui non soluzione ha determinato tutta la storia nazionale fino alla fine del Settecento? Non c’è contraddizione tra l’uomo dell’Alberti e quello di Baldassar Castiglione, tra l’uomo dabbene e il «cortegiano»? Tra il cinismo e il paganesimo dei grandi intellettuali e la loro strenua lotta contro la Riforma e in difesa del Cattolicesimo? Tra il modo di concepire la donna in generale (che poi era la dama alla Castiglione) e il modo di trattar la donna in particolare, cioè la donna del popolo? Le regole della cortesia cavalleresca erano forse applicate alle donne del popolo? La donna in generale era ormai un feticcio, una creazione artificiosa, e artificiosa fu la poesia lirica, amorosa, petrarcheggiante almeno per i quattro quinti. Ciò non vuol dire che il Cinquecen
Il Rizzi pone la quistione delle contraddizioni del Cinquecento nella seconda parte del suo libro, ma non capisce che dall’urto di queste contraddizioni avrebbe potuto nascer la poesia lirica sincera: ciò non fu ed è questa una mera constatazione storica. La controriforma non poteva essere e non fu un superamento di questa crisi, ne fu un soffocamento autoritario e meccanico. Non erano più cristiani, non potevano essere non-cristiani: dinanzi alla morte tremavano e anche dinanzi alla vecchiaia. Si posero dei problemi più grandi di loro e si avvilirono: d’altronde erano staccati dal popolo.
§
§
La sua distinzione tra poesia di forma e poesia di contenuto
Sul Thovez bisognerebbe vedere anche le polemiche che suscitò col suo atteggiamento. Nell’articolo
Secondo Vittorio Cian (
Ma il Cian si basa solo sul
§
§
§
§
§
Un altro aspetto della funzione cosmopolita degli intellettuali italiani da studiare, o almeno da accennare, è quella svolta in Italia stessa, attirando studenti alle Università e studiosi che volevano perfezionarsi. In questo fenomeno di immigrazione di intellettuali stranieri in Italia occorre distinguere due aspetti: immigrazione per vedere l’Italia come territorio-museo della storia passata, che è stata permanente e dura ancora con ampiezza maggiore o minore secondo le epoche, e immigrazione per assimilare la cultura vivente sotto la guida degli intellettuali italiani viventi; è questa seconda che interessa per la ricerca in quistione. Come e perché avviene che a un certo punto sono gli italiani ad emigrare all’estero e non gli stranieri a venire in Italia?
§
§
Il Manzi riporta un brano di un opuscolo dell’avv. Maria Giacomo Boïeldieu, del 1804: «Ai nostri giorni la scena si è trasformata: e non è raro il caso di veder gli assassini nelle loro caverne e i pazzi nel manicomio. Non si può lasciare ai tribunali il compito di punire quei mostri che disonorano il nome di uomo, e ai medici quello di cercar di curare gli sventurati i cui delitti colpiscono penosamente l’umanità,
L’articolo del Manzi contiene qualche spunto sull’atteggiamento della censura napoleonica contro questo tipo di teatro, specialmente quando i casi anormali rappresentati toccavano il principio monarchico.
§
È interessante ciò che è avvenuto per la
È interessante notare questo doppio filone nel Cinquecento: uno veramente nazionale-popolare (nei dialetti, ma anche in latino) legato alla novellistica precedente, espressione della borghesia, e l’altro aulico, cortigiano, anazionale, che però è portato sugli scudi dai retori.
§
Sarebbe interessante analizzare i motivi del grande successo avuto da
Gli intellettuali europei hanno già in parte perduto questa funzione: non rappresentano più l’autocoscienza culturale, l’autocritica della classe dominante; sono ridiventati agenti immediati della classe dominante, oppure se ne sono completamente staccati, costituendo una casta a sé, senza radici nella vita nazionale popolare. Essi ridono di Babbitt, si divertono della sua mediocrità, della sua ingenua stupidaggine, del suo modo di pensare a serie, della sua mentalità standardizzata. Non si pongono neanche il problema: esistono in Europa dei Babbitt? La quistione è che in Europa il piccolo borghese standardizzato esiste, ma la sua standardizzazione invece di essere nazionale (e di una grande nazione come gli Stati Uniti) è regionale, è
§ Luigi Villari,
§
§
§
§
§
§ Carlo Schanzer,
§
§
§
§ G. B.,
§ Argus,
§
In Francia si può parlare meno di classe media, perché c’è la tradizione politica e culturale del terzo stato, cioè del blocco tra borghesia e popolo. Gli anglicizzanti adoperano il termine nel senso inglese, ma altri l’adoperano nel senso italiano di «piccoli borghesi» e le due correnti si fondono creando talvolta confusione.
In Italia, dove la aristocrazia guerriera è stata distrutta dai Comuni (distrutta fisicamente nella persona dei primi ghibellini) – eccetto che nell’Italia Meridionale e in Sicilia – mancando il concetto e la cosa
§ loro sua propria tradizione un archetipo intellettuale, un «maestro» di filosofia religiosa nazionale, cioè un incitamento a disgregare il Cattolicismo in tante chiese nazionali? Posto il principio, perché poi fissare
Che i Cattolici e anzi i gesuiti della «Civiltà Cattolica» siano dovuti e devano ricorrere a una tale propaganda è un segno dei tempi. C’è stato un tempo in cui Carlo Pisacane era predicato come l’elemento nazionale da contrapporre sugli altari ai brumosi filosofi tedeschi; ancor di più Giuseppe Mazzini. Nella filosofia attualistica si rivendica Gioberti come lo Hegel italiano, o quasi. Il cattolicismo religioso incita (o ha dato l’esempio?) al cattolicismo filosofico e a quello politico sociale.
§
§
§
Movimenti di riforma della Chiesa; sorgono nuove organizzazioni ordini religiosi nuovi che vogliono ripristinare la vita apostolica. (Questi movimenti sono sintomi positivi o negativi del nuovo mondo che si sviluppa? Certamente essi si presentano
«La cavalleria, mentre sancisce e consacra nell’individuo il possesso di virtù morali, alimenta un amore di cultura umana e pratica certa raffinatezza di costumi». (Ma la cavalleria in che senso si può legare al Rinascimento dopo il Mille? Il Rossi non distingue i movimenti contraddittori, perché non tiene conto delle diverse forme di feudalismo e di autonomia locale entro la cornice del feudalismo. D’altronde non si può non parlare della cavalleria come elemento del Rinascimento vero e proprio del 1500, sebbene l’
La cultura latina, fiorente nelle scuole
La Scolastica, «che viene nuovamente pensando e siste
L’Architettura romanica. Il Rossi ha molta ragione di affermare che tutte queste manifestazioni dal 1000 al 1300 non sono frutto di artificiosa volontà imitatrice, ma spontanea manifestazione d’una energia creativa, che scaturisce dal profondo e mette quegli uomini in grado di sentire e di rivivere l’antichità. Questa ultima proposizione è però erronea, perché quegli uomini, in realtà, si mettono in grado di sentire e vivere intensamente il presente, mentre successivamente si forma uno strato di intellettuali che sente e rivive l’antichità e che si allontana sempre più dalla vita popolare, perché la borghesia (in Italia) decade o si degrada fino a tutto il Settecento.
È ancora strano che il Rossi non s’accorga delle contraddizioni in cui cade affermando: «Tuttavia se per Rinascimento senza complementi s’ha ad intendere, come a me non par dubbio, tutto il multiforme prorompere dell’attività umana nei secoli dall’XI al XVI, indizio fra tutti cospicuo del Rinascimento
In Francia la letteratura di lingua d’oc e di lingua d’oïl sboccia tra la fine del primo e il principio del secondo secolo dopo il Mille, quando il paese è tutto in fermento per i grandi fatti politici, economici, religiosi, culturali accennati prima. «E se in Italia l’avvento del volgare all’onore della letteratura ritarda d’oltre un secolo, gli è che fra noi il grande moto, che instaura sulle rovine
Il Rossi nota che alla letteratura volgare si accompagnano, «coeve e
Con Bonifacio VIII, l’ultimo dei grandi pontefici medioevali e con Arrigo VII erano finite le lotte epiche fra le due più alte potestà della terra. Decadenza dell’influsso politico della Chiesa: «servitù» avignonese e scisma. L’impero, come autorità politica municipale, muore (tentativi sterili di Ludovico il Bavaro e di Carlo IV). «La vita era nella giovane e industre borghesia dei Comuni, che veniva rassodando il suo potere contro i nemici esterni e contro i popolani minuti e che mentre seguitava il suo cammino nella storia, stava per generare o già aveva generato le signorie nazionali». Che signorie nazionali? L’origine delle signorie è ben diversa in Italia dagli altri paesi: in Italia nasce dall’impossibilità della borghesia di mantenere il regime corporativo, cioè di governare con la pura violenza il popolo minuto. In
Continua il Rossi: «Dinanzi a questi grandi fatti l’idea, che pareva incarnarsi nella perpetuità universale dell’Impero, della Chiesa e del diritto romano, e che è ancora di Dante, di una continuazione universale, nella vita del Medio Evo, della universale vita romana, cedeva all’
Secondo il Rossi «la coscienza della separazione ideale prodottasi nei secoli fra l’antichità e l’epoca nuova» è già
Il Rossi non riesce a porre il distacco tra Medio latino e latino umanistico o filologico come egli lo chiama; non vuol capire che si tratta in realtà di due lingue, perché esprimono due concezioni del mondo, in certo senso antitetiche, sia pure limitate alla categoria degli intellettuali e ancora non vuol capire che il preumanesimo (Petrarca) è ancora diverso dall’umanesimo, perché
Così il Rossi non può vedere le origini di classe del passaggio dalla Sicilia a Bologna e alla Toscana della prima poesia in volgare. Egli pone accanto il «preumanismo (nel suo senso) imperiale ed ecclesiastico di Pier delle Vigne e di maestro Berardo da Napoli, così cordialmente odiato dal Petrarca» e che ha «ancora radice nel sentimento della continuità imperiale della vita antica» (cioè è ancora Medio la
A differenza del «preumanesimo» imperiale ed ecclesiastico il Rossi trova che «nella scabra e talvolta bizzarra latinità del preumanesimo fiorito all’ombra delle signorie comunali, covavano (!) invece la reazione all’universalismo medioevale e aspirazioni indistinte a forme di stile nazionali (cosa significa? che il volgare era travestito di forme latine?); onde i nuovi studiosi del mondo classico dovevano sentirvi precorrimenti di quell’imperialismo romano che Cola aveva vagheggiato come centro di unificazione nazionale e che essi sentivano e auspicavano come forma di do
La parola
«Umanesimo non è latinismo; è affermazione di umanità piena, e l’umanità degli umanisti italiani era, nella sua storicità, italiana; talché esprimersi non poteva se non nel volgare che anche gli umanisti parlavano nella pratica della vi
«C’era nel classicismo umanistico, non più un fine di moralità religiosa, bensì un fine di educazione integrale dell’anima umana; c’era soprattutto la riabilitazione dello spirito umano, come creatore della vita e della storia», ecc., ecc. Giustissimo: questo è l’aspetto più interessante dell’umanesimo. Ma è esso in contraddizione con ciò che ho detto prima sullo spirito anazionale e quindi regressivo – per l’Italia – dell’umanesimo stesso? Non mi pare. L’umanesimo infatti non sviluppò in Italia questo suo contenuto più originale e pieno d’avvenire. Esso ebbe il carattere di una restaurazione, ma come ogni restaurazione assimilò e svolse, meglio della classe rivoluzionaria che aveva soffocato politicamente, i principi ideologici della classe vinta che non aveva saputo uscire dai limiti corporativi e crearsi tutte le superstrutture di una società integrale. Solo che questa elaborazione fu «campata in aria», rimase patrimonio di una casta intellettuale, non ebbe contatti col popolo-nazione. E quando in Italia il movimento reazionario, di cui l’umanesimo era stato una premessa necessaria, si sviluppò nella Controriforma, la nuova ideologia fu soffocata an
Il contenuto ideologico del Rinascimento si svolse fuori d’Italia, in Germania e in Francia, in forme politiche e filosofiche: ma lo Stato moderno e la filosofia moderna furono in Italia importati perché i nostri intellettuali erano anazionali e cosmopoliti come nel Medio Evo, in forme diverse, ma negli stessi rapporti generali.
Nell’articolo del Rossi vi sono
§
Del Gentile è da ricordare il discorso agli operai romani, contenuto nel suo volume su
Lo spunto mi è stato suggerito dall’articolo di Alessandro Chiappelli
§
La divisione morale della Francia era tra la destra e il resto della nazione, riproduceva la divisione tradizionale avvenuta dopo il 93, dopo il terrore e l’esecuzione del re, dei nobili e dell’alto clero per le sentenze del Tribunale rivoluzionario robespierrista. Le divisioni interne erano nelle alte cime della gerarchia politica, non alla base, ed erano legate alla ricchezza di sviluppi interni della politica
Ma Missiroli è diventato una vittima più o meno interessata dei luoghi comuni e la sua intelligenza della storia e della reale efficienza dei nessi ideologici è catastroficamente declinata. In un articolo
Il curioso è che partendo da tale incongrua citazione
Il Machiavelli ha scritto dei libri di «azione politica immediata», non ha scritto un’utopia in cui uno Stato già costituito, con tutte le sue funzioni e i suoi elementi costituiti, fosse vagheggiato. Nella sua trattazione, nella sua critica del presente, ha espresso dei concetti generali, che pertanto si presentano in forma aforistica e non sistematica, e ha espresso una concezione del mondo originale, che si potrebbe anch’essa chiamare «filosofia della praxis» o «neo-umanesimo» in quanto non riconosce elementi trascendentali o immanentici (in senso metafisico) ma si basa tutta sull’azione concreta dell’uomo che per le sue necessità storiche opera e trasforma la realtà. Non è vero, come pare credere l’Azzalini, che nel Machiavelli non sia tenuto conto del «diritto costituzionale», perché in tutto il Machiavelli si trovano sparsi principi generali di diritto costituzionale ed anzi egli afferma, abbastanza chiaramente, la necessità che nello Sta
Si potrebbe trovare nel Machiavelli la conferma di ciò che ho altrove notato, che la borghesia italiana medioevale non seppe uscire dalla fase corporativa per entrare in quella politica perché non seppe completamente liberarsi dalla concezione medioevale-cosmopolitica rappresentata dal Papa, dal clero e anche dagli intellettuali laici (umanisti), cioè non seppe creare uno Stato autonomo, ma rimase nella cornice medioevale feudale e cosmopolita.
Scrive l’Azzalini che «basta ... la sola definizione di Ulpiano e, meglio ancora, gli esempi di lui, recati nel digesto, ... la identità estrinseca (e allora?) dell’oggetto delle due scienze: “Ius publicum ad statum rei (publicae) romanae spectat. – Publicum ius, in sacris, in sacerdotibus, in magistratibus consistit”. Si ha quindi una identità d’oggetto nel diritto pubblico e nella scienza politica, ma non sostanziale perché i criteri con cui l’una o l’altra scienza riguardano la medesima materia sono del tutto diversi. Diverse infatti sono le sfere dell’ordine giuridico e dell’ordine politico. E per vero mentre la prima osserva l’organismo pubblico sotto un punto di vista statico, come il prodotto naturale di una determinata evoluzione storica, la seconda osserva quel medesimo organismo da un punto di vista dinamico, come un
E un tal barbassore crede di essere un ammiratore di Machiavelli e di esserne discepolo, magari, anzi, perfezionatore!
«Da ciò consegue che alla formale identità suddescritta si oppone una sostanziale diversità tanto profonda e notevole da non consentire, forse, il giudizio espresso da uno dei massimi pubblicisti contem
Ma, dice l’Azzalini, oltre una scienza, esiste un’arte politica. «Esistono uomini che traggono o trassero dall’intuizione personale la visione dei bisogni e degli interessi dei paesi governati, che nell’opera di governo attuarono nel mondo esterno la visione dell’intuito personale. Con ciò non vogliamo certamente dire che l’attività intuitiva e però artistica sia l’unica e la prevalente nell’uomo di Stato; vogliamo solo dire che in esso, accanto alle attività pratiche, economiche e morali, deve sussistere anche quell’attività teoretica sopraindicata, sia sotto l’aspetto soggettivo dell’intuizione che sotto l’aspetto oggettivo (!) dell’espressione e che, mancando tali requisiti, non può sussi
È veramente un bel pasticcio, degno del... Machiavelli, ma specialmente di Tittoni, direttore della «Nuova Antologia». L’Azzalini non sa orientarsi né nella filosofia, né nella scienza della politica. Ma ho voluto prendere tutte queste note per cercare di sbrogliarne l’intrigo e vedere di giungere a concetti chiari per conto mio.
È da distrigare, per es., ciò che può significare «intuizio
Se si dovesse tradurre in linguaggio politico moderno la
§
§
§
§
§
I «Ritiri» o «Esercizi Spirituali chiusi» sono stati fondati da S. Ignazio di Loyola (la cui opera più diffusa sono gli
Sono stati praticati finora 115 Ritiri chiusi con la partecipazione di circa 2200 operai, in Roma. «In ogni ritiro, scrive la «Civiltà Cattolica», vi è sempre un nucleo di buoni operai che serve di lievito e di esempio, gli altri sono raccolti in vario modo tra gente del popolo o fredda o indifferente e anche ostile, i quali si inducono, parte per curiosità, parte per condiscendere all’invito di amici, e non di rado anche
Nell’articolo si dànno altri particolari su vari comuni del Lazio: la Lega di Perseveranza di Roma ha 8000 inscritti con 34 centri; nel Lazio sono 25 sezioni della Lega con 12.000 inscritti. (Comunione mensile, mentre la Chiesa si accontenta di una comunione all’anno). L’Opera è diretta dai Gesuiti. (Si potrebbe fare un paragrafo della rubrica «Passato e Presente»).
Le leghe di Perseveranza tendono a mantenere i risultati ottenuti nei ritiri e ad ampliarli nella massa. Esse creano una «opinione pubblica» attiva in favore della pratica religiosa, capovolgendo la situazione precedente, in cui l’opinione pubblica era negativa, o per lo meno passiva, o scettica e indifferente.
§
La Chiesa Cattolica è molto turbata da questo movimento. La sua organizzazione massiccia e la sua centralizzazione e unicità di comando, la poneva in condizioni di vantaggio nell’opera lenta ma sicura di assorbimento di eretici e scismatici. L’unione pancristiana turba il monopolio e fa trovare Roma dinanzi a un fronte unico. D’altronde la Chiesa Romana non può accettare di entrare nel movimento come
§
§
Nasce nell’Ottocento il termine «Risorgimento» in senso politico, accompagnato da «riscossa nazionale» e «riscatto nazionale». Tutti esprimono il concetto, del ritorno a uno stato già esistito anteriormente, o di «ripresa» offensiva («riscossa») delle energie nazionali, o di liberazione da uno stato di servitù per ritornare alla primitiva autonomia (riscatto). Sono difficili da tradurre appunto perché strettamente legate alla tradizione letteraria-nazionale di Roma imperiale o dei Comuni medioevali come periodi in cui il popolo italiano è «nato» o è «sorto», per cui la ripresa si chiama rinascimento o risorgimento. Così il «riscuotersi» è legato all’idea dell’organismo vivo che cade in letargia e si «riscuote», ecc.
§
§
Scrive il Messina: «Nella primavera del 323 si mandarono (da Atene e Sparta) delegati ad Alessandro in Babilonia e questi si presen
Sarebbe interessante vedere se è stato tentato di trovare un nesso tra il culto dell’Imperatore e la posizione del Papa come vicario di Dio in terra; certo è che al Papa si tributano onoranze divine e lo si chiama «padre comune» come Dio.
Si sarebbe verificato nel Cristianesimo ciò che si verifica nei periodi di Restaurazione in confronto ai periodi rivoluzionari: l’accettazione mitigata e camuffata dei principi contro cui si era lottato.
§
La coppia «formare» e «riformare» non è così evidente, perché una cosa formata si può continuamente «riformare» senza che ci sia stata una «catastrofe» intermedia, ciò che invece è implicito in «Rinascimento», ecc., e in «Restaurazione»: la Chiesa Romana è stata
Sarebbe interessante vedere se questo concetto è nato già dopo il Concilio di Trento o quando: poiché in esso è contenuto un giudizio implicito negativo.
§
«L’Italiano, temperamento asistematico, geniale, creatore, avverso alle razionalizzazioni, non può adattarsi a quella metodicità della fabbrica, in cui solo è riposto il rendimento del lavoro in serie. Che anzi, l’orario di lavoro diviene per lui puramente nominale per lo scarso rendimento ch’egli dà in un lavoro sistematico. Spirito, eminentemente
Il libro del Fanelli dal punto di vista culturale corrisponde all’attività letteraria di quegli scrittori provinciali che ancora continuano a scrivere continuazioni, in ottava rima, alla Gerusalemme liberata, all’Orlando Furioso, ecc. È pieno settecentismo: lo stato di natura è sostituito dall’«artigianato» e dalla sua patriarcalità.
È curioso che simili scrittori, che combattono per l’incremento demografico, dimenticano che l’aumento della popolazione nel secolo scorso, è strettamente legato allo sviluppo del mercato mondiale. Il recensore nota giustamente che ormai l’artigianato è legato alla grande industria e ne dipende: esso riceve dalla grande industria materie prime semilavorate e utensili perfezionati.
Che l’operaio di fabbrica italiano dia una relativamente scarsa produzione può esser vero: ciò dipende dal fatto che l’industrialismo in Italia, abusando della massa crescente dei disoccupati (che l’emigrazione solo parzialmente equilibrava), è stato sempre un industrialismo di rapina, ha speculato più sui salari che sull’incremento tecnico; la proverbiale «sobrietà» degli stabilimenti significa semplicemente che non è stato creato un tenore di vita alimentare adeguato al consumo di energie domandato dal lavoro di fabbrica. Il tipo coreografico dell’Italiano è falso sotto tutti i rispetti: nelle categorie intellettuali sono gli italiani che hanno creato l’«erudizione», il lavoro paziente d’archivio: Muratori, Tiraboschi, Baronio, ecc., sono stati italiani e
§
Questa è appunto la debolezza della posizione gesuitica contro l’Action Française, ed è una delle cause del furore fanatico di Maurras e dei suoi seguaci; questi sono persuasi che il Vaticano fa su di loro una esperienza «in corpore vili» che li ha posti nella condizione del ragazzetto che accompagnava sempre, una volta, il principe ereditario inglese e si pigliava le nerbate per conto delle sue capestrerie; da ciò Maurras e C. traggono la persuasione che l’assalto che hanno subito sia meramente politico, perché se fosse religioso dovrebbe essere universale non solo a parole, ma come identificazione o «punizione» anche negli altri paesi degli elementi individuali o
Altre indicazioni di «cattolici integrali»: il
Un elemento molto significativo del lavorio che la corrente gesuitica esplica in Francia per formare un partito centrista cattolico-democratico è questo motivo ideologico-storico: Chi è responsabile dell’apostasia del popolo francese? Solo gli intellettuali democratici che si richiamano al Rousseau? No. I più responsabili sono gli aristocratici e l’alta borghesia che hanno civettato con Voltaire: «... le rivendicazioni tradizionali (dei vecchi monarchici) del ritorno all’antico sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle condizioni presenti. E sono inattuabili
Tra i seguaci di Maurras e C., oltre ai
(Nella corrente dei «cattolici integrali» bisogna mettere anche Henri Massis e la corrente dei «difensisti dell’Occidente»: ricordare le frecciate di padre Rosa contro il Massis nella risposta alla lettera di Ugo Ojetti).
Da questa nota si può prendere uno spunto per la rubrica «
§
La «Colonia di S. Leucio» istituita dai Borboni e di cui il Colletta parla con tanta simpatia, non sarebbe l’ultimo fiotto della popolarità dell’amministrazione dei gesuiti nel Paraguay?
§
§
§
Quando Enrico impose il «giuramento di fedeltà» e volle essere riconosciuto capo della Chiesa «purtroppo molti del clero,
§
Queste note del Lanzillo e del Lombardo-Radice sono l’unica cosa seria di tutta l’inchiesta, alla quale hanno d’altronde partecipato quasi esclusivamente professori di lettere. La maggior parte ha risposto con «atti di fede», non con
§
§
§
§
§
Sulla «Ronda» e sugli accenni alla vita pratica del 1920-21 confrontare Lorenzo Montano,
§
§
Mi pare che tutti i canti popolari si possano e si debbano ridurre a questa terza categoria, poiché ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della
§
Il Bellu Lo Zuccolo pare abbia scritto anche una «utopia» vera e propria,
§
§
§